«Giusto "licenziare" il manager Putortì»
CATANZARO Un punto per ciascuno. La Regione e i direttori generali dell’era Scopelliti, per il momento, pareggiano. Perché dopo il successo del ricorso intentato dall’ex dg del dipartimento Presidenz…

CATANZARO Un punto per ciascuno. La Regione e i direttori generali dell’era Scopelliti, per il momento, pareggiano. Perché dopo il successo del ricorso intentato dall’ex dg del dipartimento Presidenza Franco Zoccali, per gli ex manager silurati dalla giunta guidata da Mario Olivero è arrivatoa uno stop. Una sentenza negativa firmata dallo stesso giudice del lavoro di Catanzaro che aveva dato torto all’amministrazione regionale nell’altra causa. Verdetto ribaltato, dunque. E l’Avvocatura regionale la spunta laddove aveva perso l’avvocato Oreste Morcavallo (che difendeva la Regione contro Zoccali). Merito delle diverse predisposizioni documentali, capaci di capovolgere quello che sembrava un risultato scontato. Non è una sentenza qualsiasi, perché la vittoria di Zoccali avrebbe potuto aprire il campo a una lunga serie di richieste di risarcimento. E, invece, la bocciatura del ricorso presentato da Saverio Putortì, ex dg del dipartimento Urbanistica, ridimensiona quello spauracchio. Ma veniamo al giudizio. Putortì chiedeva l’illegittimità dell’atto di revoca, deciso dalla “nuova” giunta regionale il 22 gennaio 2015. La Regione, da parte sua, riteneva invece che quel contratto fosse nullo; eccezione, secondo il giudice, «fondata», perché quell’atto sarebbe stato «concluso in violazione di norme imperative». Uscendo dal gergo legale, per il magistrato che ha analizzato la questione, la vecchia giunta guidata da Giuseppe Scopelliti non avrebbe mai dovuto assumere il manager reggino. Questo perché il ricorso a direttori generali esterni aveva passato il limite segnato dalla riforma Brunetta. La legge prevede che «gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni della Repubblica possano essere conferiti a soggetti esterni, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia». Lo scopo della norma è quello di «limitare il ricorso al conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni e soltanto in assenza di soggetti interni all’amministrazione idonei a ricoprire l’incarico». «Nel caso di specie – scrive il giudice Anna Maria Torchia – la Regione Calabria ha dedotto che gli incarichi dirigenziali sono stati tutti conferiti a soggetti esterni, per come emerge dalla documentazione allegata al fascicolo, quindi superando il limite stabilito dalla norma». Quell’incarico (e non solo quello), dunque, sarebbe stato assegnato contravvenendo alle disposizioni di legge. Per questo motivo «il contratto oggetto di causa è nullo perché contrario a norme imperative». E senza contratto lo stesso ricorso non ha senso. Da cui «l’integrale rigetto della domanda». E una concreta speranza per l’amministrazione regionale: quella di non svenarsi per risarcire tutti gli ex manager rimossi.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it