REGGIO CALABRIA Non ha fatto neanche in tempo a gioire per l’assoluzione rimediata in appello, dopo i quindici anni rimediati in primo grado, tanto meno della scarcerazione disposta dalla Corte d’appello di Reggio Calabria. Ancor prima di uscire dal carcere, l’ex proprietario del bar Senza Tempo, Edoardo Mangiola è stato nuovamente fermato con l’accusa di aver avuto un ruolo nel delitto Puntorieri. Un delitto per cui hanno già rimediato tre ergastoli, confermati anche in secondo grado, Domenico Condemi, Natale Cuzzola e Domenico Ventura, assolti però dall’accusa di mafia. Una sentenza ibrida, che non è riuscita a fare pienamente luce sull’omicidio dell’uomo. Adesso, nuove rivelazioni potrebbero contribuire a chiarire il contesto in cui è maturato il proposito di eliminare il quarantunenne Marco Puntorieri, uomo vicino al clan Caridi Borghetto Zindato, scomparso nel settembre 2011 e i cui resti saranno ritrovati alcune settimane dopo dai carabinieri. Un delitto in cui Mangiola – per i pm Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino – potrebbe aver avuto un ruolo. L’imprenditore ieri era stato invece assolto dall’accusa di aver taglieggiato la ditta Bentini, impegnata nella costruzione del nuovo Tribunale, per conto della cosca Libri, pretendendo che usasse il suo bar come mensa.
A mettere gli inquirenti sulle tracce dei Libri, era stato l’incendio del 3 gennaio 2008 ai danni del bar Millevoglie, andato completamente distrutto, appena completati i lavori di ristrutturazione. Nonostante il titolare avesse ossequiato le ditte della zona, roccaforte dei Libri, affidando loro i lavori, il clan non aveva gradito che il titolare del bar distrutto progettasse di avviare un servizio di tavola calda. Un business che avrebbe complicato non poco le attività del vicino e diretto concorrente bar Senzatempo, gestito da Edoardo Mangiola, considerato dagli inquirenti un uomo della cosca Libri.
Sospetti confortati dalle rivelazioni di due collaboratori, Tiziana Ventura, l’ex moglie di Mangiola, e il giovane amante di lei, Umberto Paviglianiti, che però non hanno convinto fino in fondo la Corte d’appello. Ascoltata a poco più di un anno dall’esecuzione dell’operazione “Cosmos”, la donna – nonostante la paura di ritorsioni – ha deciso di collaborare con i pm. «Sono stata molto combattuta e frenata dalla paura che l’eventuale ritrovamento delle armi fosse a me addebitato e quindi sarei potuta essere oggetto di ritorsione. La stessa paura adesso che sto riferendo questi fatti anche se sono assieme alle forze dell’ordine». Delle attività del marito, la Ventura ha affermato di non averne mai saputo molto, ma dopo il suo arresto – ha raccontato ai magistrati – ha iniziato a comprendere il significato di quei comparati cui Mangiola tanto teneva con gli uomini del clan Libri.
Più precise le dichiarazioni del compagno, Umberto Paviglianiti che agli inquirenti ha rivelato come Mangiola fosse coinvolto in diversi rami dell’illecito, dalle armi a strani traffici, fino ad arrivare alle delicate “imbasciate” che lo costringevano persino a viaggiare per conto del clan. Circostanze che non hanno stupito più di tanto l’uomo – coinvolto in un piccolo traffico di droga gestito da Mangiola, ma all’epoca incapace – a suo dire – di immaginare la caratura criminale di colui che, almeno formalmente, era il semplice proprietario di un bar. A illuminarlo al riguardo sarebbe stato Claudio Bianchetti, cui Paviglianiti avrebbe confidato di aspirare ad aprire un’autocarrozzeria e proprio in quell’occasione avrebbe ottenuto consigli – o meglio istruzioni – precisi: «Mi disse che era opportuno parlare di questa mia intenzione con Mangiola Edoardo, che era suo compare. Nessuno mi disse apertamente che il Mangiola era il referente di zona, ma per come ho successivamente compreso in virtù della sua frequentazione, posso oggi affermare che il Mangiola era referente di quella zona per la cosca Libri».
E sarà proprio lui a proporgli l’ingresso formale nella ‘ndrangheta: «Mi disse che avrebbe avuto piacere di farmi “un fiore”, seppure non sia stato esplicito ho compreso chiaramente che con detta espressione gergale questi vuole essere iniziarmi nel percorso della ‘ndrangheta. […] Io risposi seccamente ad Edoardo: “Tu così mi vuoi bene?” e l’uomo sorridendo mi rispose che ne avremmo parlato più in là».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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