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Confiscato l'impero commerciale dei Crocè

REGGIO CALABRIA Passa nelle mani dello Stato l’impero dei Crocè, imprenditori reggini che hanno costruito illecitamente la propria fortuna grazie al rapporto con Dominique Suraci, ex consigliere co…

Pubblicato il: 24/06/2016 – 5:53
Confiscato l'impero commerciale dei Crocè

REGGIO CALABRIA Passa nelle mani dello Stato l’impero dei Crocè, imprenditori reggini che hanno costruito illecitamente la propria fortuna grazie al rapporto con Dominique Suraci, ex consigliere comunale della lista “Alleanza per Scopelliti”, considerato referente politico imprenditoriale dei clan nella grande distribuzione. Arrestati per concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito del processo Assenzio – Sistema, Giuseppe Crocè e la figlia Barbara sono riusciti a strappare un annullamento dell’ordinanza al Tribunale del Riesame. Questo tuttavia non li ha salvati né dal procedimento con rito ordinario che li vede tuttora imputati, né dal sequestro prima e dalla confisca adesso di un impero economico, a detta dei giudici costruito solo grazie ai rapporti con i clan. Una decisione basata sulle meticolose indagini della DIA reggina che ha ricostruito l’illecita formazione dell’ingente patrimonio societario dei Crocè, confermata punto per punto dagli accertamenti fiscali-tributari della Guardia di Finanza reggina.
Secondo quanto accertato dagli investigatori, a confermare i rapporti degli imprenditori con i clan c’è non solo un’ingiustificabile sproporzione tra investimenti effettuati e redditi dichiarati, ma soprattutto una evidente espansione societaria, frutto di attività illecite. Per questo motivo, i giudici della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria hanno disposto la confisca di 4 società di capitali operanti nel settore della grande distribuzione e diversi rapporti finanziari, per un valore totale di circa 30 milioni di euro. In più, il Collegio ha disposto 4 anni di sorveglianza speciale per l’imprenditore Giuseppe Crocè, per i quale è stata la pericolosità sociale qualificata, e 2 per la figlia Barbara.
Per gli inquirenti, i due non solo altro che la longa manus dell’ex consigliere Suraci, come dalla cessione delle quote della Sgs group, la società di gestione dei supermercati che i clan hanno utilizzato come cavallo di troia per entrare e colonizzare la grande distribuzione. «In questo nevralgico momento della successione nella direzione dell’impresa, – scriveva il gip nell’ordinanza di custodia cautelare Assenzio -Sistema – Crocè si trova a fronteggiare la situazione precostituita dal Suraci Domenico Giovanni e, in maniera analoga, ha ritenuto di perpetuare meccanismi di operatività illecita tentando, tuttavia, di renderli più sofisticati, meno grossolani di quanto aveva saputo fare il Suraci, specie con riferimento alle cointeressenze delle cosche mafiose con cui quest’ultimo aveva stabilito il pactum sceleris che aveva consentito loro di prosperare economicamente e di ulteriormente imporsi sul territorio».
«All’esito della successione dei Crocè – spiegava sempre il gip Domenico Santoro – nella direzione dell’impresa, non si siano registrati mutamenti negli accordi illeciti intercorsi tra il Suraci ed i rappresentanti della cosca Tegano, ma solo una modifica delle modalità esecutive di quei patti, sicché il concorso esterno alla cosca Tegano, realizzato tramite la strumentalizzazione della Sgs Group Srl, già accertato in capo a Suraci Domenico Giovanni, sarebbe proseguito, senza soluzione di continuità, con una sofisticazione delle modalità esecutive (tali, cioè, da renderlo più occulto e, perciò, più subdolo) quando l’impresa è passata sotto il controllo formale e sostanziale degli odierni indagati». Di fatto, Crocè insieme alla figlia Barbara, presa piena coscienza degli artifici contabili del suo ex socio Suraci nella gestione ddella Sgs group per mascherare il drenaggio di liquidità in favore delle imprese della cosca De Stefano- Tegano, non si era preoccupato di porvi rimedio, ma aveva solo cercato di perfezionarli, per metterli al riparo da possibili ripercussioni giudiziarie. Inoltre, hanno svelato le intercettazioni, l’assidua frequentazione con soggetti in qualche modo contigui a contesti di criminalità organizzata non era riservata esclusivamente agli “arcoti” ma era e aperta anche alle altre consorterie operanti sul territorio.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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