Unioncamere: crescono le estorsioni, ma il problema è la corruzione
LAMEZIA TERME «L’economia locale è vulnerabile ed esposta a comportamenti devianti». Viene così sintetizzata la situazione in regione da Unioncamere Calabria e dall’Istituto Tagliacarne, nel rapporto…

LAMEZIA TERME «L’economia locale è vulnerabile ed esposta a comportamenti devianti». Viene così sintetizzata la situazione in regione da Unioncamere Calabria e dall’Istituto Tagliacarne, nel rapporto presentato questa mattina a Lamezia Terme, basato su un’indagine a campione condotta suglii imprenditori calabresi. I 1200 intervistati sono stati suddivisi in base alle provincie e a cinque macrosettori: agricoltura, industria in senso stretto, costruzioni, commercio e altri servizi. Corruzione e presenza della criminalità organizzata sono i fattori che maggiormente aumentano «il livello di distorsione delle regole della concorrenza e la conseguenza alterazione della sicurezza del mercato».
CORRUZIONE Per il 61,2% delle imprese calabresi, la corruzione rappresenta la patologia che più di ogni altro affligge l’economia regionale. Secondo il 30,5% degli intervistati, le pratiche corruttive sarebbero da addebitarsi innanzitutto ad una burocrazia ferraginosa che le incrementa, quindi da clientele, favoritismi e i nepotismi (24,5%), solo in ultimo a intimidazioni e minacce (l 19,8%) e riciclaggio per (17,3%).
Secondo gli intervistati, la corruzione sarebbe causa della disoccupazione (40,5%), dell’inefficienza della spesa pubblica (37,6%), di una spesa pubblica più onerosa (27,8%) e di opere e servizi di qualità scadente (7,8%).
All’interno di questo fattore vengono inseriti, oltre alla concussione e al favoritismo, anche le minacce e le intimidazioni ai politici e agli amministratori locali. In questo caso le provincie calabresi ne detengono il 24,7%, circa un quarto dell’intero numero di intimidazioni denunciate in Italia tra il 2010 e il 2014.
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA Su scala nazionale, le provincie calabresi mostrano un dato preoccupante per quanto riguardai reati ascrivibili alla criminalità organizzata. Reggio Calabria è al terzo posto e Vibo Valentia al settimo, seguite da Crotone al ventitreesimo, Cosenza al ventottesimo e Catanzaro al sessantanovesimo posto. I fattori spia della presenza della ‘ndrangheta nell’economia legale sono il racket e l’usura. Nel solo 2014 le minacce denunciate sono state 3.900 (con una calo del 2,5% rispetto all’anno precedente) di cui quasi 1.400 nella provincia di Cosenza, 925 di Reggio Calabria e oltre 850 in quella di Catanzaro.
ESTORSIONI IN AUMENTO Così come nel resto d’Italia, anche in Calabria si è verificato un aumento dell’attività estorsiva di circa il 20%. Sono oltre 360 i reati di estorsione compiuti in Calabria, di questi, oltre due terzi rilevati nelle province di Cosenza e Reggio Calabria, rispettivamente 45,1% e 30%. I reati di usura denunciati si attestano a 16 nell’anno 2014. Tenendo conto che il fenomeno è soggetto anche ad omertà, i casi maggiori si registrano a Cosenza e a Reggio Calabria.
Per il 38,5% degli imprenditori calabresi, le estorsioni si traducono quasi sempre in richieste di denaro: soprattutto nelle province di Vibo Valentia (47%) e Reggio Calabria (40%) e più nello specifico, nel settore primario (41,1%) e delle costruzioni (41,9%). Vanno specificate anche altre forme di racket: l’imposizione di forniture e di personale. Le prime si configurano particolarmente importanti in provincia di Crotone (39,2%), per il settore delle costruzioni (43,2%) ed agricolo (38,9%); le seconde per l’area reggina (21,2%) e per il settore industriale (22,6%).
Secondo quanto denunciato dagli imprenditori calabresi, il 18,3% di essi ha avuto esperienza, diretta o indiretta, di episodi di racket e usura, soprattutto in provincia di Vibo Valentia (22%), nei servizi non commerciali (23,2%), nelle costruzioni (20%). I dati mostrano come la ‘ndrangheta manifestarsi in questi territori non tanto per le risorse economiche che queste attività posso portare, ma piuttosto per uno specifico controllo del territorio utile per attività più redditizie come gli appalti o il riciclaggio.
POLITICHE DI CONTRASTO Secondo l’81,8% delle imprese calabresi, l’imprenditore taglieggiato o usurato dovrebbe richiedere aiuto alle Forze dell’ordine ed alla magistratura. Seguono le associazioni antiracket e antiusura con il 13,2%, come forma di azione dal basso. Tuttavia, spesso gli imprenditori non denunciano i fatti e non richiedono l’aiuto delle istituzioni; i motivi risiedono, secondo le imprese regionali, nella paura di ritorsioni nei confronti di sé stesso o della propria famiglia (68,8%), in particolare a Vibo Valentia con il 77% mentre la sfiducia nelle istituzioni si attesta al 15,3%. «È inoltre opportuno – si legge nel rapporto – ricercare soluzioni e misure che rientrino in un programma coerente e strutturato di politiche integrate finalizzate alla prevenzione attraverso un più alto livello di coesione socioeconomica e autocontrollo del territorio». Si intende quindi migliorare: le politiche urbanistiche, sociali, economiche e per il mercato del lavoro, le politiche normative e istituzionali. A ciò, gli intervistati, hanno aggiunto anche l’importanza delle funzioni di controllo, della rigidità delle leggi e della certezza della pena.
BENI CONFISCATI Tra le politiche di contrasto vengono citati anche i sequestri e la confisca dei beni alla criminalità organizzata, come strumento per depauperare la loro forza. Il loro riutilizzo, infatti, può rappresentare un importante impulso dal punto di vista imprenditoriale, sociale e culturale. Oltre a produrre lavoro e ricchezza, significherebbe anche diffondere la cultura della legalità. Nel rapporto di Unioncamere, vengono riportati i dati dell’Anbsc (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata). La provincia calabrese con il maggior numero di beni confiscati è quella di Reggio, che con 2.056 beni, seconda solo a Palermo (5.374). Dopo Reggio seguono Catanzaro (333), Cosenza (292), Crotone (198) e Vibo Valentia (194). Il comune che presenta il maggior numero di beni confiscati è quello di Reggio Calabria (605, di cui 67 aziende), seguito da Lamezia Terme con 221.
Adelia Pantano
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