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Appalti 106, il colosso Astaldi accusato di estorsione

CATANZARO Avrebbe preteso il pagamento di penali milionarie e ottenuto un guadagno illecito di 35 milioni di euro. Il colosso Astaldi, leader nel settore delle costruzioni, deve ora rispondere di est…

Pubblicato il: 05/08/2016 – 14:19
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Appalti 106, il colosso Astaldi accusato di estorsione

CATANZARO Avrebbe preteso il pagamento di penali milionarie e ottenuto un guadagno illecito di 35 milioni di euro. Il colosso Astaldi, leader nel settore delle costruzioni, deve ora rispondere di estorsione e truffa aggravata per la gestione di alcuni appalti sulla Statale 106. Contro il general contractor sono stati presentati due esposti alle Procure di Roma e Catanzaro. A depositare le denunce sono stati i rappresentanti legali dell’Ati Carchella (costituita dalle imprese Carchella, Costruzioni Procopio e Cogecon) e del Consorzio Tiriolello, Paolo Carchella, Giacomo Procopio e Giuseppe Concolino. Le imprese hanno intrattenuto rapporti con Astaldi, in qualità di contraente generale di Anas, a partire dal 2007, per l’esecuzione dei lavori di ammodernamento della 106, nei tratti Simeri-Squillace e Palizzi-Gioiosa Jonica.
L’Ati Carchella sarebbe stata vittima di «reiterate condotte illecite» da parte di Astaldi, nell’«assoluta inerzia» di Anas, a cui spettava – è scritto nella denuncia – il «potere-dovere di alta sorveglianza dell’esecuzione delle opere, anche con riferimento ai rapporti intercorrenti tra il contraente generale e gli affidatari».

I LAVORI Nel corso dell’esecuzione dei lavori sulla 106, rilevano gli imprenditori (difesi dagli avvocati Giancarlo Pittelli e Fabrizio Costarella), «le società di progetto e, quindi, il contraente generale, hanno adottato condotte illecite, finalizzate, attraverso la coazione della volontà delle società affidatarie, all’implementazione dei guadagni per il primo che, a discapito degli affidatari e con la compiacenza del committente, ha lucrato rilevanti indebite somme di denaro, inducendo, nel contempo, in stato di predecozione le società» che facevano parte dell’Ati.
Astaldi e Anas, in particolare, avrebbero occultato importanti documenti, tenendo così all’oscuro l’Ati circa le riserve riconosciute, le proroghe accordate o anche le penali revocate o addirittura mai comminate dalla stessa Anas. Una circostanza che avrebbe permesso al general contractor di conseguire «un ingentissimo e illecito beneficio economico» ai danni delle imprese che hanno preso parte ai lavori della 106.

LE PENALI L’Ati Carchella, in particolare, sarebbe stata costretta dalle società di progetto Comeri e Argi, controllate di Astaldi, a pagare penali superiori ai 13 milioni di euro per il ritardo nell’esecuzione dei lavori, nonostante l’Anas avesse concesso «reiterate proroghe». Alle imprese sarebbe poi stato negato un riconoscimento economico pari a 30 milioni per le lavorazioni aggiuntive e gli imprevisti archeologici e geologici, malgrado questi fondi fossero stati riconosciuti da Anas e – secondo l’accusa – liquidati ad Astaldi. Quanto alle fatture emesse dagli affidatari, i ritardi di Astaldi si sarebbero allungati oltre i 300 giorni, anche in presenza di un impegno contrattuale che fissava il limite entro i tre mesi. All’Ati, inoltre, sarebbe stato rifiutato il pagamento delle stesse fatture con addebito diretto dell’Iva, causando un minor flusso di cassa pari a 13 milioni di euro.
«La sistematica sottrazione di risorse, attraverso l’imposizione di penali non dovute e il mancato riconoscimento delle riserve – è scritto ancora nella denuncia – induceva le società raggruppate in Ati in una situazione di grave fibrillazione finanziaria, con significativa esposizione con il sistema bancario».

GLI ACCORDI “OBBLIGATORI” Dopo aver «deliberatamente e preordinatamente» indotto uno «stato di profondo bisogno economico nelle persone offese», Astaldi avrebbe “costretto” le imprese ad accettare accordi transattivi «a condizioni di estremo disfavore». In più, durante alcuni incontri a Catanzaro e Roma, due rappresentanti del general contractor avrebbero minacciato che, qualora l’Ati non avesse accettato alcune transazioni, la Astaldi avrebbe «escusso tutte le penali (non dovute), anche a rischio di contribuire al fallimento delle società». L’associazione temporanea di imprese veniva quindi «costretta» a sottoscrivere diversi e svantaggiosi accordi transattivi.
L’ingiusto vantaggio conseguito dal contraente generale – si legge ancora nella denuncia – ammonterebbe a 35 milioni, pari agli importi a cui l’Ati e il Consorzio sarebbero stati obbligati a rinunciare, «sotto la minaccia della comminatoria di penali non dovute e del ricorso a procedura esecutive e concorsuali, nonché alle penali indebitamente richieste e ai lavori non contabilizzati».

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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