Fondi al Consiglio, la Calabria spende più della Lombardia
REGGIO CALABRIA Ogni cittadino della ricca Lombardia paga 5 centesimi all’anno per “mantenere” i gruppi dei partiti presenti in consiglio regionale. Ogni cittadino della povera Calabria arriva invece…

REGGIO CALABRIA Ogni cittadino della ricca Lombardia paga 5 centesimi all’anno per “mantenere” i gruppi dei partiti presenti in consiglio regionale. Ogni cittadino della povera Calabria arriva invece a spendere un euro per garantire fondi e rappresentanza a tutti gli eletti. Basterebbe questo paragone per prendere coscienza della schizofrenia di un sistema di finanziamento che, negli anni, ha fatto registrare più e più scandali. Il caso di “Batman Fiorito” in Lazio ha come scoperchiato un vaso di Pandora dal quale sono fuoriusciti scandali assortiti e privilegi di casta insopportabili. La Rimborsopoli calabrese – che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di diversi consiglieri regionali – non ha però prodotto una virata nel segno di una maggiore austerità e di un accresciuto controllo sui fondi a disposizione dei vari gruppi politici. I dati messi in fila nell’ultima indagine del blog Openpolis mettono in luce asimmetrie difficilmente spiegabili. La Lombardia è la regione che spende meno per i suoi gruppi, seguita da Toscana 7 centesimi), Puglia (8), Veneto (14) e Marche (18). Spese risibili se messe a confronto con quelle della Calabria, dove ogni abitante contribuisce al funzionamento dei gruppi con 98 centesimi. E non è nemmeno il dato più controverso, se si pensa che nel piccolo Molise il costo sale fino a 3,61 euro a cittadino, record nazionale. Peggio della Calabria fanno anche Sicilia (1,11), Liguria (1,73), Trentino Alto Adige (2,40) e Sardegna (2,57 – dato relativo al 2012). (Sotto la mappa completa elaborata da Openpolis).
LE SPESE Secondo i calcoli di Openpolis, riferiti al 2014, i Consigli di tutte le regioni italiane stanziano ogni anno più di 30 milioni di euro per finanziare l’attività dei gruppi. Ma a cosa servono questi soldi? Possono essere usati per pagare il personale, per consulenze finalizzate alla elaborazione di proposte di legge, per l’acquisto di spazi pubblicitari e l’organizzazione di (piuttosto imprecisati) eventi politici. Voci che, sommate, riportano a una cifra ragguardevole: ogni consigliere italiano, in media, dispone di un fondo che sfiora i 40mila euro all’anno. Soldi che, in Calabria, volentieri vengono usati per ampliare il bacino dei collaboratori o portaborse, nel quale non di rado trovano un “impiego” regolarmente retribuito clientes e grandi elettori, amici e “parenti di”, spesso senza che abbiano alcun requisito professionale che giustifichi un incarico di quel tipo.
IL PD E GLI ALTRI D’altronde i controlli sono quasi inesistenti e la trasparenza, di fatto, non esiste. Il Corriere della Calabria, nelle scorse settimane, ha diffuso l’elenco dei collaboratori che, nel 2015, hanno lavorato nel gruppo del Pd. Un piccolo esercito di 44 collaboratori a progetto, nella maggior parte dei casi “pescati” negli ambienti vicini ai vari consiglieri. È verosimile che anche le altre formazioni presenti a Palazzo Campanella abbiano fatto largo ricorso a questi fondi per allargare i propri staff, con i nomi dei componenti che rimangono ancora top secret.
LA RIFORMA Le cose potrebbero cambiare presto. «La riforma Renzi-Boschi, se approvata nel referendum in autunno – ricorda Openpolis –, prevede l’abolizione dei contributi ai gruppi politici nei consigli regionali». Non sarebbe l’unica novità: anche gli stipendi dei consiglieri subirebbero una netta sforbiciata e dovrebbero attestarsi entro il tetto massimo dello “stipendio” percepito dal sindaco di Catanzaro, il capoluogo di regione.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it