«Terroni somari», perché?
Un disegno di Mannelli, dedicato alla ministra Boschi, dal titolo “Riforma: lo stato delle co(s)ce” solleva un acceso e perdurante dibattito anche in rete e per prima Laura Boldrini non esita a punta…
Un disegno di Mannelli, dedicato alla ministra Boschi, dal titolo “Riforma: lo stato delle co(s)ce” solleva un acceso e perdurante dibattito anche in rete e per prima Laura Boldrini non esita a puntare il dito contro il quotidiano diretto da Marco Travaglio, tacciato di “sessismo”. Molto più di un vespaio lo crea il titolo sulle “tre cicciottelle”, le ragazze italiane del tiro con l’arco alle Olimpiadi, che ha comportato la cacciata del direttore delle pagine sportive del Resto del Carlino. Contro entrambi i titoli, draconiani tutti. Con beata ipocrisia, contro i titoli che siano anche solo lontanamente ed esteriormente irrispettosi del sesso degli angeli, si scaglia il plotone istituzionale. Il 15 agosto arriva invece, sulla prima pagina del Foglio, “Terroni somari ma promossi con la lode”.
Ed ecco che la biforcazione tra le misure draconiane e quelle che furono di Pilato. Di esprimere un qualche disappunto, per quel titolo, se ne lavano le mani tutti. Quasi che in bocca ai pittbull dei giornali la reputazione del Sud faccia godere lo stato delle cose.
Senza entrare nel merito dei dati e delle dichiarazioni riportate nell’articolo, bisogna chiedersi perché: perché quel titolo “Terroni somari”? Di certo, quel titolo non sembra affatto compatibile ad una testata “culturale” riconosciuta tanto utile da essere strutturalmente sovvenzionata dallo Stato. Quel titolo così offensivo sembra piuttosto forgiato da un manipolo di editori/finanzieri afflitti da cinismo nazionale.
Ma questo è un altro paio di maniche e nel mirino del mio intervento è capire cosa avvelena i manicaretti del network italiano, e come possa autoassolversi una società che metabolizza offese come fossero pane e vino. Ma perché usare parole offensive contro noi meridionali?
Certe logiche dei giornali si capiscono, ma anche certi limiti sono necessari. Perché è da prendere atto che vi sono interessi convergenti di spaventosa affinità che solo l’esercizio responsabile della scrittura può rendere meno pervasivi. Pensiamoci su: tutti i poteri che estorcono al Sud, nel rispetto dei propri ruoli, dentro e fuori il palazzo, dentro e fuori le banche, che sia questione di soldi o di credito o di fiducia, sono legati da un filo rosso comune: umiliare la comunità locale, distruggere la reputazione del Meridione. Terrone è un termine spregiativo della lingua italiana. La Corte di Cassazione ha ufficialmente riconosciuto che tale termine ha un’accezione offensiva, confermando che la persona che l’aveva pronunciata dovesse risarcire la persona offesa dei danni morali. Ma non è al risarcimento materiale che chiedo di pensare- anche se di questi tempi non sarebbe un’idea balzana per compensare il maltolto. Piuttosto, da parte di chi ha la possibilità di scrivere i titoli sul Foglio e su altre testate, chiedo di fare ammenda e usare prudenza. Perché se le parole sono il respiro delle idee, di quel titolo “terroni somari” è preoccupante l’idea di fondo e lo sono ancora di più le azioni a cui vanno a parare. Peggio ancora se contestualizzati nella cornice politica, a cui il giornale appartiene. A proposito, non è dato sapere, al Governo come la pensano. Né sappiamo se alla ministra Giannini, pronta a dichiarazioni anti-sessiste, anche contro i presidi, la frase che lincia la dignità dei meridionali che si occupano della sua materia è andata a genio. Potrebbe significare tante cose. Non ultimo, davanti alla protesta delle centinaia di insegnanti emigranti, destinate a cattedre al nord, quel titolo potrebbe essere tuonato come uno scudo rassicurante volto a fiancheggiare in questi giorni caldi, l’abile ghigliottina all’occupazione delle donne e madri calabresi destinate al nord. A questo esercito dai tratti gentili e dolenti, spero non manchi il coraggio di accettare comunque sia la nomina e nel frattempo che i padri faranno i padri si attende operosamente di vincere la battaglia di civiltà affinché alle regioni del sud siano riconosciute le stesse possibilità garantite in altre regioni del nord assegnando i posti istituendo il tempo prolungato. E non sia per carità reiterata la dose repressiva con dichiarazioni tipo “al sud è stato programmato il tempo prolungato per le scuole a rischio”. Il titolo di Ministro della Repubblica, si addice a chi governa garantendo in Campania le stesse condizioni e opportunità che vengono date in Lombardia, per esempio. E se nel frattempo i ministri e le ministre avessero cambiato mestiere? Sarebbero in parte spiegati gli stravolgimenti e le percentuali da capogiro con cui gli analisti dell’Istituto SWG hanno fotografato l’indignazione del Sud. Purtroppo molte testate continuano a titolare “malcontento”.
Una tradizione fedele nei secoli…