ROMA Accogliere il ricorso delle parti civili e annullare l’assoluzione di Luigi De Magistris e del consulente Gioacchino Genchi dall’accusa di abuso d’ufficio in relazione alla vicenda dell’acquisizione di tabulati telefonici dei politici. Lo ha chiesto il sostituto pg della Cassazione Maria Giuseppina Fogaroni davanti alla sesta sezione penale della Suprema Corte, chiamata a decidere sui ricorsi di Sandro Gozi, Clemente Mastella e Francesco Rutelli. Ricorre a sua volta anche Genchi, che chiede di essere assolto con la formula «perché il fatto non sussiste».
Il 21 ottobre dello scorso anno la corte d’Appello di Roma ha assolto l’ex pm e Genchi, consulente informatico, oggi poliziotto in pensione e pronto a vestire la toga da avvocato, perché il «fatto non costituisce reato». Le accuse facevano riferimento al 2006, epoca in cui l’attuale sindaco di Napoli era pubblico ministero a Catanzaro. Nell’ambito della cosiddetta inchiesta “Why Not” sul malaffare in Calabria furono acquisiti, senza autorizzazioni delle Camere di appartenenza, i tabulati telefonici di parlamentari e ministri, tra cui anche l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi. Per i giudici d’Appello non vi era prova della consapevolezza che l’acquisizione di tabulati telefonici era relativa ad esponenti politici, e non vi era stato nessun dolo intenzionale.
In primo grado erano stati condannati ad un anno e 3 mesi per abuso d’ufficio. Genchi, a margine dell’udienza in Cassazione, ha ribadito la sua tesi difensiva: «Le utenze nelle quali ci siamo imbattuti non erano intestate ai parlamentari ma ai partiti o a società». Col suo ricorso vuole allontanare ogni dubbio sulla propria condotta. Quell’indagine sul malaffare nella gestione dei fondi pubblici nella Regione Calabria ebbe un peso determinante nella caduta del governo Prodi nel gennaio 2008. La Cassazione nel 2013 ha smontato molte delle accuse di abuso d’ufficio contestate a funzionari e ai vertici dell’amministrazione regionale. Anche in quell’occasione la pg Fogaroni, rappresentò la procura generale, chiedendo la condanna degli imputati.
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