Di campanilismo si muore
La malattia è forse incurabile. Che rimedio ci può essere contro l’egoismo di politicanti il cui pensiero dominante è sempre e solo la rielezione? Sarebbe oltremodo difficile individuare le misure ut…

La malattia è forse incurabile. Che rimedio ci può essere contro l’egoismo di politicanti il cui pensiero dominante è sempre e solo la rielezione? Sarebbe oltremodo difficile individuare le misure utili per quanto meno mitigare un campanilismo endemico – da sempre tratto distintivo di una classe dirigente piccola piccola, dalle priorità meschine – e male neanche tanto oscuro di un’intera regione. Di pennacchi in pennacchi, la Calabria, intesa nella sua totalità, soccombe.
Tre esempi recenti. Il consiglio regionale discute su una proposta di legge (poi approvata) per il cambio di denominazione dell’ospedale di Reggio Calabria, che infatti diventa (squilli di tromba, papparappapà) il “Grande ospedale metropolitano Bianchi-Melacrino-Morelli”. Una modifica alla carta d’identità già di per sé ridicola per chi conosce la realtà di un nosocomio che di metropolitano non ha un beneamato nulla. Eppure il surreale, vuoi o non vuoi, alla fine spunta sempre, quando si tratta di Calabria. Così prende la parola Vincenzo Ciconte – consigliere regionale di Catanzaro e medico di professione ed esponente di rango del Pd ed ex assessore nella giunta Oliverio – per annunciare voto contrario e per esprimere (provocatoriamente, certo, ma non troppo) la volontà di deliberare, «la prossima volta», la costituzione del Pugliese-Ciaccio quale «ospedale capoluogo di regione».
Ancora più desolante quanto successo in occasione della discussione sul Piano trasporti. Alcuni consiglieri cosentini, tra tutti Giuseppe Graziano, si dimenano per convincere la giunta a inserire l’aeroporto della Sibaritide e anche quello di Scalea; altri lanciano duri strali politici all’indirizzo dell’assessore Russo, colpevole di non aver espressamente previsto l’istituzione dei due scali nella nuova riorganizzazione regionale. Tutto questo succede proprio negli stessi minuti in cui l’Enac comunica la chiusura sine die dello scalo Sant’Anna di Crotone e nella stessa settimana in cui quello di Reggio vive una crisi destinata a diventare irreversibile senza un intervento deciso della politica e non solo.
L’ultimo caso è quello relativo alla proposta di legge, presentata dal sindaco e dal presidente del Consiglio di Catanzaro, Abramo e Cardamone, per l’affermazione di “Catanzaro Capoluogo”. Cioè, per chi non lo sapesse: la città dei tre colli è già capoluogo, ma c’è evidentemente bisogno di un’altra norma per ribadirlo con più forza. Il perché è presto detto: a Reggio (la rivalità del ’70 non è mai stata superata) hanno avuto la Città metropolitana e qui niente? Nemmeno un contentino da servire al nostro elettorato in modo da fargli capire che noi lavoriamo per questo territorio e che, giustappunto la prossima primavera, meritiamo di essere ri-votati? Eccola, allora, la legge bipartisan da approvare in consiglio regionale e che permetterà di sventolare ancora la bandiera di Catanzaro in faccia ai reggini. Poi toccherà a Reggio segnare un altro punto, magari attraverso l’istituzione della mega Università dello Stretto. Dopodiché, è facile prevederlo, Cosenza creerà la superUnical mondiale per la cultura dei popoli del Sud, a sua volta ostacolata da Crotone, che vanterà le sue prerogative circa la titolarità dei lasciti culturali della Magna Graecia e proporrà la nuova accademia paneuropea per gli studi sul Mezzogiorno d’Italia. Vibo, a sua volta e ovviamente, troverà infine un modo come un altro per rivendicare una nuova e necessaria centralità con tutte le annesse implicazioni in termini di finanziamenti pubblici à gogo. E così via, all’infinito.
Le rispettive popolazioni provinciali assisteranno, strabiliate ma pur sempre soddisfatte, a questo teatrino sempre uguale a se stesso, il cui unico scopo è aumentare il “prestigio” politico dei proponenti, i veri locatari di questo o di quel campanile. Sono quegli stessi politici – o politicanti – che non hanno alcun interesse a capire, una buona volta, che le loro Città-Stato, senza un’alleanza vera, sono inesorabilmente destinate all’autodissolvimento.