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«Un complotto contro la Fondazione "Caporale"»

CATANZARO La Fondazione “San Tommaso Moro”, già fondazione “Caporale”, passa al contrattacco e lo fa con una conferenza stampa dell’ex presidente Fulvio Scarpino e del legale rappresentante Antonio T…

Pubblicato il: 18/11/2016 – 14:56
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«Un complotto contro la Fondazione "Caporale"»

CATANZARO La Fondazione “San Tommaso Moro”, già fondazione “Caporale”, passa al contrattacco e lo fa con una conferenza stampa dell’ex presidente Fulvio Scarpino e del legale rappresentante Antonio Torchia che, nell’annunciare la decisione di liquidare la no-profit che per anni si è occupata di formazione professionale, serve a raccontare “tutta la verità” come recita il cartello gigante che campeggia alle spalle dei protagonisti.
La verità raccontata da Scarpino e Torchia è la conseguenza di eventi che, a detta di Scarpino, sono cominciati all’indomani della presentazione alla Procura della Repubblica di Catanzaro di un documento relativo all’ente fiera di Catanzaro che sarebbe dovuto sorgere nel Parco Romani. La storia del parco commerciale mai aperto, però, si incastra solo per sbaglio nella vicenda della fondazione, anzi praticamente non c’entra nulla come lo stesso Scarpino spiega.
Ma la vicenda, a detta di Scarpino, prende le mosse proprio dai giorni successi a quando l’ex assessore alle politiche sociali di Catanzaro trova sulla sua scrivania un documento relativo all’ente fiera e si affretta a presentarlo in Procura: «Due mesi dopo – spiega -, dopo che mi ero dimesso dal mio incarico, cominciano gli attacchi alla mia persona sui giornali, ma erano solo l’antipasto di quanto sarebbe avvenuto più tardi».
Cosa sia avvenuto “più tardi” lo spiega l’avvocato Torchia: «La fondazione viene interessata da un’indagine per il presunto reato di truffa aggravata nella gestione dei fondi comunitari che riceveva per svolgere corsi di formazione e altre attività specifiche della propria mission. L’indagine, secondo quanto abbiamo appreso, partiva da una segnalazione della Digos la quale riferiva di aver avuto informazioni circa un documento falso presentato dalla fondazione da parte di una “fonte degna della massima fede”, una fonte che ovviamente è tuttora anonima».
Quell’indagine si è conclusa con l’archiviazione richiesta dalla stessa Procura perché nel frattempo si è appurato che vi non fosse alcun documento falso tra le carte presentate dalla fondazione, ma la decisione di liquidare l’ente è stata ormai presa. Le motivazioni sono da ricercare in quelle che sono le “attenzioni” riservate alla fondazione nel corso degli anni. E tra le righe lo confermano anche le parole di Francesco Saverio Macrina, avvocato e socio della fondazione, anch’egli presente all’incontro con i giornalisti: «Pezzi importanti delle istituzioni hanno lavorato per affondare la fondazione», dice.
Il quadro è complesso, perché in mezzo ci sono richieste di accesso agli atti relativi alla fondazione stessa da parte di ex soci che non avrebbero avuto diritto a visionare i documenti. Ma c’è anche la concessione, secondo le parole di Torchia e Scarpino, a visionare quei documenti da parte di un dirigente di servizio regionale nonostante una prima richiesta fosse stata rigettata dalla dirigente di settore.
Tutte questioni, queste, che Torchia e Scarpino hanno sottoposto nella mattinata di oggi al procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri: «La mia personalissima ipotesi non suffragata da prove concrete – dice Scarpino – è che ci sia stato un tentativo di scalata ai vertici della fondazione. Quando il tentativo è fallito, si è cercato di screditare e delegittimare il direttivo e quindi la fondazione stessa. E quale occasione migliore se non quella di agitare lo spettro di un’inchiesta sulla fondazione?».
A suffragare la tesi, Scarpino racconta un duplice episodio: «La fondazione si era rivolta ad una società assicurativa di Perugia per avere delle fideiussioni. Inviati i documenti, avevamo avuto rassicurazioni sull’accoglimento della richiesta, salvo poi ricevere la telefonata del direttore generale della società assicurativa il quale, avendo ricevuto un fax anonimo contenete un articolo di giornale in cui si parlava di un’inchiesta sulla fondazione, ci diceva che non avrebbero provveduto a concederci le fideiussioni. Attenzione: dell’inchiesta nei confronti della fondazione non eravamo al corrente nemmeno noi all’epoca. La stessa cosa, con le medesime modalità, è avvenuta anche in un’altra circostanza, tanto che abbiamo iniziato a non fidarci l’uno dell’altro in seno al direttivo, proprio perché era inspiegabile come potesse accadere una cosa del genere».
Per capire quali interessi potessero gravitare attorno alla fondazione, basta poi guardare ai numeri: i corsi davano la possibilità di contrattualizzare più di 160 docenti («pagati alle tariffe orarie più alte in Italia», spiega Scarpino) per un giro d’affari totale di oltre 3 milioni di euro.

Alessandro Tarantino
a.tarantino@corrierecal.it

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