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Finisce l'incubo per i fratelli Vrenna

CATANZARO Festeggiano i fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna, sospirano di sollievo i tifosi del Crotone. Dopo la sconfitta in appello, la Procura Generale di Catanzaro rinuncia al ricorso in Cassaz…

Pubblicato il: 24/12/2016 – 11:53
Finisce l'incubo per i fratelli Vrenna

CATANZARO Festeggiano i fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna, sospirano di sollievo i tifosi del Crotone. Dopo la sconfitta in appello, la Procura Generale di Catanzaro rinuncia al ricorso in Cassazione contro la sentenza che ha rigettato la richiesta di confisca per tutte le aziende del gruppo Vrenna, incluso il Crotone calcio. «Si chiude proprio alla vigilia di Natale e per sempre, questo capitolo. I due imprenditori sono per lo Stato e la Giustizia italiani immuni da qualunque censura riferibile a presunti rapporti con la criminalità organizzata della quale hanno invece subito le violenze», fanno sapere i legali dei Vrenna, Francesco Verri e Francesco Gambardella. Insomma, i Vrenna sono vittime della ‘ndrangheta, non complici. Lo scorso 28 novembre, ad oltre un mese dalla discussione, la Corte d’appello di Catanzaro (Saullo presidente, Commodaro e Galati a latere), ha rigettato la richiesta della procura generale, che aveva invocato il sequestro dell’intero patrimonio dei due imprenditori, più 5 anni di sorveglianza speciale per ciascuno. Ma come in primo grado, per l’accusa non c’è stato niente da fare.
Per la Corte, gli elementi messi insieme dalla Procura generale per dimostrare la vicinanza di Raffaele e Giovanni Vrenna alla cosca Vrenna- Corigliano – Bonaventura, sarebbero assolutamente insufficienti. In più, troppo generiche per arrivare ad una condanna sono state considerate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che nel tempo hanno parlato dei rapporti fra Raffaele e Giovanni Vrenna e l’omonimo clan di Crotone. Per la Corte, se è vero che fra i patron del Crotone e il boss Giuseppe Vrenna esiste un lontano legame di parentela, questo non basta perché siano considerati parte della “famiglia”. Al contrario, si legge nelle motivazioni “è facile cogliere dei pesanti indizi di segno contrario al costrutto accusatorio, sin dall’epoca della reggenza di Bonaventura Gianni (boss dell’omonimo clan negli anni Novanta), che forte del consenso degli altri soggetti Vrenna, intranei alla cosca, aveva dato il suo benestare alla progettazione, da parte d Nicolino Grande Aracri, di un attentato finalizzato a gambizzare Raffaele Vrenna”.

Medesimo significato hanno, per i giudici, i numerosi attentati e danneggiamenti subiti dalle società dei patron del Crotone dal 2004 ad oggi. Per i giudici, Raffaele Vrenna non solo è “vittima del sistema di criminalità organizzata radicato nei territori coinvolti dalle sue attività imprenditoriali”, ma anche “parafulmine sia dei dissidi interni all’omonima cosca, sia dei contrasti fra le cosche rivali”. Per la Corte, quando il clan è intervenuto per scoraggiare le pretese estorsive di altre cosche è stato solo per rivendicare “l’esclusiva” sulla riscossione della tassa di sicurezza pretesa dai due imprenditori. Certo, i Vrenna – e Raffaele in particolare – spiegano i giudici non sono mai stati “clienti” facili, sia per l’autonomia delle scelte imprenditoriali, sia perché “difficili da imbrigliare nelle tipiche logiche delle cosche”, ma al contempo sono sempre stati un boccone ambito “per le proporzioni dei capitali mossi e suscettibili di azioni estorsive. Per questo, il clan di Crotone ha sempre tentato di blindarli dalle pretese di altre consorterie.

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