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Truffe, chiesto il rinvio a giudizio per l'ex sindaco di Nardodipace

VIBO VALENTIA La Procura della Repubblica di Vibo Valentia ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ex sindaco di Nardodipace, Romano Loielo, del suo vice, Romolo Tassone, di un ex assessore, Maurizio Ma…

Pubblicato il: 03/01/2017 – 20:21
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Truffe, chiesto il rinvio a giudizio per l'ex sindaco di Nardodipace

VIBO VALENTIA La Procura della Repubblica di Vibo Valentia ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ex sindaco di Nardodipace, Romano Loielo, del suo vice, Romolo Tassone, di un ex assessore, Maurizio Maiolo, e di altre 15 persone, tutti accusati di avere messo in atto una truffa ai danni dell’Unione europea e della Regione. Il gup ha fissato l’udienza preliminare per il 23 marzo prossimo. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, l’ex primo cittadino sarebbe il «promotore, nonchè ‘capo’ ed ‘organizzatore’ del sodalizio avendo, in virtù della pubblica funzione, la possibilità di accesso rapido e privilegiato alle informazioni relative all’esistenza di bandi riguardanti gli incentivi». L’ex vicesindaco Tassone, figlio del presunto boss di Cassari, Rocco, Fabio Rullo e Mario Carrera avrebbero invece ricoperto il ruolo «di intestatari delle ditte e associazioni destinatarie dei benefici economici, mentre tutti gli altri erano soggetti strumentali a rappresentare alla Regione l’operatività delle imprese e dei sodalizi fittiziamente creati». Associazioni che, sulla carta, avrebbero dovuto occuparsi di sostegno al reddito, di cultura e anche di volontariato, come la “Dolmen” gestita dallo stesso ex sindaco, o l’Allarese calcio, la cui sede corrispondeva all’abitazione dell’ex vicesindaco Tassone. O ancora, un circolo sociale Acli, o un’associazione di volontariato nei cui locali operava in tranquillità un dentista pur non avendo le attrezzature idonee, e infine un pub, “l’Ascot”, che, nonostante, non fosse mai stato avviato, risultava avere aperto i locali a tutti gli effetti. Per la procura, tutte “scatole cinesi” messe in piedi tramite i soldi erogati dalla Regione finiti, secondo l’accusa, nelle tasche degli indagati.

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