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Sanità calabrese, la grande malata d'Italia

CATANZARO Inefficiente, con costi legali decisamente alti e capace di impoverire le famiglie per far fronte ai pagamenti di farmaci e dei servizi. La Calabria esce con le ossa rotte dall’ultimo rep…

Pubblicato il: 04/01/2017 – 11:17
Sanità calabrese, la grande malata d'Italia

CATANZARO Inefficiente, con costi legali decisamente alti e capace di impoverire le famiglie per far fronte ai pagamenti di farmaci e dei servizi. La Calabria esce con le ossa rotte dall’ultimo report sul sistema sanitario regionale di Demoskopika. Nel rapporto, steso per il secondo anno consecutivo dall’Istituto, emerge infatti che la regione è ultima per performance in materia di prestazioni sanitarie.
Nell’indicatore fissato dagli esperti di Demoskopica infatti risulta la regione più “malata” d’Italia e con costi pro-capite elevati per far fronte ai conteziosi legali di Asp e Azienda ospedaliere. Non solo. Per riuscire a garantirsi cure e servizi sanitarie le famiglie nel corso del 2016 sono scese sotto il livello di povertà. Dati negativi che vengono leggermente attenuati dal basso costo per sostenere il management e per far fronte alla spesa sanitaria corrente per i cittadini. Una magra consolazione che non inverte la tendenza ad avere scarsa fiducia nel sistema sanitario regionale da parte dei cittadini.

LA REGIONE PIÙ MALATA D’ITALIA Con 223,8 punti sull’Ips, l’Indice di performance sanitaria realizzato (per il secondo anno consecutivo, dall’Istituto Demoskopika sulla base di sette indicatori: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, spesa sanitaria, famiglie impoverite a causa di spese sanitarie out of pocket, spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, costi della politica), la Calabria si aggiudica l’ultimo gradino della classifica per efficienza del sistema sanitario. Molto lontano dalla regioni del Centro-nord ma anche del Mezzogiorno. Per dare i numeri di questo indicatore basti considerare che il Piemonte ha ottenuto un punteggio pari a 492,1, spodestando il Trentino Alto Adige (403,9 punti). Secondo posto per la Lombardia (450,5 punti), seguita dall’Emilia Romagna con 438 punti. Nella bassa classifica le regioni del Sud: Sardegna (277,9 punti), Basilicata (272,1 punti), Abruzzo (269,1 punti) e Campania (259,3 punti). Nelle ultime tre postazioni delle realtà sanitarie più “malate” si posizionano Puglia (243,3 punti), Sicilia (234,5 punti) e appunto la Calabria (223,8 punti).

CALABRIA “MAGLIA NERA” PER LITIGIOSITÀ È la Calabria, con una spesa pro-capite di 9,9 euro e un ammontare in valore assoluto pari a 19,6 milioni di euro, a guidare la graduatoria del comparto sanitario pubblico più “avezzo” a contenziosi e sentenze sfavorevoli. Un dato ancora più rilevante se si considera che la spesa pro-capite italiana è di poco superiore ai 3 euro. A seguire, nella parte più bassa della classifica, la Basilicata con 6,9 euro di spesa pro-capite (4 milioni di euro), l’Abruzzo con 5,7 euro pro-capite (7,6 milioni di euro), la Toscana con 5,7 euro pro-capite (21,4 milioni di euro), la Sicilia con 5,6 euro pro-capite (28,3 milioni di euro) e la Campania con 5,5 euro pro-capite (32 milioni di euro). Complessivamente, in Italia nel 2016 le spese legali per liti, da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, sostenute dal comparto sanitario italiano ammontano a poco più di 191 milioni di euro, circa 523 mila euro al giorno.

CALABRIA VIRTUOSA PER SPESA SANITARIA CORRENTE Con una spesa pro-capite di 1.698 euro la Calabria si colloca terzultima tra le regioni che hanno impegnato risorse nel corso del 2015 per far pronte alla spesa sanitaria corrente. Ottenendo così un buon punteggio nell’indice dell’Istituto (99,5 punti). A superarla per virtuosità solo Campania (1.689 euro pro-capite) e Sicilia (1.696 euro). Dal conto economico degli enti sanitari locali la media nazionale è stata pari a 1.829 euro pro-capite che è significato una spesa complessiva di oltre 111 miliardi di euro. Un indicatore, non necessariamente positivo per la Calabria, visto che potrebbe significare che il sistema ha impegnato meno risorse per garantire servizi e cure dei pazienti.

SPESE PER MANAGEMENT: REGIONE TRA LE PIÙ PARSIMONIOSE Un dato certamente positivo che emerge dalle rilevazioni di Demoskopica arriva dalle analisi dei costi sostenuti dalle aziende ospedaliere, dalle aziende sanitarie e dalle strutture sanitarie calabresi per mantenere il management. La Calabria con 2,8 euro di spesa pro-capite (5,6 milioni di euro all’anno) è risultata, infatti, tra le regioni più parsimoniose su questo fronte. Meglio hanno fatto le Marche con 1,5 euro di spesa pro-capite (2,3 milioni di euro), il Molise con 1,8 euro di spesa pro-capite (564 mila euro), la Campania con 2,5 euro di spesa pro-capite (14,6 milioni di euro), la Toscana con 2,5 euro di spesa pro-capite (9,3 milioni di euro). Su questo terreno la Calabria ha però staccato di molto regioni come il Trentino Alto Adige con (10,1 euro di spesa pro-capite), l’Abruzzo (9,8 euro di spesa pro-capite), la Valle d’Aosta (8,4 euro di spesa pro-capite), la Sicilia (8 euro di spesa pro-capite) e il Veneto (7,6 euro di spesa pro-capite). Nel corso del 2016 in Italia per mantenere i manager sanitari sono andati via complessivamente circa 311 milioni di euro.

FAMIGLIE IMPOVERITE PER LE SPESE SANITARIE È la Calabria la regione che più di altre è finita nell’area dell’impoverimento per sostenere le spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.). Stando ai dati di Demoskopika, circa 28mila nuclei familiari nel corso del 2016 hanno subìto questa sorte. Per questa ragione nell’indicatore la Calabria ottiene 6,9 punti con una quota del 3,48 per cento dei nuclei familiari. Per comprendere meglio questo fenomeno fotografato dall’Istituto, basti considerare che in Piemonte – che ha ottenuto la migliore performance – solo lo 0,24% di nuclei familiari sono scesi al di sotto della soglia di povertà e stimabile in circa 4.800 famiglie. Come anche il Trentino Alto Adige (96 punti) con una quota dello 0,25% pari a circa 1.000 famiglie, l’Emilia Romagna (75 punti) con una quota pari allo 0,32% pari a poco meno di 6.400 nuclei familiari e la Lombardia con una quota dello 0,36% pari a circa 16mila famiglie.

Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it

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