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Basta alle strumentalizzazioni giudiziarie

Giuro che non scherzo, giuro che sono serissimo quando affermo che un magistrato italiano scriverebbe: «…trattasi di una minore, illegalmente coabitante con un anziano nonno vedovo, in dispreg…

Pubblicato il: 23/04/2017 – 10:51
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Giuro che non scherzo, giuro che sono serissimo quando affermo che un magistrato italiano scriverebbe: «…trattasi di una minore, illegalmente coabitante con un anziano nonno vedovo, in dispregio delle norme sull’affidamento minorile, costretta a spingere la sedia a rotelle di una invalida, e costantemente sotto evidente devastante effetto di sostanze stupefacenti che le provocano una mostruosa allucinazione di quadrupedi ungulati che la salutano…», per descrivere Heidi, suo nonno, e le caprette che le fanno ciao…
È una boutade/non boutade che introduce l’argomento della interpretazione, azione umana tra le più delicate per le relazioni tra le persone, soprattutto quando a scrivere è un magistrato o un giornalista.
Il magistrato e il giornalista conoscono esattamente la differenza che passa tra una espressione verbale pronunciata nel corso di una conversazione riservata (di nessuna rilevanza penale e civile) e un comportamento fisico e materiale che vale conseguenze giudiziarie e processuali.
Grazie proprio a questa loro consapevolezza, purtroppo piccola parte della stampa e modesta parte della magistratura inquirente, riesce a creare in vitro – da brani decontestualizzati di conversazioni intercettate – incredibili storie di malaffare totalmente inesistenti. 
Mi spiego meglio.
Quando al telefono dico al mio avvocato: «…ah! quel magistrato, napoletano di merda, che quando lo incontro in aula gli piscio in testa…» 
– sto esercitando il mio sacrosanto diritto di sfogare la mia indignazione privatamente al telefono con il mio difensore – non mi ascolta nessun altro che il mio avvocato
– mi riferisco ad una persona che mi sta facendo scientemente del male
– non sto commettendo alcun reato
– dopo la telefonata in questione vado a cena con i miei migliori amici che sono magistrati napoletani
– in aula, il giorno dopo, contesterò nei modi più urbani l’operato del magistrato da me considerato in malafede
– ed è tutto messo pubblicamente agli atti.
In sintesi: nella mia piena riservatezza telefonica (certo di non essere ascoltato) mi faccio un percorso mentale intimo, mio, di nessun altro, una coperta di Linus che mi darà il coraggio necessario per affrontare in aula un magistrato, che so essere in malafede, e che si è formato un suo personale convincimento sbagliato, capace di farmi apparire quello che non sono, sfruttando le regole processuali penali, a noi cittadini completamente sconosciute.
Di contro amo i napoletani, e alcuni dei miei migliori amici sono magistrati di quella meravigliosa città.
Pubblicare vilmente lo stralcio decontestualizzato di questa intercettazione telefonica mi scaglierebbe contro l’intera città di Napoli.
Per chi non lo sapesse, la realtà e la verità processuale non sempre corrispondono alla realtà e alla verità di ciò che è materialmente accaduto, e cioè alla esatta ricostruzione delle dinamiche e dei comportamenti sotto giudizio.
La battaglia legale tra accusa e difesa consiste nel fare emergere una verità e una realtà processuale sostenibile e compatibile con le leggi in vigore.
Per questo motivo anche espressioni, pronunciate nella riservatezza telefonica, vengono “vilmente” e strumentalmente prese in considerazione, estrapolate dal contesto cui sono riferite, per suffragare quella tesi che mi dipinge come una pessima persona. 
La stampa seria commenta, attende, informa. La stampa caciarosa e gossippara, invece, in tutto questo ci gode e ci sguazza, consegnando al pubblico dei lettori e dei telespettatori le intercettazioni decontestualizzate, che rischiano di fare apparire gli indagati quello che non sono affatto. Sono casi di pura barbarie dell’informazione infedele. Una inutile maledetta violenza privata che sfregia definitivamente l’indagato agli occhi della collettività. Quando telefonicamente suggerisco a qualcuno di dare una qualunque versione pur di celare una fatto realmente accaduto, lo suggerisco perché sono un consulente, ho in mente un mio percorso mentale intimo, mio e di nessun altro, che mi permetterà di formalizzare successivamente e correttamente il mio operato (poi pubblicamente posto agli atti) in scienza e coscienza nell’interesse dell’Ente o delle Cariche Sociali per cui lavoro. Se vivo e lavoro tutto il giorno per anni a contatto con cittadini di Lamezia Terme, avrò pure il sacrosanto diritto intimo e privato di constatare purtroppo di non stimarne alcuni, e di definirli in camera caritatis “…lametini di merda…” , tanto non mi sente nessuno. Stimo e amo Lamezia Terme e quasi tutti i Lametini, anche se solo alcuni di essi non godono della mia stima e considerazione, per di più sono avversato da costoro, li reputo isolati dal contesto internazionale aeroportuale, e penso riservatamente che solo costoro siano di merda. La verità è che sono grato a Lamezia Terme e a quasi tutti i Lametini della reciproca bella considerazione, anche se non ne stimo alcuni. Pubblicare improvvidamente invece uno stralcio decontestualizzato di intercettazione telefonica di uno degli indagati, nelle forme e con i commenti che ho letto, lo ritengo un reato verso la persona, un vile tentativo di sollevare l’indignazione popolare della intera Città di Lamezia Terme verso una persona presunta innocente.
Chissà se e quando verrà posto degno riparo a queste violenze gratuite, che vanno denunciate con fermezza, e sputtanate con gli stessi strumenti pubblici con i quali vengono offerte al popolo dei lettori e dei telespettatori, i quali potrebbero sintetizzare in perfetta buonafede, ma artificialmente, una interpretazione distorta e perversa della realtà. 
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