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Delitto Ventura, condannato il pentito Pulice

LAMEZIA TERME È stato condannato a dieci anni di reclusione il collaboratore di giustizia Gennaro Pulice, 39 anni, reo confesso dell’omicidio di Gennaro Ventura, fotografo scomparso nel 1996. Per mol…

Pubblicato il: 08/05/2017 – 10:58
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Delitto Ventura, condannato il pentito Pulice

LAMEZIA TERME È stato condannato a dieci anni di reclusione il collaboratore di giustizia Gennaro Pulice, 39 anni, reo confesso dell’omicidio di Gennaro Ventura, fotografo scomparso nel 1996. Per molti anni la sua morte rimase avvolta nel mistero. Le indagini ripartirono nel 2008, quando vennero casualmente trovati i resti del corpo dell’uomo e la sua attrezzatura in un casolare abbandonato. 
A 21 anni dalla morte del fotografo di Lamezia Terme il gup del Tribunale di Catanzaro ha emesso la prima condanna, dieci anni come chiesto dal pm Elio Romano in sede di requisitoria. Alla famiglia della vittima, assistita dall’avvocato Italo Reale è stato riconosciuto il risarcimento danni con una provvisionale di 80mila euro che sarà valutata in sede civile.


IL MANDANTE
Secondo le dichiarazioni di Gennaro Pulice a ordinare la morte di Gennaro Ventura fu Domenico Cannizzaro, boss dell’omonimo clan –
che sta affrontando un processo con rito abbreviato condizionato – appartenente alla consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. Le ragioni dell’omicidio, ha raccontato il pentito, risiederebbero in un proposito di vendetta poiché  «Il Ventura – ha raccontato Pulice al sostituto procuratore della Dda, Elio Romano, nel corso di un interrogatorio – aveva arrestato una persona dei Cannizzaro quando era carabiniere». Ventura lavorava a Tivoli quando si è imbattuto in Raffaele Rao, cugino di Domenico Cannizzaro. Secondo la ricostruzione dei fatti, nel 1991 Ventura e un collega si stavano recando da un perito chimico del tribunale per consegnargli dello stupefacente da analizzare. Sulle scale avrebbero incrociato due uomini che uscivano, uno vestito da poliziotto e uno in borghese. Arrivati dal perito scoprirono che qualcuno lo aveva aggredito sottraendo al laboratorio una notevole quantità di sostanza stupefacente. Dopo una serie di indagini, in casa di Rao venne trovata la droga sottratta ai laboratori. Nel corso del processo Ventura e il suo collega testimoniarono inchiodando Rao per rapina e aggressione. Secondo il racconto di Pulice, i Cannizzaro «non se la tengono, come non se la sono tenuta per il fatto di Ventura che era un ex carabiniere». Congedatosi dall’Arma e tornato a Lamezia Terme per intraprendere l’attività di fotografo insieme al padre e al fratello, Gennaro Ventura è stato individuato dalla cosca. Questo, secondo l’accusa, avrebbe decretato la sua condanna a morte. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la vittima, il 16 dicembre del 1996, è stata attirata in una trappola con la scusa di un lavoro da commissionare. Ma all’appuntamento si presentò l’appena 18enne Gennaro Pulice, nuova leva, all’epoca, della consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte.


Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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