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«Il decreto sulle Rsa farà perdere 700 posti di lavoro»

È di pochi giorni fa la notizia del nuovo decreto che ridetermina le tariffe destinate alle Residenze sanitarie assistenziali della Calabria, precisamente il dca 102 dell’11 luglio 2017 che definis…

Pubblicato il: 24/07/2017 – 13:57
«Il decreto sulle Rsa farà perdere 700 posti di lavoro»

È di pochi giorni fa la notizia del nuovo decreto che ridetermina le tariffe destinate alle Residenze sanitarie assistenziali della Calabria, precisamente il dca 102 dell’11 luglio 2017 che definisce i requisiti minimi per autorizzazione e accreditamento delle Rsa e stabilisce un ribasso delle tariffe giornaliere del 13%. Un decreto che, a causa della riorganizzazione prevista, comporterà inevitabilmente un licenziamento di circa 500-700 operatori occupati nelle Residenze sanitarie calabresi.
Occorre effettuare una analisi dettagliata di questo decreto per cercare di capire quale è il criterio utilizzato dalla struttura commissariale per arrivare a quanto disposto. Da una attenta lettura dei requisiti minimi organizzativi riportati in tabella, nel dca si evince che maggiore è il numero dei posti letto, minore sarà il numero del personale utilizzato per garantire i servizi di assistenza; dunque, maggiore è il numero dei posti letto, maggiore sarà il personale occupato coinvolto nelle procedure di licenziamento a causa di questo decreto.
Proviamo a fare una simulazione: in una struttura da 20 posti (un modulo), per effetto della riorganizzazione prevista dal dca 102 e rimodulazione della tariffa, l’organico verrà ritoccato di circa 3 unità (oss e educatori); se la struttura ha 40 posti letto (2 moduli), dovrà licenziare circa circa 10 lavoratori, tra infermieri, oss e educatori, mentre in quella da 60 posti letto (3 moduli) 16 lavoratori, sempre tra infermieri oss e educatori. Insomma, in Calabria, in nome di questo decreto, perderanno il posto di lavoro circa 500-700 persone, ciò da un rapporto dettagliato tra le figure professionali del dca 15/2015 e del nuovo dca 102, preso in considerazione il dimensionamento numerico delle residenze sanitarie assistenziali calabresi.
Eppure, a leggere ancora meglio il decreto qualcosa non torna, notiamo infatti che a tariffa è unica 132,02 euro al giorno per utente indipendentemente dalla dimensione 20\40\60 posti letto, notiamo altresì che i requisiti organizzativi e dunque i costi sono diversi e che la quota alberghiera è variabile in base allo stesso dimensionamento della Rsa.
Assisteremo, a conti fatti, all’affanno economico delle Rsa da 20 posti letto, che percepiranno una misera quota alberghiera, e a un arricchimento di quelle con dimensioni strutturali da 40 a 60 posti che, con un minor numero di requisiti organizzativi lavoratori/costi, e preciso lavoratori addetti all’assistenza dell’ammalato, si vedranno corrisposta una quota alberghiera quasi tre volte superiore a quelle da 20 posti.
Ribadiamo: ma che criterio ha utilizzato la struttura commissariale? Forse i pazienti in strutture da 40 e 60 posti letto, spesso dimensionate su più piani o cubi strutturali diversi collegati, hanno minori bisogni assistenziali di quelli ospitati in strutture da 20 posti letto? O forse i criteri di valutazione utilizzati per l’eleggibilità in Rsa non sono gli stessi? Forse oggi possiamo anche dire che i lavoratori delle piccole Rsa sono più fortunati di quelli delle grandi strutture, così come i pazienti che a conti fatti hanno un numero maggiore di minuti assistenziali a disposizione.
Forse, forse, questo poteva essere interpretato come un decreto teso a una equa riorganizzazione e rideterminazione della retta per degenza in Rsa se si limitava a ritoccare i requisiti organizzativi di un modulo base da 20 posti letto e a moltiplicarlo, con una semplice operazione matematica e in nome di un principio di trasparenza e equità, per il numero di posti letto e\o moduli… 
Si invoca, addirittura, a motivazione di questo pseudo criterio, anche l’efficienza delle grandi strutture, ma in qualsiasi testo di letteratura di economia sanitaria i requisiti di accreditamento, soprattutto quelli organizzativi, seguono il numero di posti letto; e se maggiore economia può esserci in queste strutture, sicuramente è determinata dai costi generali e da un maggiore potere contrattuale delle stesse, e non da un risparmio sul servizio di assistenza.
E ancora, che cosa è l’accreditamento? È il riconoscimento del potere conferito a una organizzazione sulla base di requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici di erogare prestazioni sanitarie in nome e per conto del servizio sanitario nazionale. Ma questo conferimento istituzionale non può sicuramente prescindere da principi quali equità, trasparenza, parità di trattamento, tutela e, in quanto tale, l’accreditamento dovrebbe essere garanzia imprescindibile e per chi riceverà la prestazione e per i potenziali produttori concorrenti del mercato che non possono subire discriminazioni in nome di una falsa efficienza.
A conti fatti, forse, questo decreto è un regalo ai gruppi che hanno strutture da 40 a 60 posti? Ecco perché le associazioni di categoria degli erogatori, Anaste, Uneba, Agidae, Aris, Aiop, tacciono: perché ai piccoli imprenditori, che non contano, stanno togliendo il fiato, e loro, spesso paladini dei fragili, sono pronti all’ingrasso…
Allora chiediamo ai sindacati di leggere attentamente i numeri e le tabelle riportate nel dca 102 e all’associazione dei consumatori e\o tribunale dei diritti del malato di svegliarsi; infine, ai parenti dei degenti diamo un consiglio, che è quello di preferire le Rsa da 20 posti letto, perché, a guardar tutto nel dettaglio, in queste c’è più personale dedicato ai bisogni dei loro cari.

*A nome del Comitato lavoratori Rsa

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