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Nomine Consiglio, il ricatto dei "temporeggiatori" a Oliverio – VIDEO

REGGIO CALABRIA Scusateci, abbiamo scherzato. Il rinnovo della presidenza del consiglio regionale (scaduta dal 7 luglio), quello delle commissioni? Dopo, c’è tempo. Procrastino, ergo sum. La Confe…

Pubblicato il: 07/08/2017 – 19:41
Nomine Consiglio, il ricatto dei "temporeggiatori" a Oliverio – VIDEO

REGGIO CALABRIA Scusateci, abbiamo scherzato. Il rinnovo della presidenza del consiglio regionale (scaduta dal 7 luglio), quello delle commissioni? Dopo, c’è tempo. Procrastino, ergo sum.
La Conferenza dei capigruppo di Palazzo Campanella conferma previsioni che agli osservatori meno scafati potevano anche sembrare improbabili: le due sedute dell’8 e del 9 agosto, dedicate alle votazioni per l’Ufficio di presidenza e all’emergenza migranti, vengono annullate e riconvocate per l’11 e il 12 settembre, dopo la pausa estiva. Una pausa davvero lunga, se si considera che il parlamentino calabrese non si riunisce dallo scorso 29 giugno. Ufficialmente, la capigruppo avrebbe dovuto occuparsi del caso sollevato da Orlandino Greco e relativo alle presunte irregolarità nelle votazioni dei consiglieri regionali. La questione è stata sì affrontata, ma non era certo il piatto forte di giornata. Il vero e malcelato obiettivo, di una parte del Pd e di una parte dell’opposizione, era ottenere un rinvio delle nomine in modo da permettere la composizione indolore di tutte le caselle del puzzle.
Una nutrita pattuglia di consiglieri dem, ormai non è più un mistero, premeva affinché il rinnovo dell’Ufficio guidato da Nicola Irto avvenisse in contemporanea con il probabile rimpasto di giunta, che Oliverio avrebbe già programmato per la prima metà di settembre. Facile facile la spiegazione dell’enigma: i consiglieri del Pd vogliono che tutte le postazioni da riempire siano note, in modo da permettere una sistemazione comoda per tutti ed evitare ulteriori lacerazioni. Ed è chiaro che lo slittamento ratificato oggi dalla Conferenza evita l’immediata esplosione di tutte le contraddizioni interne. Ma il rinvio non dispiace, al di là delle dichiarazioni pubbliche, neppure alla minoranza e soprattutto a Forza Italia. Che, nonostante abbia già scelto il ticket di nomi da sottoporre al voto dell’aula – Wanda Ferro vicepresidente e Mimmo Tallini segretario –, teme imboscate da parte della maggioranza. Un sospetto fortificato anche dalle ultime dichiarazioni del “questore” uscente e non riconfermato (dal coordinamento regionale azzurro) Giuseppe Graziano, che ritiene in qualche modo illegittime le designazioni del suo partito. Il fondatore de “Il coraggio di cambiare l’Italia”, in occasione dell’elezione del primo ufficio di presidenza, era stato eletto anche grazie ai voti del centrosinistra. E i berluscones, ora, credono che l’incursione degli Oliverio’s boys possa ripetersi. Vada, quindi, per la discussione post-agostana, magari sarà possibile trovare un accordo che non metta a repentaglio l’unità di un partito che ha grandi ambizioni (regionali 2019: chiedere agli Occhiuto).

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L’ARTE DI PRENDERE TEMPO Un consigliere di centrosinistra, per capire bene ciò che sta avvenendo fuori e dentro l’Astronave, suggerisce di consultare il saggio “The art of procrastination”, del filosofo John Perry. La tesi è illuminante: il problema (l’Ufficio di presidenza e gli assetti di partito) non è un problema in sé; il vero problema è come affrontare il problema. La soluzione è una sola: rimandare, fare finta di niente, procrastinare, insomma. Solo in questo modo, e riportando la discussione dalla teoria alla (opportunistica) pratica politica attuale, sarà in qualche modo possibile dedicarsi ad altro (in questo caso ai bagni e alle feste agostane e alle trattative via telefono da un resort a 4 stelle) e infine affrontare il “problema” per eccellenza (far quadrare tutte le nomine) senza quella fastidiosa e mortifera sensazione di angoscia (rimanere fuori dalla giunta).

IL GIOCO E così, nel gioco delle parti, il ruolo di Quinto Fabio Massimo (detto “il Temporeggiatore”) spetta al capogruppo del Pd Sebi Romeo. È lui a chiedere ufficialmente il rinvio, poi accordato da tutta la maggioranza e da Ap, con l’opposizione del centrodestra. In una nota congiunta, i presidenti di Fi, Alessandro Nicolò, Casa delle libertà, Francesco Cannizzaro, e Misto, Fausto Orsomarso, definiscono «sconcertante la decisione dei gruppi di maggioranza di sconvocare la seduta del consiglio regionale già decisa per domattina, a causa dei contrasti interni al centrosinistra, incapace dunque di garantire l’elezione del nuovo Ufficio di presidenza della massima assise della Calabria, il cui mandato, peraltro, era già abbondantemente scaduto dallo scorso giugno (luglio, in realtà; ndr)».
A parere dei tre capigruppo d’opposizione, «la maggioranza alla Regione, dilaniata dai contrasti, non riesce più neppure ad assicurare l’agibilità istituzionale e, sfuggendo alle proprie precise responsabilità, finisce col paralizzare anche l’assemblea regionale. Con questa decisione, della cui gravità senza precedenti il centrosinistra si assume interamente ogni responsabilità, si conferma il quadro desolante della crisi politica del principale partito della maggioranza che si ripercuote negativamente non solo sul governo regionale, ma anche su tutte le istituzioni facendo pagare un prezzo alto in termini di credibilità e di prestigio persino al parlamento regionale, luogo deputato a rappresentare tutte le istanze dei cittadini calabresi».
Una posizione avvalorata anche dal coordinamento di Forza Italia, che bolla la scelta del centrosinistra come «frutto di una totale irresponsabilità politica». «Non si può accettare – spiegano i vertici azzurri – che vengano anteposti interessi di partito e ambizioni personali all’efficienza e alla credibilità delle istituzioni. Forza Italia, anche con difficoltà, ha assunto le proprie decisioni assumendosi le responsabilità politiche delle scelte effettuate, indicando all’interno della propria assise regionale i propri rappresentanti. Il disastro istituzionale è, pertanto, da ascrivere esclusivamente alla maggioranza. Una nuova pagina nera per il centrosinistra che non solo non riesce a governare la Calabria, ma non riesce neppure a governare i propri consiglieri». 
Forza Italia si dice consapevole «di essere ormai l’unica opposizione credibile a questo centrosinistra, considerando il fatto che anche Ap fa da stampella alle decisioni della maggioranza e ha anteposto interessi personali al bene della Calabria. Restiamo sconcertati di fronte allo stallo di una maggioranza che, a causa dei suoi contrasti interni, continua a tenere ostaggio l’intera regione, dando vita ad una vera e propria paralisi istituzionale». 
La reazione ufficiale è nelle cose e dalle parti del Pd non se la prenderanno più di tanto. Interessante è però la riflessione che l’attuale vicepresidente di Palazzo Campanella, Pino Gentile, ha consegnato ai capigruppo: «In Consiglio esistono due minoranze, e una di queste non è affatto d’accordo con quanto dichiarato dall’altra». L’ex assessore regionale non si riferisce solo al voto favorevole di Ap al rinvio delle due sedute. Il suo accenno ricorda pure che gli alfaniani non sono per niente in sintonia con Fi, che ha designato il tandem Ferro-Tallini di fatto escludendo (o tentando di escludere) lo stesso Gentile.

IL RICATTO Quel che appare chiaro anche ai non scafati, è che, con questa mossa, il Pd ha messo spalle al muro soprattutto il suo governatore. Un ricatto politico bello e buono: Oliverio proceda con il rimpasto, altrimenti l’attività del consiglio regionale sarà paralizzata. Dopo tutto, è pur sempre possibile che, prima dell’11 settembre e in uno scenario politico immutato, un altro temporeggiatore chieda e ottenga un nuovo rinvio.

LA PROCEDURA La prospettiva può anche essere ribaltata. E dunque, come dice Orsomarso al Corriere della Calabria, potrebbe infine essere Oliverio «a tenere in ostaggio il consiglio regionale». Insomma, «c’è un’assembl
ea bloccata per le ragioni politiche di una maggioranza che non esiste più. Sarebbe meglio se si dimettessero e tornassimo al voto». E poi, potrebbe anche esserci un problema di procedure, perché «non si può sconvocare una seduta a meno di 24 ore dal suo svolgimento». La maggioranza, però, si appella all’articolo 38 del Regolamento interno, che prevede un’ipotesi di questo tipo, sebbene poco rituale.

ORLANDINO IL REPROBO E il caso Greco? La Conferenza si è apparentemente occupata anche della questione sollevata dal capogruppo di “Oliverio presidente”. Ecco cosa ha deciso: «I capigruppo hanno convenuto di valutare, alla ripresa delle attività consiliari, eventuali nuovi approfondimenti e modalità» in relazione allo svolgimento delle votazioni in aula. Ma la nota diramata da Palazzo Campanella non rende il clima di tensione registrato sul punto: tutti i capigruppo hanno criticato il “reprobo” Greco, accusato di aver in qualche modo reso pubblico un problema che doveva e poteva essere risolto in “famiglia”. L’ex sindaco di Castrolibero forse non era presente a molte votazioni avvenute il 29 giugno, malgrado il suo voto sia stato conteggiato dai verbali d’aula; ma è pur vero – hanno convenuto quasi tutti – che «è prassi consolidata manifestare all’Ufficio di presidenza la necessità o l’intenzione di allontanarsi dall’aula». Greco, quindi, non avrebbe detto il falso. Ma, anche su questo punto, non è stata consegnata una verità definitiva. Magari arriverà dopo.

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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