CATANZARO Il monopolio del mercato del pescato era uno dei tanti affari che la cosca Farao-Marincola di Cirò Marina gestiva sul territorio. I particolari di questo esercizio di potere li racconta il collaboratore di giustizia Francesco Farao, 36 anni, figlio del boss Giuseppe. Il giovane Farao racconta di come venisse gestito monopolisticamente il porto, i servizi portuali e di come vigesse l’ordine per i pescatori di consegnare il pescato ai Crugliano.
«Conosco i figli di Nardo Crugliano che sono tre e si chiamano Francesco, Mirco e Gennarino. Costoro, unitamente al figlio di Sasà Nigro che si chiama Vincenzo “u napoletano”, gestiscono completamente, in modo monopolistico il porto», racconta Farao al procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto e al sostituto Domenico Guarascio. «Solo Gennaro Crugliano e Vincenzo “u napoletano” sono assunti presso la Lega Navale, gli altri con la compiacenza dell’apparato comunale, ribadisco, unitamente a Leonardo Crugliano e allo stesso Sasà Nigro, dispongono di ogni servizio portuale, ivi compresa la gru. Gestiscono bar, persino un chiosco che è vicino ai locali della capitaneria di porto. Fino a qualche mese fa l’immobile comunale, dotato di sistema di refrigerazione, ove si sarebbe dovuta tenere l’asta del pescato, e che sarebbe dovuto essere occupato da più pescherie, era invece impegnato in via esclusiva, dai fratelli Antonio e Leonardo Crugliano. Costoro imponevano ai pescatori di consegnare loro il pescato. Qualche mese fa i due fratelli si sono divisi, in particolare Antonio con i figli Gennarino e Daniele, ha allestito un deposito ittico con relativo sistema di refrigerazione, nei pressi della propria abitazione. I pescatori erano disorientati dal fatto che Antonio e Leonardo Crugliano si facevano una concorrenza spietata, imponendo ai pescatori di consegnare il loro pescato».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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