Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 22:40
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

Il narcotraffico finanziato dai clan di Vibo – VIDEO

CATANZARO «L’importazione della marijuana dall’Albania era convinzione fosse appannaggio delle criminalità pugliese, noi abbiamo dimostrato il passaggio, questo salto che la ‘ndrangheta compie andand…

Pubblicato il: 01/03/2018 – 13:05
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Il narcotraffico finanziato dai clan di Vibo – VIDEO
Da sinistra: Barbera, Bombardieri, Gratteri, Rametta, Virno

CATANZARO «L’importazione della marijuana dall’Albania era convinzione fosse appannaggio delle criminalità pugliese, noi abbiamo dimostrato il passaggio, questo salto che la ‘ndrangheta compie andando in Albania mettendosi d’accordo con i produttori albanesi e scavalcando i pugliesi. Questa è una novità assoluta in termini investigativi e probatori. Questo mi fa dire che dove si muove, ahinoi, la ‘ndrangheta riesce ad affermarsi attraverso la violenza, la sua capacità, i suoi soldi». L’analisi del procuratore capo Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa dell’operazione “Stammer 2 – Melina”, sottolinea come i grossisti calabresi, nell’acquisto della marijuana, stessero prendendo il posto dei pugliesi che fino a quel momento avevano avuto il ruolo di intermediari. Tonnellate di marijuana provenienti dall’Albania venivano acquistate dai finanziatori calabresi, legati a famiglie di ‘ndrangheta del vibonese e del lametino per un commercio all’ingrosso che si estendeva poi in tutta Italia. Un traffico internazionale molto attivo che è stato stroncato dall’operazione “Stammer 2 – Melina” condotta dal Nucleo di polizia economico finanziario della Guardia di Finanza di Catanzaro e dal Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico) di Roma e coordinata dal procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, dall’aggiunto Giovanni Bombardieri e dal sostituto Camillo Falvo. Un’operazione che è la costola di “Stammer” messa a segno il 24 gennaio 2017 che portò al fermo di 54 soggetti accusati di far parte di una ramificata organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico dai marcati profili internazionali capace di pianificare l’importazione di 8 tonnellate di cocaina dal Sud America, in particolare alla Colombia.

L’EMANCIPAZIONE DEI CALABRESI «Diverse famiglie di ‘ndrangheta del vibonese e del lametino erano finanziatrici per l’acquisto di tonnellate di marijuana dall’Albania» ha spiegato il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa. La storia dei traffici ha vissuto due distinti momenti. In un primo tempo le ‘ndrine calabresi usavano come intermediari alcuni mediatori di Brindisi, al cui porto arrivava la merce. Quando si sono accorti che le coste tra l’Albania e Brindisi erano presidiate – soprattutto dopo 5 sequestri per un totale di 4000 chili di erba -, i calabresi hanno mollato i brindisini e hanno cominciato a muoversi in autonomia, prediligendo altre tratte e nuovi porti come quello di Ancora. «Il guadagno unisce le famiglie di ‘ndrangheta», sottolinea Bombardieri mettendo in luce come l’affare avesse creato un accorso criminoso tra le ‘nrine Fiarè di San Gregorio D’Ippona, Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto, Anello di Filadelfia e Franzè di Stefanaconi. Sopra tutte c’era l’egemonico cappello dei Mancuso di Limbadi, capeggiati da pezzi da 90 delle gerarchie mafiose come il boss Rocco Anello, Francesco Fiarè, Giovanni Franzé, Antonio Prostamo, Pasquale Pititto e Domenico Mancuso.
«Questi vendono all’ingrosso. Il fatto che siano stati coinvolti cinque soggetti di cinque regioni diverse, dalla Lombardia al Lazio, dà la misura di come il traffico avvenisse all’ingrosso, con decine di chili venduti. Era un’organizzazione che importava dall’estero e non vendeva mai al dettaglio. Ogni volta che c’è una cessione di droga c’è un passaggio di organizzazione, ognuna col suo target la sua fascia e la sua disponibilità economica, oltre che di prestigio criminale. Man mano che si scende al dettaglio, il rischio di venire scoperti è sempre più alto perché, come sappiamo, la distribuzione sulle piazze viene gestita spesso da tossicodipendenti che comprano, per esempio, cinque dosi, ricavandone una gratis”», ha spiegato Gratteri mettendo in risalto come l’Albania sia uno stato difficile, con un lato grado di corruttela e con i tre quarti del territorio ormai coltivati a marijuana. Ma la Guardia di finanza riesce ad avere una corsia preferenziale in quello Stato, ha stretto legami con la polizia giudiziaria locale e ne conosce il territorio, cosa che ha permesso di portare avanti le indagini senza inciampi.

CAPACITA’ DI RIGENERARSI «Dopo ogni sequestro – ha raccontato il colonnello Carmine Virno, comandante del Nucleo economico finanziario – le ‘ndrine avevano la possibilità di rigenerarsi, grazie anche all’arruolamento di nuove leve».
«Oggi concludiamo un’attività importante – ha affermato il generale Davide Rametta, comandante provinciale di Catanzaro – non solo per il numero degli arrestati ma per la caratura criminale degli arrestati. Abbiamo chiuso in maniera determinante il cerchio su una serie di indagini avviate un anno fa. Questa indagine mette in evidenza la capacità della ‘ndrangheta di diversificare gli investimenti: dal monopolio nel traffico di cocaina, ha fiutato l’affare dell’importazione della marijuana dall’Albania e ha investito». Soddisfazione è stata espressa anche dal generale Alessandro Barbera, comandante dello Scico, che ha parlato di «azione importantissima in un territorio che merita attenzione particolare». Molto soddisfatto anche il procuratore Gratteri che, come già espresso in altre occasioni, ha affermato: «Sono orgoglioso di lavorare nella la Procura di Catanzaro, vivo questa esperienza con entusiasmo».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

x

x