Reporter ucciso in Slovacchia, sono sette i calabresi arrestati
BRATISLAVA La loro famiglia è ben nota ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e agli investigatori. E anche loro, anche se non coinvolti direttamente in inchieste giu…


BRATISLAVA La loro famiglia è ben nota ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e agli investigatori. E anche loro, anche se non coinvolti direttamente in inchieste giudiziarie negli ultimi anni, non sono volti e nomi sconosciuti. Tanto che la Procura antimafia di Reggio Calabria da tempo aveva comunicato agli organi di polizia internazionale e alla polizia nazionale slovacca la necessità di monitorare le attività degli italiani fermati nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio del giornalista Jan Kuciak e della sua compagna: Antonino Vadalà, Sebastiano Vadalà, Bruno Vadalà, Diego Rodà, Antonio Rodà e due omonimi, Pietro Catroppa, di 54 e 26 anni. Il sospetto, spiega il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Gaetano Paci, «era nato focalizzando i movimenti degli arrestati, tutti appartenenti e collegati a famiglie mafiose di Bova Marina e di Africo Nuovo, per l’improvviso esplodere di posizioni di grande valore economico ed imprenditoriale in Slovacchia cui erano divenuti titolari: dalle iniziative sulle energie alternative, alle attività agricole e zootecniche». Attività sulle quali aveva puntato la sua attenzione Kuciak. Antonino Vadalà agli inizi degli anni 2000 è stato condannato per l’aiuto prestato a un latitante di ‘ndrangheta, mentre gli altri non risultano essere stati coinvolti in inchieste. Antonino Vadalà, in particolare, è anche imparentato col presunto boss dell’omonima cosca Domenico, detto “Lupo di notte”. I Vadalà, indicati come cosca dagli investigatori, sono dediti alle estorsioni ed al reimpiego dei capitali illeciti in attività imprenditoriali, soprattutto nel settore agricolo ed edile. La ‘ndrina è stata coinvolta nell’inchiesta “Bellu lavuru” – condotta in due tranche nel 2008 e nel 2012 – che portò alla luce il patto spartitorio, dopo anni di scontri, tra le cosche di ‘ndrangheta della fascia ionica reggina per accaparrarsi il denaro degli appalti per i lavori di ammodernamento della statale 106 ionica. Antonino Vadalà, il fratello Bruno ed il loro cugino Pietro Catroppa si sono trasferiti nell’Est europeo nel 2003 ma non hanno mai reciso i legami con le famiglie di origine e tornavano periodicamente in Calabria, soprattutto in estate per le vacanze o in occasione di feste e cerimonie dei familiari. Pietro Rodà, che in Slovacchia ha avviato una fiorente attività come allevatore di bestiame, lo ricordano ancora quando, in estate, a Condofuri, piccolo comune di 5.000 abitanti alle pendici dell’Aspromonte, girava per le strette strade del paese con la sua Ferrari. Un soggiorno che ha interrotto da un paio d’anni.
Nel corso delle perquisizioni domiciliari sono state arrestate in tutto una decina di persone, ha detto ai media il presidente della polizia slovacca Tibor Gaspar. La pista principale delle indagini è la criminalità organizzata, ha anche spiegato. «Dello sviluppo dell’inchiesta informeremo nel corso della giornata», ha riferito all’agenzia Tasr, Martin Waldl, del presidio della polizia. Kuciak aveva scritto su quattro famiglie calabresi, ritenute dell’orbita ndranghetista – Vadalà, Cinnante, Rodà e Catroppa – che nell’Est della Slovacchia svolgono attività imprenditoriali soprattutto nell’agricoltura. Il reporter aveva inoltre rivelato i legami dell’imprenditore Antonino Vadalà con l’assistente del premier Robert Fico, Maria Troskova, e il segretario del consiglio di sicurezza, Vilian Jasan. Entrambi si sono dimessi ieri.
«Vadalà – riporta Repubblica – classe 1975, di Melito Porto Salvo, aveva una vecchia condanna a un anno e sei mesi in Italia per aver favorito la latitanza di Domenico Ventura, boss di ‘ndrangheta ricercato per omicidio. Trasferitosi in Slovacchia, si lancia nell’affare energia e agricoltura mettendo le mani sui fondi europei: presenta un progetto per la produzione di energia da biomasse per 70 milioni ed entra in affari direttamente con Maria Troskova, ex finalista di Miss Mondo 2007, poi funzionaria del ministero dell’Economia e infine consigliera capo del premier Robert Fico».
L’ALLARME DELLA DDA SUI TRE ARRESTATI «Già da tempo la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria aveva ufficialmente posto all’attenzione degli organi di polizia internazionale e della polizia nazionale slovacca la necessità di monitorare le attività del gruppo dei calabresi arrestati perché sospettati di essere coinvolti nell’omicidio del giovane giornalista Jan Kuciack e della sua compagna», ha spiegato all’Ansa il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Gaetano Paci. «Anche in Slovacchia, stando alle prime fasi dell’inchiesta – ha detto ancora il capo della Dda reggina – emerge, preoccupante, l’affermarsi del “modello ‘ndrangheta”, capace di instaurare relazioni collusive con segmenti dell’establishment politico e amministrativo locale e condizionare a proprio vantaggio in maniera distorsiva e determinante in senso negativo i poteri locali nei territori in cui uomini della ‘ndrangheta si riposizionano. Lo abbiamo già evidenziato con le inchieste eseguite nei Paesi del nord Europa, ne emerge conferma, adesso, dell’espansione della ‘ndrangheta e dei suoi metodi corruttivi nei Paesi dell’est europeo dove, peraltro, non esistono gli stessi strumenti legislativi e le stesse prassi avanzate che abbiamo in Italia per contrastare efficacemente la ‘ndrangheta».