La Bcc che spendeva (quasi) tutto in cancelleria
ll capolinea, per la Bcc dei Due Mari, arriva il 17 ottobre del 2014. La cessione di attività e passività è una conclusione condivisa con tutte le altre banche commissariate negli ultimi decenni in C…


ll capolinea, per la Bcc dei Due Mari, arriva il 17 ottobre del 2014. La cessione di attività e passività è una conclusione condivisa con tutte le altre banche commissariate negli ultimi decenni in Calabria (tranne la Bcc di Scandale). In questo caso, come per le banche di credito cooperativo di Tarsia, parte della Banca di Cosenza e di San Vincenzo La Costa, la scomparsa dell’istituto di credito locale è andata ad alimentare l’espansione territoriale – per ora circoscritta al Cosentino – di Banca Sviluppo spa.
Quest’ultima ha subìto una trasformazione nel corso degli anni: nata per “guarire” le Bcc in difficoltà e poi restituirle al territorio, ha fatto incetta di sportelli calabresi, nei quali ha importato logiche gestionali molto diverse da quelle tradizionali del credito cooperativo.
Ma perché è finita la storia della Bcc dei Due Mari e quali sono le contraddizioni che l’hanno accompagnata? Per capirlo bisogna partire dalla nascita della banca.
L’INIZIO La storia inizia nel 2003 con la fusione delle Bcc di Terranova e di Villapiana. Due banche con un passato molto diverso: la prima nasceva da una serie di acquisizioni con gestioni non proprio illuminate. Villapiana, invece, pur essendo di piccole dimensioni, godeva di un profilo patrimoniale di tutto rispetto. È proprio questo patrimonio – circa 13 milioni di euro – a dare ampio respiro alla nuova banca, che si può dire in salute. A peggiorare la situazione ci pensano le politiche gestionali del management, molto propense a “partecipare” con finanziamenti a nuove ipotesi di impresa che proliferano grazie alle provvidenze della legge 488. I fondi in arrivo dall’Unione europea dovrebbero rilanciare la Calabria: in buona parte, invece, vengono sprecati.
LA CRISI Bastano due anni per gettare (quasi) alle ortiche i vantaggi della fusione. Lo racconta bene la verifica della Banca d’Italia. Dal settembre al dicembre del 2005 gli ispettori analizzano i conti della Bcc. Le loro conclusioni precorrono i crac di altri istituti di credito finiti di recente al centro delle cronache finanziarie. Le scelte manageriali provocano un deterioramento del credito. Ma non è tutto: i tecnici individuano pronunciati conflitti d’interesse insistenti fra figure apicali della governance aziendale e molte posizioni facilitate per importi significativamente alti e ad andamento fortemente anomalo. Il denaro gira soprattutto sui conti degli “amici”. E l’immissione di patrimonio (i 13 milioni della banca di Villapiana) si è già “deteriorata”. Lo scenario è una costante delle Bcc calabresi: crescono i crediti di dubbia esigibilità, aumentano le perdite. Le anomalie sono dappertutto. Sul piano creditizio, Banca d’Italia segnala maggiori sofferenze nella misura di 12,7 milioni di euro, maggiori previsioni di perdita per 8,9 milioni di euro e maggiori incagli per 17,8 milioni di euro. Si passa, poi, per «l’avvenuta negoziazione di assegni “non trasferibili” a soggetti diversi dai beneficiari». E «per l’incauto pagamento di recapiti della specie dieci dipendenti della Bcc sono stati raggiunti (giugno 2005) da avvisi di garanzia emessi nell’ambito di una truffa perpetrata ai danni dell’Inps». I sistemi di controllo e quelli di sicurezza informativa fanno acqua. E i conti non tornano neanche sul versante della spesa, «non disciplinata né assoggettata a controlli puntuali». Gli ispettori citano «gli oneri per i lavori di ristrutturazione della filiale di Cantinella – originariamente stimati in 304mila euro e ascesi a oltre 700mila euro – nonché quelli concernenti i locali, in affitto, ove sono ospitate le filiali di Castrovillari e Corigliano Scalo, complessivamente superiori a 300mila euro». Si spende e si spande: pure in cancelleria, con 464mila di “investimento” nel triennio 2003 e il 2005, e forse non è un caso che ci sia un rapporto di affinità tra un membro del cda e l’azionista di maggioranza della società fornitrice. Agli ispettori non sfugge neanche l’affidamento, costato 80mila euro per due anni, a una società esterna della gestione degli archivi cartacei senza una esplicita valutazione dell’opportunità di ricorrere a questa soluzione.
Ancora: si registrano attività al limite dell’abusivismo bancario poiché vengono registrate operazioni effettuate nella piazza di Malvito oltre la data di comunicazione di chiusura della filiale (operazioni altrettanto “abusive” sono segnalate presso il mercato ittico di Schiavonea.
STRANE SCELTE Il quadro nel 2005 è drammatico: ci sono tutti i presupposti per pensare a un commissariamento della Bcc. Sembra la scelta migliore, perché tutto sommato i margini patrimoniali (c’è una parte del “tesoretto” di Villapiana) consentirebbero di rimettere in carreggiata i conti. Incredibilmente, invece, Bankitalia impone alla banca di accantonare più patrimonio non impegnandolo in rischi creditizi e promuove un mini rimpasto nel consiglio d’amministrazione. In queste condizioni, la Bcc dovrebbe concentrarsi solo sul recupero del credito deteriorato e sulla sua normalizzazione. Invece, negli anni successivi, l’aumento delle esposizioni creditizie è evidente. Il 2006, infatti, registra un incremento del 6% degli impieghi verso la clientela: + 16,7 milioni rispetto ai 273 milioni del 2005. A beneficiare di questo incremento (in teoria vietato dalle prescrizioni dell’organo di vigilanza) sono le posizioni di più importanti, quelle oltre la soglia dei 500mila euro. Proprio quelle attenzionate dagli ispettori, insomma. E talvolta con conflitti di interesse con esponenti del cda. Sembra incredibile, eppure Bankitalia viene aggiornata mese dopo mese di quello che accade (cioè il contrario di ciò che aveva “ordinato”). Si limita, però, almeno fino al 2008, a comunicazioni e audizioni. Pannicelli caldi contro una voragine che si allarga.
GLI ISPETTORI, DI NUOVO Dato che nessuno ci ascolta, pensano (con un certo ritardo) a Roma, inviamo un’altra ispezione. Il risultato dei nuovi controlli è, ancora, sconcertante. Una bocciatura su tutta la linea. Il cda viene accusato di non aver «assunto i provvedimenti sollecitati dall’Organo di Vigilanza, volti a rimuovere le forti criticità aziendali (…). Trascurando l’adozione di misure idonee a recuperare correttezza operativa e garantire il presidio dei diversi profili di rischio, segnatamente di quello creditizi». Al solito, le spese di cancelleria sono uno dei tasti dolenti: dal 2006 alla data del nuovo intervento ispettivo i funzionari evidenziano spese per complessivi 1,2 milioni di euro (quasi tre volte la spesa registrata a margine del verbale del 2005) ancora in presenza di conflitto d’interessi. Conflitto d’interessi che non era stato rappresentato al Cda. Il grande interesse per la cancelleria non è l’unico elemento anomalo. C’è anche una commistione tra il presidente del collegio sindacale e un gruppo di clientela particolarmente esposto verso la Bcc. Gli ispettori riscontrano infatti una mail con cui il soggetto di riferimento del gruppo in questione sollecita l’Ufficio Fidi alla concessione di un mutuo destinato alla copertura di rate in prossima scadenze, così come da accordi intervenuti per le vie brevi con il presidente del collegio sindacale (che da tempo svolgeva attività di consulenza per quello stesso gruppo). È una gestione poco più che familiare ma riguarda milioni di euro e influisce sull’economia del territorio gettando via il denaro dei risparmiatori. Come? Ad esempio concedendo un mutuo chirografaro (quindi con sole garanzie personali, peraltro non particolarmente solide), nel giugno 2007, per la “modica” cifra di 1,2 milioni di euro con alla base una inadeguata valutazione da parte dell’Ufficio Fidi. Quasi un regalo. Al quale si sommano approfondimenti insufficienti in materia antiriciclaggio e conti praticamente in dissesto. La decisione di Bankitalia pare quasi scontata: non resta che il commissariamento. E invece no, si va avanti con un «significativo ricambio degli organi» e una sanzione pecuniaria. È la seconda volta che si evita di commissariare. Inizia così un altro giro di scelte incomprensibili. (3 – continua)
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it