Pd Vibo, la “vendetta” di Censore: procedimento contro De Nisi
VIBO VALENTIA Per Bruno Censore, il “grande sconfitto”, è arrivato il momento di regolare i conti. E di trovare un capro espiatorio per la debacle rimediata alle ultime politiche del 4 marzo, che han…


VIBO VALENTIA Per Bruno Censore, il “grande sconfitto”, è arrivato il momento di regolare i conti. E di trovare un capro espiatorio per la debacle rimediata alle ultime politiche del 4 marzo, che hanno visto il Pd e l’ormai ex deputato soccombere davanti all’avanzata del centrodestra di Peppe Mangialavori e Wanda Ferro.
Per i dem è insomma iniziata la notte dei lunghi coltelli, che potrebbe anche portare all’espulsione dei dissidenti interni. Di uno, in particolare. Va forse letto in questa chiave il procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’ex presidente della Provincia Francesco De Nisi, accusato di aver “inciuciato” con il centrodestra in occasione dell’ultima campagna elettorale e di aver quindi tenuto «un comportamento contrario ai principi di lealtà e appartenenza al partito previsti dallo Statuto e dal Codice etico». Gli addebiti sono messi nero su bianco nella comunicazione che la Commissione di garanzia ha inviato allo stesso De Nisi, a cui proprio oggi è stato notificato l’avvio del procedimento disciplinare al termine del quale, come recita il Regolamento, potrebbero essere decretati il proscioglimento oppure sanzioni «proporzionali al danno recato al partito». Ovvero il richiamo scritto, la rimozione della responsabilità nelle organizzazioni del Pd, la sospensione e, nei casi più gravi, la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti – l’espulsione, dunque.
LA LETTERA Il procedimento a carico di De Nisi (che, secondo alcune fonti, non avrebbe nemmeno rinnovato la tessera) nasce «da una lettera firmata da segretari di circolo, sindaci e dirigenti iscritti al Partito democratico con la quale veniva richiesto di prendere in esame il comportamento» dell’ex presidente della Provincia in occasione «della campagna elettorale politiche 2018». I firmatari, dopo aver sottolineato il presunto comportamento sleale di De Nisi, hanno fornito alla Commissione di garanzia «articoli di stampa e documentazione fotografica» che dimostrerebbero «il sostegno diretto dell’iscritto Francesco De Nisi ai candidati del centrodestra Giuseppe Mangialavori e Wanda Ferro (eletti, rispettivamente, al Senato e alla Camera, ndr), anche attraverso la partecipazione a eventi e momenti di convivialità durante la campagna elettorale».
Due le foto incriminate (la storia l’abbiamo raccontata qui): una ritrae De Nisi mentre chiacchiera per strada con Mangialavori; l’altra riguarda invece il membro della Direzione regionale del Pd Michele Soriano (al momento non si hanno notizie circa l’avvio di un procedimento a suo carico), immortalato a una cena cui partecipavano gli stessi neo parlamentari del centrodestra.
GRAVE DANNO Secondo la Commissione, il comportamento di De Nisi avrebbe «determinato un grave danno e pregiudizio» all’immagine del Pd, «presente con proprio simbolo e propri candidati» alle elezioni del 4 marzo. Una motivazione sufficiente per mettere “sotto accusa” l’ex presidente della Provincia, nonché già candidato del Pd alle regionali del 2014.
Non è difficile scorgere la mano di Censore dietro il procedimento contro De Nisi. L’ex deputato, che di recente ha dovuto inghiottire anche la decisione del governatore Oliverio di non farlo entrare nella giunta regionale, è il vero padre-padrone del partito vibonese assieme ai suoi due luogotenenti, il segretario “ufficiale” Enzo Insardà e il consigliere regionale Michele Mirabello. Nel Pd provinciale tutte le decisioni o quasi passano da Censore. Che, evidentemente, dopo le ultime batoste elettorali e politiche, ha optato per la linea dura contro gli oppositori, per una vendetta in piena regola.
TU QUOQUE In realtà, il comportamento di De Nisi pare coerente nell’incoerenza, dal momento che i rapporti con tutta l’ala censoriana risultano compromessi ormai da molto tempo. L’ex numero uno della Provincia e l’ex parlamentare si detestano apertamente, e dunque nessuno poteva legittimamente aspettarsi che De Nisi appoggiasse il Pd, un partito sempre più lacerato dalle lotte interne, come dimostra l’episodio avvenuto lo scorso novembre, con la polizia costretta a intervenire durante il congresso del circolo di Vibo per placare una scaramuccia tra Insardà e lo stesso Soriano.
«Ma Censore – si chiede un dirigente dem – ha le carte in regola per poter accusare qualcun altro di scarsa fedeltà al partito?». I dati elettorali hanno infatti irrobustito i sospetti di quanti sostenevano che il politico dem – candidato nel maggioritario, quindi sostenuto dal suo e dagli altri partiti della coalizione – avesse condotto una campagna non a esclusivo favore del Pd, ma anche di Civica popolare di Beatrice Lorenzin. Una moral suasion politica che avrebbe avuto uno scopo preciso: mantenere invariati i dati a favore di Censore e al tempo stesso danneggiare il primo candidato del Pd al proporzionale, Antonio Viscomi. Indicazioni elettorali che avrebbero riguardato anche il territorio catanzarese, dove pure il consigliere regionale Vincenzo Ciconte, deluso per la mancata candidatura, avrebbe remato contro l’allora vicepresidente della giunta.
Ipotesi, certo, anche se i dati sembrano consegnare una qualche conferma in questo senso. Censore, quale candidato all’uninominale, è arrivato terzo con il 25% delle preferenze, staccando nettamente il suo partito, che si è fermato al 20. Civica popolare, invece, a fronte dello 0,5% ottenuto a livello nazionale, nel collegio di Vibo ha conquistato uno strabiliante 2,4%.
Coincidenze? Forse sì, forse no. Ma è comunque interessante il commento espresso da qualche esponente dem sul caso De Nisi. Suona più o meno così: «Tu quoque, Bruno».
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it