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«Il congresso del Pd calabrese comincia oggi» – VIDEO

LAMEZIA TERME «La fase congressuale si apre ufficialmente oggi». È quanto ha dichiarato il segretario uscente del Pd calabrese Ernesto Magorno durante l’assemblea regionale dei dem in corso a Lamezia…

Pubblicato il: 26/03/2018 – 17:55
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«Il congresso del Pd calabrese comincia oggi» – VIDEO

LAMEZIA TERME «La fase congressuale si apre ufficialmente oggi». È quanto ha dichiarato il segretario uscente del Pd calabrese Ernesto Magorno durante l’assemblea regionale dei dem in corso a Lamezia Terme. «Dopo la Direzione regionale – ha detto – toccherà a una commissione fissare le regole congressuali per la scelta del nuovo segretario». «Il mio mandato è scaduto il 23 febbraio e non sono, dunque, un dimissionario», ha aggiunto Magorno, che ha ribadito di aver «rifiutato di essere “congelato” per portare il partito al congresso. Chi vuole le dimissioni vuole una sede vacante e il commissario».
«Sono convinto della necessità del congresso per ricostruire il partito in Calabria», ha proseguito Magorno. «Per il Pd ci sono solo due alternative: o il congresso o la mortificazione del commissariamento». Magorno ha anche indicato la data del congresso «nella metà di giugno e comunque non oltre giugno». «Sono pronto a discutere la data – ha aggiunto – ma non l’indizione del congresso. Chi non lo vuole, lo dica adesso e chieda il commissariamrnto senza riempire la rete e le redazioni di analisi autoassolutorie». «Per me – ha continuato Magorno – non è una resa dei conti. Io non sarei mai stato in grado di dire quello che su di me è stato detto in questi anni. Gli ultimi risultati elettorali chiamano in causa tutta la classe dirigente, compreso il segretario regionale. In tutte le regioni perdenti i segretari sono stati “congelati”, invece io mi sono assunto la responsabilità del disastro elettorale. È colpa del segretario regionale se abbiamo perso il 4 marzo e se abbiamo perso a Lamezia, Vibo, Catanzaro. Non ho alcun merito per la vittoria alla Regione e a Reggio. Ma le sconfitte sono solo di chi ha guidato il partito? E le classi dirigenti dove sono? Nessuno sente il dovere di fare autocritica? È conveniente ricorrere allo scaricabarile rimpallando responsabilità che sono anche proprie ?». «Credete – ha domandato ancora il neo senatore – che il 14% ottenuto in Calabria parli solo di Magorno? O non contiene invece il fallimento di una classe dirigente disattenta?». «Ho sostenuto il governatore Oliverio – ha sottolineato – con lealtà, a differenza di chi non è mai riuscito a superare le contraddizioni congressuali. Io non ho ottenuto il riconoscimento che io da subito ho dato a Oliverio. Il nuovo segretario non dovrà quindi dividere, come me, ma unire. Il giudizio su Oliverio – ha concluso Magorno – era e resta positivo, ma serve un radicale cambio di passo nell’amministrazione regionale. La disponibilità del governatore a ricandidarsi è un atto di grande responsabilità».
La riunione dell’assemblea regionale è stata introdotta dal segretario organizzativo Giovanni Puccio: «Il 4 marzo – ha detto Puccio – abbiamo registrato una sconfitta netta e chiara che parte da lontano. Il risultato – ha aggiunto – interroga ognuno di noi, che dobbiamo mettere insieme forze ed energie per ripartire. Dobbiamo tornare a capire le pieghe della società e non essere più solo il partito del governo e del potere».
«Ho pagato l’ostilità della stampa e questo prezzo l’ha pagato anche la mia famiglia, mia moglie e finanche mia figlia. Hanno tentato di demolirmi ma non ci sono riusciti». È quanto ha dichiarato il segretario uscente Ernesto Magorno nel corso della sua relazione davanti all’assemblea calabrese in corso a Lamezia Terme. «Io – ha proseguito – continuerò a garantire il mio impegno per il partito, senza le remore che il segretario regionale doveva avere. Non è stato facile guidare il partito dopo un commissariamento che ha fatto più danni della bomba di Hiroshima. Fino alla fine sono stato un generale che ha avuto uno stato maggiore che conduceva battaglie di retroguardia in un gioco politico che vedeva schieramenti l’un contro l’altro armati. In questo partito ci si sente nemici, e le liti ci hanno impedito di pensare a organizzare il Pd».
«Il Pd – ha aggiunto – deve proporre il progetto che non sono stato capace di proporre io, il partito si ricostruisce ripartendo dai territori».
«Spetta alla classe dirigente – ha continuato – trovare quella sintesi che io non sono stato capace di realizzare. La comunità democratica è attesa da tante sfide e sarà in grado di affrontarle».

GLI AVENTINIANI «Il voto ha recapitato un avviso di sfratto a questo governo regionale». Non usa mezzi termini Carlo Guccione durante un suo intervento a margine dell’assemblea. «Se continuiamo così – ha detto ancora -, rischiamo davvero di non giocarci la partita alle prossime elezioni regionali. Si tratta di avviare un processo che ci permetta di verificare se ci sono le condizioni affinché il Pd possa nascere. Questo sarà possibile solo se non ripetiamo i vecchi riti e se apriamo una fase costituente per verificare questa disponibilità. Quanto alla questione del governo regionale, è necessario avviare una svolta, che non può essere la solita ripartenza».
«Non possiamo fare un richiamo alla collettività quando il nostro modello di partecipazione è stato escludente, peggiore di quello di Putin», ha attaccato Demetrio Naccari Carlizzi. Secondo cui è necessario «fare un congresso subito per rimettere in moto un sistema che fino a ora ha favorito la desertificazione». Questa fase dovrà essere preceduta da una «fase costituente». Naccari ha inoltre proposto un nuovo regolamento che «modifichi il sistema della partecipazione» e che preveda anche la consultazione degli iscritti. Per l’ex sindaco di Reggio e assessore regionale è poi necessario «prendere atto del fallimento della nostra proposta politica, altrimenti non potremo proporre una piattaforma nuova e usciremo altre debacle alle europee e alle regionali».
«Il Pd rischia di scomparire, dobbiamo trovare le ragioni per resistere». Questo l’appello di Franco Laratta, convinto che i dem abbiano bisogno «di politica vera, non di un congresso farsa». Laratta si è anche detto contrario a una giunta tecnica «perché la politica deve metterci la faccia o i cittadini ci cacceranno a calci». Infine, la proposta per la guida del partito: «Il segretario regionale non sia nessuno di noi».

VISCOMI: RIPRENDERE DISCORSO COL RESTO DEL MONDO A giudizio del deputato Antonio Viscomi il Pd calabrese corre il rischio di svolgere «una mera rappresentazione selfistica di un partito che si guarda senza comprendersi». Ma l’assemblea è anche una «opportunità», a patto di riuscire a «riprendere un discorso che si è interrotto tra noi e il resto del mondo». Per farlo, bisogna ripartire dal «coraggio della verità, dal parlare chiaro e dal pensiero lungo». Il Pd deve insomma «tornare a essere il luogo di un pensiero collettivo», dove ciò che conta non è «conquistare il partito, ma riconquistare gli elettori». Durissime le parole di Mario Franchino: «La relazione di Magorno è inadeguata e non tiene conto di ciò che è successo: non è stata una sconfitta, è stata una catastrofe. Se tutto il partito calabrese fosse stato convocato mesi fa, forse avremmo perso di meno. È necessario azzerare tutto». L’ex consigliere regionale ha analizzato il voto nel Cosentino: «Nel collegio abbiamo candidato un ex assessore regionale di centrodestra (Giacomo Mancini, ndr). Non sono state candidature in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini». Momenti di tensione al termine dell’intervento di Franchino, con l’area che fa capo a Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo che ha rivendicato a gran voce i risultati ottenuti a Cosenza città.
Secondo il segretario provinciale Luigi Guglielmelli, il problema del Pd «è più grande di Magorno e di Guglielmelli, il voto calabrese è in linea con quello italiano e del Mezzogiorno, ed è maledettamente omogeneo». Per Guglielmelli, in ogni caso, «Magorno ci lascia un partito in grado di decidere il suo futuro». Il commissariamento dovrà essere evitato anche a parere del presidente della Provincia di Catanzaro Enzo Bruno: «Sarebbe l’azzeramento della democrazia».

p. bel.

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