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La difficile (ennesima) ripartenza del Pd

LAMEZIA TERME Ore 16, Grand Hotel Lamezia: la ripartenza del Pd dopo la sconfitta (o disfatta o catastrofe: la declinazione cambia a seconda della corrente interne) del 4 marzo non è delle più facili…

Pubblicato il: 26/03/2018 – 11:28
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La difficile (ennesima) ripartenza del Pd

LAMEZIA TERME Ore 16, Grand Hotel Lamezia: la ripartenza del Pd dopo la sconfitta (o disfatta o catastrofe: la declinazione cambia a seconda della corrente interne) del 4 marzo non è delle più facili. L’assemblea regionale del partito torna a riunirsi lunedì dopo essere stata, di fatto, scavalcata dall’ultima riunione di maggioranza celebrata alla Cittadella regionale. In quella sede, quello che è diventato il corpaccione oliveriano dei consiglieri regionali (tutti meno uno, Carlo Guccione, considerato all’opposizione) ha già “scelto”: giunta di alto profilo – senza consiglieri regionale né sconfitti dell’ultima tornata elettorale, e senza tecnici con velleità di ricandidatura – e possibile (deciderà lui) ricandidatura di Oliverio alla presidenza della Regione nel 2019. Messa così, pare che alla riunione lametina restino soltanto le briciole, un dibattito interno sugli errori del passato e l’impostazione del(l’eterno) rilancio dem. Non che manchino la carne al fuoco e i distinguo.
Si aprirà con la relazione di Ernesto Magorno. Non proprio anticipata nei giorni scorsi, ma i punti salienti sono già emersi. «Mi assumo per intero la responsabilità politica della disfatta», è andato ripetendo Magorno nelle ultime settimane, per poi aggiungere: «Ma gli altri non hanno nulla da farsi perdonare?». E per evitare equivoci stringe il cerchio: «Chi ha scelto, gestito, governato, deciso, disposto può continuare a sottrarsi alle sue responsabilità politiche?». Il segretario uscente ha mente una road map che porti al congresso. Non ci sono date precise ma una preferenza per metà maggio.
Al solito, emergerà tra le opzioni quella dell’accordo unitario, auspicato da Oliverio sul modello della pax calata sulla rappresentanza a Palazzo Campanella. La strada verso l’unità – spianata in consiglio regionale –, però, non pare in discesa. Anche perché i territori, altra entità evocata a più ripresa nella fase post elettorale, ribollono. A Vibo è scontro aperto (o resa dei conti o vendetta: dipende sempre da quale corrente la si osserva) tra Bruno Censore, Francesco De Nisi e Michele Soriano sul comportamento tenuto dagli ultimi due in campagna elettorale. L’accusa è quella di “intelligenza col nemico”: cene e incontri più o meno riservati per sostenere il centrodestra (leggasi Wanda Ferro all’uninominale contro lo stesso Censore). La richiesta è quella di una sanzione disciplinare anche se uno dei due presunti reprobi (De Nisi) potrebbe addirittura non essere iscritto al partito.
Se Vibo ribolle, a Cosenza un pezzo di partito è addirittura in rivolta. Chiedere agli orlandiani del consigliere regionale Carlo Guccione. Oliverio & co. lo considerano un oppositore tout court. Guccione chiede una fase costituente per «un Pd che non è mai nato, piuttosto che un congresso per mettere a tacere i contrasti». Domenica, da queste colonne, il coordinatore regionale dei franceschiniani Laratta chiedeva di aprire il partito «alle nuove generazioni, alla società, a tutti quei mondi che non si sentono rappresentati. Basta con il partito chiuso e autoreferenziale: la nostra gente sta scappando via, stanca della nostra inconsistenza». E ammoniva: «Sbrighiamoci o ci cacceranno a calci». Il consigliere regionale Domenico Bevacqua, invece, non parteciperà all’assemblea per motivi di famiglia ma propone il suo percorso per uscire dalle secche: «Ritengo corretto che l’assemblea prenda atto delle dimissioni del segretario regionale e affidi la gestione del percorso congressuale a una commissione di garanzia, che garantisca sul serio tutti e non i soliti quattro amici, i quali dovrebbero semplicemente provare a fare un sano passo indietro».

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