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Cosche infiltrate nel bagarinaggio della Juve, arrivano le condanne

La Corte di Cassazione ha sostanzialmente confermato le condanne inflitte in appello a carico di esponenti del clan Pesce-Bellocco coinvolti nell’inchiesta “Alto Piemonte”

Pubblicato il: 18/04/2019 – 20:43
Cosche infiltrate nel bagarinaggio della Juve, arrivano le condanne

ROMA Sono state confermate quasi integralmente dalla Cassazione le condanne emesse nel luglio 2018 dalla corte d’appello di Torino per il processo “Alto Piemonte” sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel nord-ovest, compreso il business dei boss calabresi della cosca Bellocco-Pesce di Rosarno legato al bagarinaggio dei biglietti della Juventus. La Suprema Corte infatti ha disposto solo qualche limitato annullamento con rinvio, per l’appello bis, in relazione a singoli capi d’accusa per otto dei dodici imputati; fra questi l’ex capo della tifoseria bianconera Fabio Germani che, dopo essere stato assolto in primo grado, è stato condannato in appello a quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione con l’accusa di aver ‘introdotto’ esponenti del clan nel giro dei biglietti. La posizione di Germani era l’unica per la quale il Pg della Cassazione nella sua requisitoria aveva dato disco verde all’accoglimento del ricorso. In appello erano stati condannati in 14, ma in due hanno ritirato il ricorso alla Suprema Corte. Per vari reati che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, alle armi e alle estorsioni, erano stati condannati in appello Antonio Agresta (2 anni), Giuseppe Avenoso (3 anni, 10 mesi e 10 giorni), Fabio Bruzzesi (3 anni e 4 mesi), Rocco Dominello (5 anni) e suo padre Saverio (8 anni e 8 mesi), Antonio Miccoli e Diego Raso (per entrambe, 13 anni e 2 mesi), Enrico Raso (8 anni e 8 mesi), Giovanni Raso classe 1963 (8 anni e 7 mesi e 10 giorni), Giovanni Raso classe 1967 (6 anni 11 mesi e 10 giorni), Giuseppe Sgrò (7 anni), oltre a Germani di cui si è detto.   La sentenza d’appello ripercorreva la storia dei rapporti tra boss, tifoseria organizzata e dirigenza bianconera, sposando quasi integralmente la ricostruzione dei pm. Compreso il passaggio in cui Rocco Dominello chiede all’ex dg Beppe Marotta (mai indagato) di organizzare un provino per il giovane figlio di Umberto Bellocco. Era da «almeno dieci anni» (secondo il Pg torinese Marcello Tatangelo) che la ‘ndrangheta aveva messo le mani sulla spartizione dei biglietti, ma a vincere la partita nel 2012, fu Rocco Dominello, che approfittò di un «vuoto di potere» generato da un’ondata di arresti e, sfruttando l’amicizia di Germani. Le carte processuali hanno dipinto una Juventus quasi succube e «ben disposta a fornire ai gruppi ultras cospicue quote di biglietti e abbonamenti perché li rivendessero, ottenendo in contropartita l’impegno a non porre in essere azioni violente per spartirsi l’affare. Dominello garantiva l’equilibrio».

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