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«Via della Seta, Gioia perde un’altra occasione»

di Enrico Caterini*

Pubblicato il: 29/04/2019 – 8:50
«Via della Seta, Gioia perde un’altra occasione»

Con questo Governo e con questa Regione, senza potere contrattuale e incapace di pretendere, continuano le sconfitte per la Calabria. Perdura la logica della sua emarginazione dai circuiti generativi di ricchezza e lavoro. Continua il suo svuotamento persino delle residue speranze.
È quanto si ricava dalla “ultima cena” offerta il 26 aprile scorso a Pechino dal premier cinese Xi Jimping a conclusione del giro effettuato in Europa dai maggiorenti, politici ed economici, con gli occhi a mandorla per dare vita alla nuova “Via della Seta”.
Pollice in alto per la gestione dei porti Genova e Trieste, da sempre super tutelati. Pollice in giù per Gioia Tauro, esclusa inconcepibilmente dagli itinerari produttivi dell’iniziativa “Maritime Silk road port cooperation mechanism”, cui è stata sottratta la migliore opportunità di crescita degli ultimi anni. Una grande area portuale che, anziché essere una infrastruttura da tutelare, coccolare e utilizzare nell’ottica di incrementare le ricchezze e le occasioni di lavoro della regione e del Paese, viene puntualmente esclusa dai più importanti progetti, nonostante sia il più prestigioso cancello sull’intero Mediterraneo.
Dunque, un’altra occasione persa per Gioia Tauro – dalla quale mancata chance sarà difficile riprendersi, facendo saltare le prospettive future affidate alla Zes, alla quale si è sottratta (ahinoi) la territorialità regionale che avrebbe fatto tanto bene alle zone escluse (vedi, per esempio, alto Tirreno cosentino e basso Jonio) – costruita intorno ad essa, indiscussa capitale portuale del Mare Nostrum, autentica ricchezza per la circolazione internazionale delle merci.
Tutto questo ha generato un ulteriore danno incalcolabile alla Calabria. L’esclusione di Gioia Tauro dall’importante iniziativa perfezionata dalla Cina con i Paesi della Unione Europea – alcuni dei quali invero hanno dimostrato un certo scetticismo “contrattuale” impauriti da una possibile invasione dei rispettivi mercati e patrimoni da parte degli asiatici – sottrae alla Calabria la possibilità di godere dell’utilità di una ulteriore importante occasione.
Il riferimento va all’accordo perfezionato tra la Cassa depositi e prestiti (Cddpp) – sempre di più proiettata ad assumere il ruolo da protagonista finanziario esercitato sino ad oggi dalla Banca d’Italia – e la omologa struttura cinese. Un accordo finalizzato a costituire un Fondo di cooperazione industriale destinato a finanziarie i progetti della “Belt and Road Initiative” (BRI), che rappresenta il programma del governo cinese inteso a finanziare, al di fuori dei propri confini, oltre 1.000 miliardi di dollari da investire in infrastrutture dislocate nei numerosi Paesi partner dell’iniziativa. Sostanzialmente, attraverso il ricorso ad un siffatto fondo si sarebbero potuti realizzare anche nella Calabria di Gioia Tauro investimenti fissi e durevoli (strade, ponti, ferrovie, porti e aeroporti) nonché impianti di energia e sistemi di comunicazione per facilitare e offrire nuove opportunità produttive e commerciali da intrattenere tra Italia e Cina (e non solo). Sarebbe stato il modo per cambiare faccia alla Calabria, da soggetto assistito a soggetto attivo del mercato, e per incrementare il suo patrimonio produttivo, promesso sempre e mai realizzato.
Ma si sa, di tutte queste cose la Calabria non ha bisogno!
*docente UniCal

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