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«Medici e infermieri dagli ospedali alle scrivanie della Regione»
Il sindacato Csa-Cisal torna sulla vicenda del personale delle Aziende al lavoro in assessorato: «Strutture sanitarie svuotate»
Pubblicato il: 02/06/2019 – 11:36
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CATANZARO «Continua l’invasione del personale proveniente dalle aziende sanitarie provinciali e dalle aziende ospedaliere che, invece di essere impiegati negli enti di provenienza per far fronte alla diffusa situazione di emergenza del Servizio sanitario regionale di cui si discute finanche in Parlamento, sono dirottati nel Dipartimento regionale Tutela della Salute. In alcuni casi, si tratta di medici e infermieri del pronto soccorso che invece di essere impiegati per dare risposte ai pazienti calabresi hanno trovato una comoda occupazione in ufficio». E’ quanto denuncia il sindacato Csa-Cisal, che torna su una vicenda sulla quale già alcune settimane fa ha sollevato l’attenzione, parlando di «Dipartimento Tutela della Salute malato», di «contagio degli utilizzati» che «non si ferma mai» e osservando che «nuovi recenti sviluppi dimostrano come il caso stia assumendo contorni sempre più paradossali».
I CONTROSENSI DELLA VICENDA Csa-Cisal in premessa evidenzia: «Ci eravamo lasciati (leggi qui la notizia) con il maxi decreto, il numero 3702, del direttore generale del Dipartimento di Tutela della Salute Antonio Belcastro attraverso cui si prorogavano ben 42 utilizzi allora esistenti fino al dicembre 2020. L’atto risale al 25 marzo. Dopo la denuncia del sindacato, si è appreso che qualcosa è cambiato. Il 7 maggio, con decreto numero 5580, lo stesso direttore generale decide di modificare la durata dell’utilizzo: non più fine dicembre 2020 bensì fine giugno 2019. Le motivazioni del provvedimento – aggiunge Csa-Cisal – sono francamente scarne poiché si richiama la riorganizzazione in atto del Dipartimento stesso. Peccato che la stessa sia stata assunta il 13 marzo scorso (decreto numero 3122), quindi ben 12 giorni prima del primo decreto che prorogava gli utilizzi per oltre un anno e mezzo (decreto numero 3702). Non si capisce perché soltanto dopo ci si è accorti che bastavano pochi mesi per completare la riorganizzazione, peraltro arbitrariamente stimata entro giugno 2019 (e tutta da verificare)». Secondo il sindacato Csa-Cisal «il fatto più grave è che nonostante l’accorciamento dei tempi dei 42 “prestati” da Asp e aziende ospedaliere (e non certo per soccorrere gli enti in difficoltà come ci si poteva attendere) ci sono stati nuovi utilizzi. Un controsenso inconcepibile». Il sindacato ne ha infatti contati ben altri 5. «Insomma – osserva Csa-Cisal – da un lato si dice che i dipendenti dovranno tornare presso le Asp e gli ospedali di appartenenza più presto di quanto precedentemente stabilito, dall’altro però il Dipartimento Tutela della Salute ne prende ancora, ancora e ancora».
I NUMERI DELL’”INVASIONE” Csa-Cisal sostiene che «i numeri dell’invasione sono presto fatti. Ad oggi risultano 47 utilizzati. Il primato spetta all’Asp di Catanzaro con 16. A ruota l’ospedale di Catanzaro Pugliese-Ciaccio con 10, mentre l’altro del capoluogo, Mater Domini, ne dà alla Regione altri 3. Si difende l’Asp di Cosenza con 7 utilizzati. L’Asp di Crotone e l’Asp di Reggio Calabria ne contano 3 a testa, mentre l’Asp di Vibo Valentia 2. Infine l’ospedale Annunziata di Cosenza ne manda 2 e un’unità arriva pure dal Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria. Si è fatto bingo: meno professionisti nelle corsie dei reparti degli ospedali e più scrivanie e comodi uffici per alcuni “prescelti”. Il Dipartimento di Tutela della Salute nonostante quasi tutte le aziende presentino problemi di bilancio oltre, in molti casi, a non essere in grado di assicurare prestazioni sanitarie essenziali, proprio a causa della carenza di personale, continua a “drenare” dipendenti dagli enti del servizio sanitario regionale». Un aspetto che il sindacato Csa-Cisal definisce «ancora più ingiustificabile alla luce del blocco del turn over, recentemente scattato a seguito della trasmissione formale del verbale del Tavolo “Adduce”, che potrà essere sventato solo con l’introduzione della deroga prevista nel Decreto Calabria che ancora oggi deve completare l’iter parlamentare di conversione in legge».
«A COSA SERVONO I “PRESTATI”?» Secondo Csa-Cisal c’è «una rilevante questione di opportunità su queste scelte. Analizzando nel dettaglio i profili degli utilizzati balzava all’occhio come alcuni di essi fossero legati, fra loro e con altri dipendenti regionali, da vincoli di parentela. Nessuno ci ha voluto rispondere, e quindi nemmeno smentire. Mantenendo il quesito inalterato ne rivolgiamo un altro ancor più sostanziale. Leggendo i decreti dei nuovi 5, oltre a ritrovare un ex commissario dell’Ao di Reggio Calabria decaduto con il Decreto Calabria e ripescato in Dipartimento, in almeno due casi scopriamo che l’utilizzo sarà di “due giorni a settimana”. Ora, con tutta la buona volontà, pur credendo alla validità dei profili professionali in questione: come possono essere realmente utili al Dipartimento Tutela della Salute – si chiede il sindacato– persone impiegate soltanto due giorni a settimana? Pur avendo a che fare con dei geni, quali problemi possono mai risolvere prestando la propria attività per un tempo così limitato, peraltro sapendo che fra un mese (il 30 giugno) scade l’utilizzo stesso? E soprattutto perché sforzarsi di trovare qualcuno di un altro ente per qualche ora di lavoro settimanale, invece di guardare al personale interno della Regione Calabria?».
«ADESSO BASTA CON UTILIZZI» Il sindacato Csa-Cisal in sostanza ritiene «non ammissibile andare a pescare da Asp e aziende ospedaliere, peraltro indebolendo gli organici delle stesse in un momento come quello attuale difficilissimo per la sanità, mentre in Regione ci sono circa 2.500 dipendenti di ruolo. È l’amministrazione regionale che potrebbe prestare personale ad altri enti e non il contrario. Invece questo patologico ricorso si traduce nel fatto che, evidentemente, i piani alti della Cittadella ritengono inutili i lavoratori regionali, che si vedono puntualmente scavalcare da esterni. E ciò è del tutto inaccettabile poiché si disperde e impoverisce il capitale umano esistente. Pretendiamo che il direttore generale del Dipartimento Tutela della Salute, proprio alla luce della riorganizzazione che lui stesso richiama negli atti ufficiali, tenga conto della necessità di valorizzare prima di tutto le risorse interne dell’amministrazione regionale mettendo definitivamente un freno alla barbarica pratica degli utilizzi dagli altri enti. Il Dipartimento che guida è quello più pesante dell’intera Regione Calabria, dovendo gestire – seppure con in regime commissariamento governativo per l’attuazione del Piano di Rientro – risorse pari a circa 3,5 miliardi di euro, circa il 60% del bilancio. Eppure è quello in cui nemmeno un terzo dei dipendenti risultano essere di ruolo dell’ente regionale. Questo quadro è insostenibile, perché se, presto o tardi, la sanità tornerà di competenza della Regione, dovrà essere gestita da un Dipartimento stabile e ben organizzato. Non vorremmo presto scoprire – chiosa il sindacato – che quegli utilizzi che scadranno fra un mese attraverso una delle classiche alchimie burocratiche, ormai pane quotidiano della Cittadella, possano estendersi ulteriormente. Sappiamo bene che le sirene elettorali cominciano a farsi sempre più forti. Statene certi, vigileremo – conclude il sindacato Csa-Cisal – affinché ciò non avvenga e che la macchina pubblica non diventi merce di scambio della politica».
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