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L’investigatore privato che faceva la “talpa” per il clan (e voleva il figlio sindaco)

Dall’inchiesta sul “locale” di ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo emerge la figura di un 53enne che faceva il consulente per le Procure di Busto Arsizio e Varese. Secondo la Dda di Milano passava inform…

Pubblicato il: 06/07/2019 – 13:35
L’investigatore privato che faceva la “talpa” per il clan (e voleva il figlio sindaco)

di Sergio Pelaia
«Quel figlio di puttana sa tutto». Il 16 maggio 2017 a Lonate Pozzolo scattano arresti che fanno rumore: in manette, con l’accusa di corruzione, finisce anche l’allora sindaco del Comune del Varesotto, Danilo Rivolta. Due anni dopo si scoprirà che alle elezioni del 2014 aveva vinto anche grazie al sostegno di alcuni presunti esponenti del “locale” di ‘ndrangheta legato alla casa madre di Cirò che in quella parte di Lombardia, stando a quanto emerso dalla recente inchiesta “Krimisa”, aveva esteso i suoi interessi anche sull’aeroporto di Malpensa. La mattina in cui viene arrestato Rivolta qualcuno è «contento» e si compiace di averlo saputo ancora prima che scattasse l’operazione. Si tratta di Cataldo Casoppero, 68enne arrestato nei giorni scorsi a Cirò, che da tempo si lamenta di quel sindaco finito nei guai che lui stesso ha contribuito a fare eleggere ma che evidentemente non ha soddisfatto le sue aspettative. Il 68enne è ritenuto uomo di fiducia di uno dei capi del “locale” di Lonate Pozzolo, Mario Filippelli, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa.
«UNO CHE NON SBAGLIA, SA TUTTO» Quella mattina Casoppero parla con un’altra persona e, non sapendo di essere intercettato, rivela che qualcuno gli ha dato qualche «anticipazione» sugli arresti. Per la Dda di Milano a passare l’informazione sarebbe stato G.V., 53enne investigatore privato e consulente informatico per le Procure di Busto Arsizio e Varese che, nell’ambito di “Krimisa”, è finito in manette con l’accusa, in concorso con un poliziotto, di accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine. Casoppero ha molte conoscenze nel Varesotto – qualche giorno prima lui stesso dice a un vigile urbano di aver «fatto campagna» per Rivolta – e Vicenzino è una di queste. Lui è uno che «non sbaglia – dice Casoppero al suo interlocutore – tutto sa, quel cornuto» e «fa pure indagini».
«LO APPOGGIO IO A TUO FIGLIO» Quando Casoppero comincia a non “gradire” più Rivolta subentra la figura di Vincenzino e tra i due, si capisce dalle intercettazioni, si instaura un rapporto abbastanza confidenziale. L’investigatore privato, secondo gli inquirenti, avrebbe voluto far eleggere il figlio come sindaco e di elezioni infatti parla spesso con l’amico originario di Cirò. Che lo rassicura: «Lo sbattiamo fuori a questo qua, lo appoggio io a tuo figlio». Casoppero avrebbe dovuto solo parlare con un «ingegnere» e avrebbe così sistemato le cose: «Lui lo mettiamo al bilancio e tuo figlio sindaco».
«I LOMBARDI SONO TUTTI COSÌ» Dopo l’arresto di Rivolta, però, c’è anche un altro problema, un timore che si sarebbe rivelato poi fondato. Casoppero ha paura che il sindaco, che ha contribuito a fare eleggere, una volta arrestato si metta a parlare: «Sai che hanno arrestato pure a lui. Però ancora il processo non è finito non si sa quello che ha detto, sto cretino. Eh ma i lombardi son tutti così, ti devi fidare pochissimo…».
IL GIP: «FIGURA INQUIETANTE» Quella dell’investigatore privato è secondo il Gip che ha disposto gli arresti una «figura a dir poco inquietante». I rapporti con l’amico cirotano sono ambigui, ma è chiaro per il giudice che come «contropartita» per le «prestazioni rese» Vicenzino «chiede sostegno elettorale a Casoppero, ben consapevole, evidentemente, della capacità di quest’ultimo di fargli avere un considerevole pacchetto di voti». Nel motivare le esigenze cautelari per l’investigatore privato, il Gip è ancora più circostanziato: «La gravità della condotta a lui ascrivibile, desumibile dai costanti rapporti con esponenti della Locale in esame, ai quali forniva informazioni riservate in relazione ad attività investigative in corso, appare tale da escludere l’episodicità del fatto e da sostanziare un concreto pericolo di reiterazione criminosa e di fuga». (s.pelaia@corrierecal.it)

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