«È chiaro che seguiremo le regioni. Ma quello che chiedo agli amici dell’Emilia Romagna, della Calabria, della Puglia, così come l’ho chiesto a quelli del Lazio e del Piemonte, è di dirci loro come vincere in quei territori». Il segretario del Pd Nicola Zingaretti lo ha detto nel corso della propria replica finale, al termine degli interventi registrati nell’assemblea nazionale del Pd. Il segretario, riferendosi alle prossime campagne elettorali, ha chiesto un cambiamento di paradigma: «Non riproponiamo schemi nei quali da Roma si chiedono e impongono soluzioni. Casomai, su questo, lo schema va capovolto. In un Partito democratico calabrese nel quale gli scontri sono all’ordine del giorno, ognuno interpreterà a modo proprio le parole di Zingaretti. Che, nei fatti, chiede ai territori di autodeterminarsi e trovare una sintesi perché immagina «un partito regionalista e federalista». Ma sa, il segretario, che i territori portano con sé alcune patologie (politiche) da non trascurare: «Non si può andare avanti con un partito che è un arcipelago di luoghi in cui si esercita in modo disordinato la sovranità. Il regime correntizio appesantisce e soffoca tutto. Ci sono realtà territoriali feudalizzate, che si collocano con un leader o con un altro a prescindere dalle idee, solo per convenienza». A proposito di schemi, quello cui guardare, tra gli altri, passa dalle mobilitazioni dei sindacati. Come quella di Cgil, Cisl e Uil – alla quale Zingaretti ha partecipato – a Reggio Calabria. «Mobilitazioni straordinarie», dice il governatore del Lazio. Che chiede al Pd di stare tra la gente e segna come fondamentale momento di passaggio la “Convenzione per l’alternativa” prevista a novembre. Chissà per quell’epoca i territori avranno scelto.
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