CATANZARO «Sulle serie tv che non dovrebbero proporre modelli negativi ho detto una cosa ovvia (qui l’ultimo intervento a “Estate a Casa Berto”). Davanti alle scuole, tutti i giorni, ci sono ragazzi che imitano con comportamenti e modi di vestire personaggi sempre più violenti. Io dico che stiamo contribuendo all’emarginazione di questi ragazzi perché non gli mettiamo nella testa il tarlo del dubbio che quelli siano esempi da non riproporre». Nicola Gratteri critica spesso fiction e serie che rischiano – a suo parere – di banalizzare le mafie, se non addirittura di elevarle a modello. E chiarisce davanti agli schermi di Uno Mattina: «Non voglio essere bigotto, bisogna descrivere la realtà. Ma la realtà non può essere solo quella. Non è possibile che ci sia un’ora solo di violenza su violenza, si possono trovare cinque minuti per raccontare la presenza di un uomo delle istituzioni, qualcuno di positivo. Esiste un’alternativa: anche nei paesini ad alta densità mafiosa non è tutto ‘ndrangheta, anche chi non denuncia non è per forza un camorrista». Il procuratore della Repubblica di Catanzaro ritorna su un discorso aperto, quello dell’«abbassamento della morale e dell’etica nel mondo occidentale». Questa volta, però, davanti alla domanda della conduttrice, rivela un dettaglio (che poi dettaglio non è) inedito. E cioè che, assieme ad Antonio Nicaso, il docente con il quale da anni scrive libri per raccontare la ‘ndrangheta, «abbiamo scritto due sceneggiature e le case cinematografiche si stanno mettendo d’accordo». Non entra nei dettagli perché ammette «non so come funziona» però il lavoro è avviato. E per Nicaso, giù autore del libro (“Business or Blood: Mafia Boss Vito Rizzuto’s Last War”) da cui è stata tratta la serie “Bad Blood”, potrebbe essere un ritorno sulle scene.
In effetti, ricorda Gratteri, «con il professore Nicaso abbiamo scritto “Infinito Crimine”, un documentario di un’ora che ripercorre un secolo di storia della ‘ndrangheta senza utilizzare violenza su violenza».
Poi la cronaca, con un accenno alle operazioni odierne e quelle passate. Una testimonianza del fatto che le indagini antimafia non si fermano, anche perché la ‘ndrangheta non si ferma. «Il trend dei comuni sciolti per mafia – dice – è destinato a salire di molto, perché quando indaghi vedi la mafia nella pubblica amministrazione, la vedi gestire la cosa pubblica dopo aver votato e fatto votare». E mentre indaghi ti accorgi che «servirebbe un legislatore che abbia il coraggio di cambiare i codici, nel rispetto della costituzione». Invece «non ho visto un governo, un Parlamento, che in modo sistematico abbiano fatto quelle modifiche di sistema necessarie a contrastare le mafie con provvedimenti serie, non con modifiche spot». Gratteri chiede da tempo più tecnologia nel processo penale, meno notifiche a mano, meno fotocopie. «Si potrebbe consegnare un tablet al detenuto per leggere l’ordinanza, uno strumento che possa solo ricevere, sul quale far confluire tutto ciò che riguarda la sua situazione processuale. Sarebbe un modo per evitare che le forze dell’ordine trascorrano settimane in ufficio a fare fotocopie». Poi, a proposito di leggi, un passaggio duro sulla Bassanini: «È stata una iattura, perché, anche se involontariamente, ha reso più facile il lavoro alle mafie».
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