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«Le mosse machiavelliche di Renzi»
di Franco Scrima*
Pubblicato il: 30/09/2019 – 10:20
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Ma che operazione politica è quella di Matteo Renzi? Nel salotto di Bruno Vespa, lui l’ha definita in modo enfatico: «machiavellica».
Per capirci, la parola machiavellico secondo il dizionario Treccani viene usata per dire che “il fine giustifica i mezzi”. E infatti nelle sue più che famose elucubrazioni Machiavelli spiegava come un governante (nel nostro caso un uomo politico) possa mantenere il proprio potere «in maniera efficace e duraturo» se i suggerimenti che squaderna sono estremamente spregiudicati.
In sostanza l’uomo “machiavellico”, secondo gli studiosi, è un soggetto subdolo, con un acume smaliziato, che persegue i propri fini per mezzo di trame.
Escluso, non fosse altro che per un motivo anagrafico, che Niccolò di Bernardo dei Machiavelli, noto come Niccolò Machiavelli, abbia potuto prendere a modello Matteo Renzi per scrivere i suoi testi filosofici, rimane eccezionale, se non incredibile, come l’azione politica di Renzi, a distanza di anni, sia simmetrica con il pensiero machiavellico.
Non è solo una suggestione di comodo; lo ammette lo stesso Renzi che Machiavelli per lui «è un grande», omettendo di aggiungere, probabilmente perché ha capito che avrebbe esagerato, “come lui”. Ecco perché si è lasciato andare nel fare intendere che ciò che aveva fatto in passato non gli era più soddisfacente per essere considerato fautore della nuova politica. Sarebbe interessante riuscire a scoprire però cosa bolle nella pentola renziana senza fidarsi delle (sue) parole, come quando ricorda che “la spina l’ha attaccata lui”. Ed è vero! L’interruttore che ha fatto accendere la lampadina sull’alleanza Pd-5 Stelle l’ha mosso proprio Renzi, dimostrando ancora una volta abilità, così che il secondo Governo Conte è una realtà e al suo interno vi sono ministri che erano (o lo sono ancora?) molto vicini a Renzi.
Che l’uomo abbia un suo personale progetto politico da portare avanti è certo, per dirla tutta: è fuori da ogni ragionevole dubbio. Rimane, però, da capire se si tratta di voler riprendersi la guida del Partito democratico o, come dice, di voler rimanere alleato. C’è sempre però qualcuno che sospetta una sorpresa epocale, degna del personaggio. Molto dipenderà proprio da quei deputati che sono rimasti nell’ombra, che gli guardano le spalle. L’uomo di Rignano sull’Arno non è tipo di andare in guerra senza avere le spalle coperte da un esercito organizzato. È una condizione basilare per chiunque, lo è di più per quel mondo opaco della politica nel quale spesso sguazzano personaggi disposti a capeggiare movimenti o, più semplicemente, a sorreggere iniziative. Sarà una coincidenza, ma a Firenze il procuratore aggiunto Luca Turco, con alcuni uomini della Guardia di Finanza, settimane fa si è recato nello studio dell’avv. Alberto Bianchi per verificare se alcune somme di denaro da questi ricevute si riferissero a prestazioni professionali o ad altro. A insospettire il magistrato, titolare dell’inchiesta che ipotizza il reato di “traffico di influenze”, è che la somma sarebbe stata versata nelle casse della “Fondazione Open”, creata nel 2012 prima delle primarie nazionali del PD per sostenere l’ascesa politica di Matteo Renzi quand’era sindaco di Firenze, attraverso le convention della Leopolda. Si vuole accertare in sostanza se quel passaggio di denaro (poco meno di 7 milioni di euro) costituisse un finanziamento illecito.
Renzi è un politico che, pur avendo perduto una parte consistente di consenso, è riuscito in poco tempo a rialzare la testa ed a riproporsi da protagonista. Un uomo siffatto non può essere uno sprovveduto che possa agire senza avere valutato con la dovuta attenzione anche i particolari. È sufficiente confrontarlo con Salvini che, pur potendo contare su una base agguerrita, continua a perdere numeri dopo la crisi di governo della quale è stato unico responsabile. Ciò per rafforzare l’idea che “il potere logora chi non ce l’ha”. Naturalmente anche Renzi è stato abbandonato da diversi deputati che non sono stati d’accordo a rompere, o come preferisce dire Renzi, a distaccarsi dal Pd. I “dissidenti” (detto tra robuste virgolette) sono tanti, alcuni anche con incarichi di governo, tutti erano parte della schiera dei suoi fedelissimi, a cominciare da Marcucci, Luca Lotti (fino a poco tempo fa suo braccio destro), dalla Serracchiani, da Ascani, da Ricci e da Romano.
Comunque sia, rimane curioso sapere dove voglia approdare Matteo Renzi; cosa voglia fare da grande. Lui dice, in modo parco, che vuole costruire un soggetto politico nuovo, antagonista ai 5 Stelle. Da altre parti si paventa un’operazione di “avvicinamento” a Forza Italia. La mano tesa a Berlusconi dopo la notizia che la Procura della Repubblica di Firenze sta indagando su di lui per le stragi mafiose di Firenze, di Roma e di Milano potrebbe voler dire la ricerca di un avvicinamento a Berlusconi per poter avviare un dialogo politico con Forza Italia.
Qualunque sia il fine, è certo che il tentativo non è chiaro. Gli italiani ricorderanno quanto Renzi sia stato artefice di questa maggioranza di governo; il principale mallevatore dell’intesa tra il Pd ed i 5 Stelle. Anche se Zingaretti mette acqua sul fuoco e lancia messaggi per rasserenare gli animi, tentando di inoculare “tranquillità” sostenendo che in politica un gesto come quello di Renzi può avere significati plurimi.
Anche gli altri protagonisti della nuova maggioranza manifestano un’apparente indifferenza: tacciono i 5 Stelle ma al loro interno ne discutono e dicono di non sentire imbarazzo; fanno spallucce quelli di Liberi e Uguali come per dire che sono affari di Renzi; il più esplicito è Bersani: «Noi siamo andati via dal Pd – dice – perché il renzismo stava tagliando le radici del partito». Ed ha definito l’azione di Renzi: «una insostenibile leggerezza».
Per strada, tra la gente comune c’è, però, chi si chiede se questo modo di agire di Renzi, quasi a voler imporre “la bontà del prodotto”, non possa essere un influsso del nome!
*giornalista
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