Ultimo aggiornamento alle 9:35
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 7 minuti
Cambia colore:
 

Minacciata (di nuovo) dal boss Mancuso, valanga di solidarietà per Marisa Manzini

La circostanza sarebbe emersa da alcuni colloqui del capoclan vibonese Pantaleone “Scarpuni” intercettati in carcere. La vicinanza di Libera, dei parlamentari dell’Antimafia Morra e Ferro e del Fsp…

Pubblicato il: 02/11/2019 – 14:05
Minacciata (di nuovo) dal boss Mancuso, valanga di solidarietà per Marisa Manzini

L’associazione Libera esprime solidarietà al magistrato Marisa Manzini dopo le minacce che, secondo una notizia riportata ieri dal quotidiano Gazzetta del Sud, il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, le avrebbe rivolto. La circostanza sarebbe emersa da alcuni colloqui intercettati in carcere. «Alla dottoressa Manzini, ora impegnata nel delicato ruolo di consulente della Commissione Parlamentare antimafia, intendiamo esprimere – si legge in un comunicato – la solidarietà e la vicinanza dell’intera rete di Libera Calabria, consapevoli che essere solidali, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Sollicitudo rei socialis, “non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti”. In tal senso, vogliamo rinnovare il nostro fermo e deciso impegno, invitando tutti i componenti della società civile calabrese a fare altrettanto, a fronteggiare la ‘ndrangheta, vero male endemico della nostra terra di Calabria. Dinanzi a chi, come Pantaleone Mancuso, vuole imporre la legge della violenza e del silenzio, è indispensabile – scrive Libera – opporre la forza evocativa della denuncia che rompe il guscio dell’omertà e della paura messa in atto dalla ‘ndrangheta. Della rinuncia ad ogni forma di corruzione, di collusione e di connivenze provocate da hoc per loschi fini di ingiusti profitti e di signoria territoriale».
Il presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra ha espresso preoccupazione per l’episodio: «La dottoressa Manzini è un magistrato che lotta in prima linea contro la ‘ndrangheta. Sottoposta a protezione proprio per il suo impegno a difesa delle leggi dello Stato democratico che continua anche in Commissione Antimafia. La dottoressa Manzini, oggetto anche di vili attacchi politici, rischia da anni la vita. Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, capo dell’omonima cosca di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, non solo l’ha già minacciata durante un precedente dibattimento, ma continua a farlo dal carcere, imputando al magistrato la morte della moglie che aveva cominciato a collaborare, per poi volere tornare a casa Mancuso e dopo un mese essere trovata suicida per “aver ingerito” acido muriatico. Sono preoccupato. Mi auguro – conclude Morra – che venga assicurata tutta la necessaria protezione ad un magistrato coraggioso cui, come tanti suoi colleghi, va la mia stima e solidarietà».
Anche il segretario della Commissione parlamentare antimafia Wanda Ferro (FdI) esprime vicinanza al magistrato: «Dopo il “fai silenzio ca parrasti assai” rivolto in udienza al pm da “Scarpuni”, i colloqui con i familiari intercettati in carcere hanno evidenziato – scrive Ferro – quanto siano forti il rancore e la sete di vendetta del boss nei confronti del procuratore che ha sostenuto l’accusa contro la cosca di Limbadi. Frasi che sono certa non intimidiranno il procuratore Manzini, che anzi dalle minacce di Mancuso ha trovato spunto per scrivere un libro che sta diffondendo soprattutto nelle scuole calabresi, nella consapevolezza che per contrastare la mafia è necessario combattere la paura che spinge al silenzio, ma anche l’indifferenza di chi pensa che certi fenomeni non tocchino la propria quotidianità, e la connivenza di chi pensa di ottenere dalle cosche delle scorciatoie per la realizzazione dei propri obiettivi». Ferro si dice «convinta che le minacce di Pantaleone Mancuso siano la prova di una disperata debolezza nei confronti di chi rappresenta lo Stato tenendo la schiena dritta. Chi fonda il proprio potere sulla paura e sull’omertà è disarmato di fronte alla determinazione di uomini e donne che non si piegano, e che sono anzi capaci di trasmettere alla società un messaggio di fiducia nella possibilità di battere il potere mafioso, attraverso la responsabilità, il coraggio di parlare e di denunciare, la fermezza nel sapere da quale parte stare nelle scelte di ogni giorno».
Vicinanza anche dal segretario nazionale della Fsp, la Federazione Sindacale di Polizia, Giuseppe Brugnano: «Il magistrato Marisa Manzini non rimarrà mai sola. La Calabria onesta, quella fatta di tanta gente per bene, sarà sempre schierata al suo fianco, riconoscendole un impegno costante nella lotta alla ‘ndrangheta. Siamo pronti a sostenere l’operato di Marisa Manzini in ogni modo – ha aggiunto Brugnano – perché consapevoli che il suo operato ha consentito di minare dalle fondamenta il potere delle cosche in Calabria e nel Vibonese in particolare. Le parole di Mancuso non fanno paura, perché siamo consapevoli che in Calabria è in atto una reazione corale contro la malavita organizzata che non potrà essere fermata da alcuno. Siamo noi a rivolgerci a Mancuso con forza: “Statti cittu ca parrasti assai”».
E anche il il Sindacato italiano unitario lavoratori polizia (Siulp) esprime «vicinanza e solidarietà alla dottoressa Manzini» definita «baluardo di giustizia e della lotta alla ‘ndrangheta».
«Rimaniamo sgomenti alla notizia che il valoroso magistrato sia stato oggetto di minacce da parte di un noto esponente della malavita organizzata – afferma il segretario generale provinciale Gianfranco Morabito – che la dottoressa Manzini ha perseguito nel corso della sua esperienza professionale presso la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Non è ammissibile che a distanza di anni un Magistrato di “frontiera”, così come purtroppo accade a tanti Operatori di Polizia che si sono frapposti ad ogni forma di criminalità quali avamposti di uno stato di diritto, possa subire ripercussioni per aver degnamente rappresentato lo Stato». «“La mafia non dimentica” – aggiunge – era uno degli “avvisi” che hanno contraddistinto un periodo storico, quello della lotta a Cosa Nostra, che, purtroppo, è sempre attuale. Così come sempre attuale è la lotta alla ‘ndrangheta e la sua pericolosità».
«Non è concepibile ed accettabile – afferma ancora – che velate od espresse minacce possano ancora oggi condizionare l’esistenza della maggioranza delle persone oneste e perbene e tantomeno di quei “Servitori” che hanno sacrificato gran parte del loro impegno per il ripristino di forme di legalità.
Auspichiamo che la società civile possa ribellarsi a questo stato di cose anche attraverso espressioni di vicinanza a quanti spendono la propria esperienza professionale a difesa delle libertà civili.
Non bisogna creare degli “eroi”, ma bisogna riconoscere il valore dell’impegno, così come lo ha dimostrato la D.ssa Manzini che, da non calabrese, si è calata nel nostro mondo rilevandone la grande qualità, impegnandosi ad assicurare alla giustizia ed alle patrie galere chi l’ha violentemente deturpata».
«I risultati conseguiti dalla dottoressa Manzini nell’area del Vibonese – sottolinea Morabito – sono il segno della positività del suo lavoro che ha ridato speranza e certezze ad una popolazione oppressa dall’invadenza malavitosa. Il nostro sostegno, come Sindacato dei Poliziotti e come struttura di rappresentanza di tanti Colleghi impegnati in ogni contesto di illegalità, non è una rituale occasione, bensì è la nostra intima convinzione che non bisogna mai abbassare la guardia, non bisogna mai perdere consapevolezza della forza del “nemico”».
«Ci auguriamo che la stessa attenzione – conclude – venga rivolta da parte di chi è preposto a garantire un livello di sicurezza al Paese e dia serenità a chi opera in “trincea”. Il livello di sicurezza che deve essere garantito alla dottoressa Manzini ed a tutti coloro che sono impegnati nella lotta al crimine organizzato deve essere massimale per consentire quella serenità esistenziale che dia loro la forza di continuare nel loro impegno. Come la mafia siciliana anche la ‘ndrangheta calabrese “non dimentica”. Non bisogna dimenticarlo mai».

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x