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FENICE | L’ex Fdi Rosso non parla coi giudici. Il boss Viterbo: «Sparerei a tutti i magistrati»

L’ormai ex consigliere regionale, buttato fuori dal partito da Giorgia Meloni, decide di non parlare. Lo ‘ndranghetista si “scaglia” invece contro gli inquirenti

Pubblicato il: 21/12/2019 – 20:54
FENICE | L’ex Fdi Rosso non parla coi giudici. Il boss Viterbo: «Sparerei a tutti i magistrati»

TORINO Davanti ai giudici ha fatto scena muta. Roberto Rosso, l’ormai ex assessore regionale di Fratelli d’Italia arrestato dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta “Fenice” (che vi abbiamo raccontato qui) con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso, è rimasto in silenzio durante l’interrogatorio di garanzia, oggi alle Vallette di Torino, dove è finito con gli altri sette indagati. Tra questi Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, due presunti boss della ‘ndrangheta. «Io metterei tutti i giudici su una barca e poi gli sparerei», si dicevano al telefono, intercettati, a proposito degli arresti dello scorso marzo per le infiltrazioni della criminalità organizzata nel Nord-Ovest.
«Ti leggi le cronache e ti metti le mani nei capelli», aggiungeva sempre al telefono Viterbo, che con Garcea aveva il compito di riprendere il controllo del territorio. Il particolare emerge dalle centinaia di pagine dell’inchiesta ‘Fenice’, coordinata dalla Dda, sugli interessi della criminalità organizzata in Piemonte. Anche nella politica e nel mondo economico di cui sono espressione l’ex assessore Rosso e l’imprenditore Mario Burlò, anche lui finito in carcere. «Per una persona come lui, totalmente estranea a realtà di tipo ‘ndranghetista, ci vuole tempo – spiega il difensore di Rosso, l’avvocato Giorgio Piazzese – Deve metabolizzare una notevole mole di atti, che non abbiamo avuto ancora il tempo di studiare». In Regione, Rosso aveva svariate deleghe: Affari legali e Diritti le più importanti. Si trova in cella da ieri mattina, quando i finanzieri hanno bussato alla porta di casa sua per consegnargli l’ordine di custodia.
La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, gli ha dato subito il benservito e lo ha messo alla porta, sostenendo di «avere il voltastomaco», mentre il governatore Alberto Cirio, nel difendere la dignità della sua giunta, ha rivelato di non averlo mai voluto in Giunta.
Gli inquirenti lo accusano di aver versato 7.900 euro agli intermediari di Garcea e Viterbo in cambio di un pacchetto di voti per le elezioni regionali del maggio scorso. Elezioni che per il capogruppo di Luv (Liberi Uguali Verdi) in Consiglio Regionale Marco Grimaldi sono «macchiate per sempre». Difende la dignità della sua giunta, invece, il governatore Alberto Cirio, che per ora non vuol saperne di rimpasti. «Non parlo di poltrone mentre sono impegnato a difendere l’onorabilità dell’istituzione che rappresento».

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