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«L’accordo “segreto” dei due Matteo»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 23/12/2019 – 10:29
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«L’accordo “segreto” dei due Matteo»
È proprio vero, dunque, che la migliore difesa è l’attacco. I due Matteo nelle ultime settimane avrebbero raggiunto un’intesa per un cronoprogramma che prevede incontri settimanali attraverso i quali trovare un punto d’intesa e raggiungere un accordo per formare un governo di unità nazionale. L’idea, neanche a dirlo, appassiona entrambi: il segretario leghista perché capisce che sono irraggiungibili nel breve periodo le elezioni anticipate, l’altro fondamentalmente per evitarle. Intanto entrambi si esercitano a sparare bordate di moralità contro tutti e in modo organico sul Presidente del Consiglio, dando l’impressione di una strategia comune. Oggetto del crucifige sono le spiegazioni che entrambi chiedono a Conte circa la presunta attività dei Servizi segreti in relazione al cosiddetto “Russiagate” fatta su richiesta degli Stati Uniti d’America. C’è, però, una differenza nel loro agire: mentre Matteo Salvini ha il dente avvelenato perché Conte, a suo dire, lo avrebbe fatto fuori dal Governo, anche se adesso dice di essere disposto ad aprire sulle urgenze del Paese, l’altro Matteo si è allontanato dal Pd sua sponte e, nonostante a parole continui a far credere di essere un alleato, nella sostanza dimostra di volere l’implosione dell’attuale esecutivo. Entrambi, insomma, non perdono occasione per dimostrare di essere le due facce della stessa medaglia. 
Se tutto ciò fosse vero, e lo si capirà molto presto, l’atteggiamento dei due Matteo sembra poggiare su un paradosso: mentre l’uno è all’opposizione, l’altro farebbe parte della maggioranza o dice di esserlo. Nessuno dei due, però, si preoccupa di chiarire agli italiani il proprio comportamento anche in relazione a vicende recenti. Entrambi marciano decisi, ciascuno per la propria strada, stando attenti a dribblare gli avversari, le vicende e i fatti. Eppure il leader di “Italia Viva” avrebbe tanto da dire sul perché lamenta di essere «oggetto di attenzioni speciali». Il j’accuse è contro i magistrati della Procura di Firenze per le indagini avviate sulla “Fondazione Open” che, secondo Renzi, «avrebbero invaso il campo della politica». Ma, come se non bastasse, ci sono altre cose che andrebbero chiarite: dal caso Consip, all’acquisto dell’aereo presidenziale pagato dall’Italia più di 160 milioni (una enormità) quando Renzi era Presidente del Consiglio dei Ministri. 
Dalla sponda lombarda l’ex ministro dell’Interno, reduce dal tour estivo in alcune località di mare, continua a non aprire bocca per spiegare quanto è accaduto al “Papete beach” e sfatare tutte le congetture che si raccontano. Non meno interessante sarebbe chiarire sia la vicenda del cosiddetto “Russiagate” sia quella che riguarda l’attacco sferrato al Governo per il fondo “salva Stati”. 
Per quanto riguarda gli affari correnti della politica, invece, le distanze tra Salvini e Renzi pur rimanendo concettualmente abissali, lasciano intravedere, stando ai si dice, il superamento delle “contrarietà”. Tutto parte dall’incontro che ci sarebbe stato in Toscana, ospiti nella villa di Denis Verdini a Pian dei Giullari, sulle colline di Firenze, che gli interessati però negano. Lì sarebbe stata trovata l’intesa battezzata dai giornali come “Il Patto del Chianti”, un accordo elettorale che dovrebbe prevedere una sorta di desistenza della Lega in Toscana in occasione delle elezioni regionali per favorire Italia Viva. E in cambio Renzi si impegnerebbe a far cadere il governo dopo le elezioni regionali in Emilia e in Calabria. 
Al di là di quella riunione, ammesso che sia realmente avvenuta, il segretario della Lega non demorde dallo spostarsi da una regione all’altra in vista delle regionali e, là dove la realtà glielo consente, va a visitare le carceri per incontrare le guardie (qualcuno dice: perché votano!); il che contrasta col suo assunto: «perché ogni giorno affrontano le conseguenze della mancanza di personale e le aggressioni». 
Non va a trovare, invece, i detenuti «perché – sono parole sue – a loro ci pensano quelli di sinistra». Parole vuote che ci si augura non provengano dallo stesso staff che si era portato al Ministero; pare che costasse un botto alle casse dello Stato, ma bisogna ammettere che gli dava giuste imbeccate evitandogli figuracce.
Renzi, il quale si sforza di dimostrare di voler chiudere la polemica con il presidente Conte facendo credere che il suo partito è impegnato a sostenere il governo, continua a dire che lo irrita il paragone con Salvini sostenendo che la sua e quella dell’amico rivale sono entità diverse, com’è dimostrabile dalla loro storia e dalle loro idee. Ma in politica, come si sa, ciò che sembra improbabile oggi, può diventare possibile il giorno dopo. 
Rimangono tuttavia aperte alcune questioni che non possono essere cancellate con le spalle: Salvini, da par suo, continua imperterrito a non voler fare chiarezza sul caso Mosca e sui suoi rapporti con Savoini, compresi quelli relativi alla trattativa per il presunto acquisto della partita di gasolio in Russia. Vicenda della quale l’ex ministro dell’Interno si ostina a non voler parlare, facendo spallucce anche quando gli sono state chieste spiegazioni circa il perché avesse lasciato che nell’aula di Montecitorio si recasse a riferire il Presidente del Consiglio e non lui, per come invece avrebbero voluto i gruppi parlamentari.
Renzi, invece, guarda compiaciuto alle migliaia di giovani che nelle ultime settimane riempiono le piazze per manifestare. È bene, però, che sappia che i conti senza l’oste non si possono fare. E l’oste, in questo caso, sono le Sardine mallevadori di voti per la sinistra. Per la SI-NI-STRA, non certo per lui! *giornalista
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