Ultimo aggiornamento alle 7:16
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

'Ndrangheta nel Nord Italia e i legami con la Calabria: parla il pentito Salvatore Muto

Il collaboratore di giustizia punta il dito contro il presunto boss Iannone: «Collaborava con Francesco Lamanna». Dieci le persone a processo per la presenza delle cosche nel Cremonese

Pubblicato il: 19/02/2020 – 19:28
'Ndrangheta nel Nord Italia e i legami con la Calabria: parla il pentito Salvatore Muto

di Giorgio Curcio
BRESCIA È un collaboratore di giustizia dall’ottobre del 2017 e ha reso già importanti testimonianze nei processi “Aemilia” e “Pesci”. Salvatore Muto ha parlato adesso anche nel corso di un altro importante processo, a Brescia, contro la presenza della ‘ndrangheta nel Nord del Paese, quello scaturito dall’operazione che, nell’aprile del 2015, aveva portato all’arresto di 12 soggetti coinvolti in alcune attività illecite quali truffa, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta e riciclaggio attraverso società edili e di movimento terra costituite nel Cremonese. Tra le persone finite in manette quasi cinque anni fa, anche il presunto capo dell’intero sodalizio, Giovanni Iannone, 60enne originario di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
LA TESTIMONIANZA Nel corso del processo in corso, di spalle e in videoconferenza, Muto ha reso la sua testimonianza. Secondo il pentito, infatti, Giovanni Iannone avrebbe ricevuto il “battesimo” per entrare nella ‘ndrangheta e lavorava, di fatto, alle dipendenze (dal 2006) di Francesco Lamanna, 59enne, originario di Cutro, in grado secondo le indagini  di garantire le attività della ‘ndrangheta al nord e, in particolare, nei territori di Cremona, Piacenza e Reggio Emilia. Lo stesso Lamanna già condannato a 20 anni di carcere con i riti abbreviati nei processi “Aemilia” e “Pesci”. «Quando si fa parte della ‘ndrangheta – ha sostenuto Muto nella sua deposizione – si decide la morte o l’affiliazione di qualcuno. Una volta che si entra non si può più uscire, tranne in caso di grossi problemi di salute, per cui si viene messi a riposo». Deposizione però smentita dallo stesso Giovanni Iannone che ha detto: «Non ho mai ricevuto il battesimo religioso, figuriamoci quello della ‘ndrangheta. Conosco Lamanna ma solo perché sia entrambi cutresi».
IL PROCESSO Ma, oltre al presunto boss Giovanni Iannone, alla sbarra nel corso del processo contro la ‘ndrangheta nel Cremonese ci sono anche Antonio Del Ponte, Stefan Dragos Babei, Lorenzo Pisaroni, Oscar Bertini, Artjan Bylyku, Giuseppe Cardinale, Mattia Confortini, Walter Mair e Rosario Montelione. Un castello accusatorio che poggia le proprie fondamenta sulla presunta appropriazione illegale di decine mezzi da lavoro – noleggiati o in leasing – attraverso società del settore (aperte o acquisite quando in difficoltà) e prestanome. Poi i mezzi, i cui valori oscillavano tra le 100 e le 200mila euro, finivano a ricettatori italiani e stranieri in Albania e Libia. Ma non mancavano anche le violenze, in particolare nella “riscossione dei crediti”. Quella portata avanti dagli agenti delle Questure di Brescia e Cremona è un’operazione complessa portata a termine grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, ai pedinamenti e gli appostamenti. Secondo quanto ricostruito, le società venivano spolpate e utilizzate per propositi criminali prima di fallimenti pilotati.
I LEGAMI CON LA ‘NDRANGHETA Nel corso dell’indagine è stato possibile ricondurre all’organizzazione, nel complesso, otto società, tutte operanti nel settore del movimento terra e attualmente dichiarate fallite. Poi ci sono i rapporti con la ‘ndrangheta calabrese. Le investigazioni, infatti, avrebbero documentato i rapporti strettissimi tra il sodalizio di Cremona e alcuni personaggi legati alla ‘ndrangheta del Crotonese, tra cui Francesco Lamanna, ritenuto il referente nel Cremonese della cosca Grande Aracri di Cutro, con il sospetto che una parte dei mezzi sottratti sia stata dirottata nel cutrese.
LE CONDANNE E se per la sentenza dei dieci imputati bisognerà attendere il prossimo 19 maggio, ci sono già state alcune condanne. Come quella a 2 anni e 6 mesi per Antonio Iannone, crotonese, il figlio di Giovanni, e 6 mesi a Carlo Iannone, fratello di Giovanni, processati con il rito abbreviato. (redazione@corrierecal.it)

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x