L’emergenza Covid-19 ha messo in rilievo la fragilità del sistema Calabria; ne stiamo uscendo elevando ad ogni notizia di contagio, divieti e restrizioni, individuali e collettivi.
Nel frattempo si è aperto il dibattito sulla “ripartenza” e sulle opportunità che la nostra regione offrirebbe in termini di estensione territoriale e densità di popolazione in caso di eventuale e, sembrerebbe, necessaria convivenza con il virus.
In verità la nostra regione di occasioni ne ha sprecate sin troppe e quest’altra possibile “ripartenza” sarebbe nuovamente “falsata” e destinata al fallimento se non si affrontano le zavorre con le quali sono costrette a confliggere le (poche) imprese che resistono in Calabria.
Ci vorrebbe un “sistema delle istituzioni” forte ed unito in grado di costruire un ambiente idoneo nel quale far operare le imprese.
Il contrasto alla criminalità organizzata costituisce una precondizione cosi come la costruzione di un tessuto istituzionale, sociale ed economico impone il concorso di forze.
In questo contesto si pone sicuramente, ed ancor di più nella nostra regione, anche la questione del recupero nel circuito della legalità delle attività imprenditoriali insidiate dalla mafia al fine di non disperdere, senza giustificazione, ricchezza e posti di lavoro.
Tema che ha trovato riscontro nella relativamente recente modifica dell’articolo 34 bis del codice antimafia che prevede tra l’altro la possibilità per l’impresa destinataria di interdittiva antimafia, e che ha proposto impugnazione dinanzi l’autorità giudiziaria amministrativa, di richiedere l’applicazione del controllo giudiziario. Quest’ultimo istituto ha il pregio, sempre che l’istanza venga accolta dal Tribunale competente per l’applicazione delle misure di prevenzione, di consentire all’impresa destinataria dell’interdittiva di conservare i contratti e/o di stipularne nuovi con la Pubblica Amministrazione.
Il limite della legislazione vigente sembrerebbe essere dato dal fatto che nelle more sia mutato il contesto nel quale le imprese operano.
Il sistema creditizio si è, via via, conformato agli standard imposti dagli accordi di Basilea e il sistema delle imprese private si è dotato di modelli organizzativi, ai sensi della legge 231/2001. Questi negano alla radice rapporti contrattuali con le imprese che abbiano anche solo procedure di accertamento antimafia in corso mediante la previsione contrattuale della clausola risolutiva espressa.
Pertanto, chi viene colpito da interdittiva antimafia perde da subito le credenziali di affidamento nei confronti del sistema creditizio e le commesse private.
I rimedi giurisdizionali e gli effetti del ricorso al “controllo giudiziario” disciplinato dal citato
articolo 34 bis c.a. producono effetti limitati ai fini della salvaguardia dell’integrità aziendale.
Eventuali pronunce cautelari favorevoli che sospenderebbero gli effetti dell’interdittiva, nell’attesa della decisione sul merito da parte dell’autorità giudiziaria amministrativa, non rimuoverebbero, comunque, le conseguenze delle azioni intraprese dai mediatori creditizi e dai precedenti partner imprenditoriali. L’impresa sarebbe nella maggior parte dei casi destinata a cessare l’attività.
Se l’obbiettivo dell’ interdittiva è quello di prevenire tentativi di infiltrazioni o di condizionamento da parte delle organizzazioni criminali gli effetti sembrano essere ultronei e perfino controproducenti rispetto all’ipotesi di recupero dell’azienda nel circuito legale.
Sarebbe sicuramente auspicabile una disciplina più puntuale e precisa in ordine ai presupposti applicativi dell’interdittiva e che riduca i margini di discrezionalità dell’autorità amministrativa. Allo stesso modo la legislazione vigente potrebbe arricchirsi mediante la previsione di istituti di contenuto analogo al controllo giudiziario, aventi, però, “natura amministrativa” con funzioni di “controllo” e di “supporto” alle imprese. Potrebbero attivarsi su base volontaristica e svolgere la funzione di anticipare e così di evitare l’adozione dell’interdittiva prevenendo gli effetti “collaterali” appena esposti e realizzando nel contempo appieno l’intento legislativo di prevenire appunto, tentativi di infiltrazione mafiosa dell’impresa.
In effetti, il contrasto alla criminalità organizzata si persegue sia rafforzando la prevenzione e la confisca dei patrimoni di provenienza illecita, ma anche e necessariamente supportando adeguatamente il sistema sano e legale delle nostre imprese.
*avvocato
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