COSENZA Se i calabresi scegliessero di trascorrere una vacanza in Calabria nell’anno in corso potrebbero spingere il turismo nostrano a uscire gradualmente dalle secche della crisi generata dagli effetti del Covid-19. Sarebbero, infatti, rilevanti le cifre del mercato autoctono: quasi 7,5 milioni di presenze che potrebbero dare una “boccata d’ossigeno” all’intero comparto con una spesa pari a 343 milioni di euro. Una “scelta regionalista” che potrebbe compensare almeno del 20% la probabile rilevante contrazione dei turisti stranieri nel territorio regionale che nel 2019 hanno superato quota 2 milioni di presenze.
Tre i gruppi di turisti “autoctoni” sui quali – secondo i ricercatori di Demoskopika – si gioca l’immediata partita della ripresa: gli identitari, gli esterofili e i nazionalisti ai quali, solo in un secondo tempo, si aggiungerebbero i turisti stranieri. La Calabria, con il 18,2%, presenta un livello di appartenenza turistica al di sopra della media nazionale: su un totale di 1,6 milioni di arrivi generati dai turisti autoctoni mediamente in un anno, ben 291 mila (identitari) si sono “consumati” nel territorio regionale. Il tasso di appartenenza turistica, ideato da Demoskopika, misura il rapporto dei turisti che trascorrono la vacanza nella loro regione di residenza sul totale dei turisti residenti di quella regione.
«Se non si getta un sasso nello stagno, l’acqua non fa i cerchi. Finito il lockdown formale – ha dichiarato il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – bisognerà fare i conti con il lockdown psicologico, con la paura dei cittadini di spostarsi. In questa direzione, risulta necessario che ciascun sistema regionale si attivi per ripensare l’offerta turistica in totale sicurezza concentrando e tempificando l’attenzione prioritariamente su tre differenti tipologie di turisti italiani: gli identitari, cioè i turisti italiani che trascorrono le vacanze nella regione di residenza; gli esterofili, cioè turisti italiani residenti in una determinata regione che ogni anno scelgono l’estero quale meta vacanziera; e, infine, i nazionalisti, cluster che rappresenta i turisti italiani residenti in una determinata regione che scelgono di trascorrere le vacanze in Italia ma fuori dai confini del loro territorio regionale di residenza. Si tratta – precisa Raffaele Rio – di attivare un pacchetto di interventi che non si limiti esclusivamente all’adeguamento dei prodotti tradizionali ma che valorizzi anche il turismo a “chilometro zero”, i luoghi minori, la montagna, i parchi, i tanti meravigliosi borghi presenti nei nostri territori. Una strategia, dunque, che, come un sasso nello stagno, generi più cerchi concentrici, ognuno dei quali a rappresentare i differenti gruppi di turisti autoctoni da convincere e motivare per la scelta della destinazione più idonea. Ciò – avverte il presidente di Demoskopika – in costante condivisione tra i vari livelli istituzionali per scongiurare che l’inevitabile competizione che scoppierà tra i sistemi turistici regionali possa generare livelli qualitativamente discriminanti alimentando offerte di serie A e di serie B».
Appartenenza turistica: svetta la Sicilia, 41 su 100 amano la vacanza “in casa”. È oramai consolidato l’orientamento secondo il quale la ripresa del turismo in Italia punterà, in una prima fase, sulla prossimità valorizzando tradizioni, peculiarità e patrimonio culturale come matrice identitaria della comunità. La scelta dei cittadini di trascorrere le vacanze all’interno del territorio di residenza, dunque, può fare la differenza, soprattutto per compensare la drastica contrazione dell’incoming turistico prevista per la stagione in corso in maniera più o meno omogenea in tutto il Belpaese. In altri termini, si va delineando il processo secondo cui saranno premiati quei sistemi turistici locali che più degli altri saranno in grado di trattenere i rispettivi “mercati autoctoni”, convincendoli ad usufruire dei prodotti turistici e dei servizi ricettivi caratterizzanti l’offerta turistica.
In questa direzione, Demoskopika ha ideato il T.a.tu.r, acronimo che sta per tasso di appartenenza turistica regionale quale rapporto dei turisti che trascorrono la vacanza nella regione di residenza sul totale dei vacanzieri residenti di quella regione. Tre i gruppi di turisti rilevati in coerenza con la strategia del “sasso nello stagno”: gli identitari, gli esterofili, e, infine, i nazionalisti.
Lo spaccato che emerge presenta uno scenario alquanto variegato. A conquistare la vetta, infatti, è la Sicilia che, con il 40,59%, presenta il più elevato livello di appartenenza turistica: su un totale di 3,2 milioni di arrivi generati dai turisti autoctoni mediamente in un anno, ben 1,3 milioni (identitari) si sono “consumati” in territorio siciliano. A seguire, con tassi rilevanti, anche la Sardegna e la Campania rispettivamente con il 29,06% e il 26,63%. Appartenenza più che significativa anche per Lombardia (21,37%), Puglia (20,51%) e Veneto (19,91%). A registrare un tasso di appartenenza intermedia cinque sistemi turistici regionali: Piemonte (18,20%), Calabria (18,18%), Toscana (16,72%), Emilia-Romagna (15,75%) e Lazio (14,28%). In un livello minore rientrano Friuli Venezia Giulia (10,93% ), Abruzzo (9,25%), Marche (8,61%) e Trentino-Alto Adige (5,94%). In coda, con valori bassi del tasso di appartenenza turistica la Basilicata (5,41%), la Liguria (5,30%), il Molise (4,87%), l’Umbria (3,61%). A chiudere la classifica del tasso di appartenenza turistica regionale è, infine, la Valle d’Aosta i cui circa 11 mila turisti identitari pesano soltanto per l’1,27% sul totale dell’universo dei viaggiatori valdostani.
Territorio: il turismo autoctono può generare 84,9 milioni di arrivi e 278 milioni di presenze. Ogni anno sono circa 85 milioni i flussi degli arrivi turistici movimentati dagli italiani: 21,1 milioni sono coloro i quali prediligono le vacanze all’estero, 49,2 milioni rappresentano il gruppo di coloro che scelgono di trascorrere le vacanze in Italia ma non nella loro regione di residenza e, infine, 14,6 milioni il cluster di chi ama trascorrere le vacanze nel territorio dove vive. Movimenti rilevanti su cui puntare per la stagione in corso, resi ancora più evidenti dalle presenze turistiche che potrebbero generare: ben 278 milioni di cui 66,5 milioni dai turisti definiti dallo studio “esterofili”, 164 milioni dal gruppo dei “nazionalisti” e, infine, 46,9 milioni dagli “identitari”. I vantaggi – si legge ancora dallo studio – non sarebbero di poco conto. Se gli italiani che hanno trascorso le vacanze all’estero optassero quest’anno per l’Italia, le presenze potrebbero compensare la perdita dei turisti stranieri almeno del 30%, con punte del 67% in Puglia con 2,3 milioni di presenze, del 65,7% in Emilia-Romagna con 7,1 milioni di presenze e del 63,5% in Umbria con 326 mila presenze e con alcune regioni che potrebbero addirittura superare la soglia massima di compensazione come Molise, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e Marche.
Vantaggi: dal “turismo di prossimità” quasi 21 miliardi di euro. Sarebbe pari a 20,6 miliardi il beneficio, misurato in termini di spesa turistica, generato dai cosiddetti “turisti autoctoni”: 5 miliardi in dote agli “esterofili”, 3,5 miliardi provenienti dal gruppo degli “identitari” e, la parte più consistente; pari a 12,1 miliardi in quota ai cosiddetti turisti “nazionalisti”. La metà, pari a 9,8 miliardi di euro, sarebbe a beneficio di quattro sistemi turistici regionali: Lombardia con 2,9 miliardi di euro, Veneto con 2,5 miliardi di euro, Emilia-Romagna con 2,3 miliardi di euro e Lazio con 2,1 miliardi di euro.
Breve nota metodologica.
Si precisa che per ridurre eventuali distorsioni, i dati di tutti gli indicatori osservati e stimati (arrivi, presenze e spesa turistica) sono stati ricavati quale media del periodo 2017-2018. Le fonti utilizzate sono state, inoltre, la Banca d’Italia per quanto riguarda la stima del cluster degli esterofili e l’Istat per la rilevazione degli altri due rimanenti gruppi: identitari e nazionalisti. Sotto, i prospetti tabellari con i dati degli indicatori regione per regione.
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