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Ospedale di Cosenza a corto di operatori, la Fismu denuncia: «Non potremo garantire le cure»

L’associazione sindacale sottolinea come per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 infermieri e altro personale siano stati spostati dai reparti dove c’era meno necessita. «abbiamo assistito al pass…

Pubblicato il: 27/05/2020 – 14:47
Ospedale di Cosenza a corto di operatori, la Fismu denuncia: «Non potremo garantire le cure»

COSENZA «A Cosenza all’Ospedale Annunziata, manca il personale, ma invece di assumere operatori e professionisti si cercano soluzioni temporanee e non definitive, toppe peggiori del buco». Questa la denuncia del segretario regionale Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti-Fismu, Claudio Picarelli, che manifesta tutta la sua preoccupazione per la recente decisione del management aziendale dell’ospedale in merito alla gestione dei posti letto delle unità chirurgiche della struttura. «In particolare – sottolinea Picarelli – si è assistito, dopo la fine dell’emergenza, alla persistenza della carenza del personale infermieristico nelle unità di degenza e nelle sale operatorie. Tale carenza è dovuta alla gestione miope e pressapochistica del commissario straordinario “venuto dal Nord a salvare” la Calabria. Ma andiamo ai fatti: in piena emergenza, infatti, si è solo deciso di spostare gli infermieri e il personale ausiliario dai reparti meno gravati di attività per il Covid19 a quelli attivati ex novo per la pandemia in corso, proprio il contrario di quanto fatto in altre aziende dove si è provveduto giustamente, grazie alla legislazione d’eccezione, ad assumere nuovo personale». «Entrati quindi nella Fase 2 – spiega il segretario regionale Fismu- abbiamo assistito al passaggio del personale a tempo determinato in servizio presso la nostra azienda a quelle aziende sanitarie della regione che nel frattempo avevano bandito concorsi a tempo indeterminato». «Da tutta questa vicenda – conclude Picarelli – è possibile trarre solo un’amara valutazione. Quella che i cittadini calabresi e in particolare i cosentini non avranno per i prossimi mesi la possibilità di essere curati, e soprattutto operati, nell’ospedale della propria città, e si vedranno costretti ad implementare quella migrazione sanitaria che solo a parole i nostri politici regionali vorrebbero combattere».

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