REGGIO CALABRIA «Questa è un’indagine che nasce da un fatto inquietante che è il sequestro di due ragazzini, uno di appena 13 anni». Lo ha affermato il procuratore capo di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri a margine della conferenza stampa tenuta al Comando provinciale dei carabinieri per illustrare i dettagli dell’operazione “Sbarre” che ha visto i Carabinieri eseguire 19 misure cautelari (17 arresti e 2 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) per due distinti gruppi criminali, con l’accusa a vario titolo di traffico e spaccio di droga.
«I due minorenni – ha aggiunto – erano assuntori di stupefacenti, quindi clienti del gruppo criminale, e avevano sottratto della droga all’organizzazione. Sono stati portati in alcuni locali, legati, minacciati con delle pistole e picchiati. La paura di ulteriori ritorsioni spinge questi due ragazzini a fare una denuncia che è stata sviluppata anche in collegamento con la Procura per i Minorenni, e all’esito dell’attività di riscontro la Compagnia di Reggio Calabria ha consentito di delineare due organizzazioni che sono riferibili per contatti e per una serie di rapporti con le cosche di ‘ndrangheta della città di Reggio, pur non essendo stato accertato un collegamento diretto con le famiglie mafiose».
«Questo dimostra – ha spiegato il procuratore capo – che l’attività di spaccio in queste piazza, Sbarre e aree centrali della città, era possibile grazie a questi contatti. Un’attività che peraltro si collega a precedenti operazioni della Direzione distrettuale di Reggio Calabria, per esempio uno dei principali arrestati, Luigi Chillino, era a capo di un’organizzazione che a sua volta era in contatto con Maurizio Cortese». Si tratta del presunto reggente della cosca Serraino «al cui arresto – ha ricordato Bombardieri – è collegato il rinvenimento di una missiva che Chillino rivolgeva allo stesso Cortese in cui si rimetteva alle sue decisioni, alla sua volontà, al suo carisma criminale “per svolgere sotto la tua bandiera attività criminali”. In concreto non abbiamo accertato un collegamento diretto di questa attività delittuosa, lo spaccio di stupefacente, al Cortese che in quel periodo era in carcere, però sicuramente questa legittimazione che a quel tempo lui richiedeva e che poi ha dimostrato sul campo, gli consentiva di svolgere anche questa attività di spaccio».
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