di Luca Latella
CORIGLIANO ROSSANO Quando si rompono gli argini, allora c’è da preoccuparsi. Potrebbe essere questa, in estrema sintesi, la metafora di un momento storico «preoccupante». I contagi da coronavirus non sono straripati sullo Jonio cosentino, ma potrebbe accadere. Una prospettiva nefasta, quella tracciata da Martino Rizzo, responsabile del Dipartimento igiene e sanità pubblica dell’Asp di Cosenza per il territorio dell’ex Asl n.3 di Rossano. Nel giorno dei record in Calabria ed in provincia di Cosenza, Rizzo appare più che preoccupato. In tutti questi mesi la Usca da lui diretta, questa sorta di task force anti Sars-Cov-2 ha fatto un lavoro egregio, contenendo il virus attraverso tracciamenti capillari.
Oggi, quei recinti si sono annullati. «Non si riesce più a tracciare i casi positivi – spiega Rizzo al Corriere della Calabria nell’illustrare la situazione – che vengono individuati e ciò comporta che i contatti stretti di questi casi potrebbero contrarre la malattia o diventare a loro volta positivi e vettori, senza essere posti in quarantena. Ne consegue che il virus sta circolando fra noi liberamente, e ciò accade perché alcuni casi, come quelli di “rientro” (per esempio uno studente che torna a casa, un lavoratore, un turista, ndr), non vengono tracciati dalle Asl-Asp di provenienza, o perché si sottovalutano situazioni e sintomi o peggio, si simula di non sapere».
Scenari inquietanti, insomma. «Il nord-est calabrese sembrava indenne al virus, ma non è così. Fra noi ci sono tanti positivi inconsapevoli, provenienti da fuori regione, ma anche dalla stessa provincia, che circolano liberamente diffondendo il virus». Il lavoro di contenimento certosino della sua task force, in questi mesi, «potrebbe non servire a nulla, ce lo stiamo giocando con una serie di possibili casi che si trasformeranno in focolai».
La questione, in sostanza, sta ne fatto che se si è consapevoli di essere positivi, allora si viene posti in quarantena e, una volta scoperto il contagio, bisognerebbe tracciarne i rapporti stretti, «prassi che non si sta più applicando per via di scarsa comunicazione fra le Asp e l’Asp stessa».
«Mi preoccupa questo territorio – aggiunge Martino Rizzo allarmato – perché fino ad oggi è stati sotto controllo, ma da questo momento in poi potrebbero scoppiare tutta una serie di focolai. Previsioni? Difficili da fare. Considerando i numeri che emergono in regione e in provincia, possiamo azzardare certamente, nei prossimi giorni, l’innesco di alcune sorgenti del virus, augurandoci però che la situazione possa essere arginata come accaduto fino ad oggi».
Già, oggi. Tre i nuovi casi, due a Corigliano Rossano, uno a Paludi, tutti di “rientro”, «uno proveniente da Taranto, uno da Praga, l’altro è legato ad un insegnante, ma tutti riconducibili a focolai lontani dallo Jonio».
«Mi auguro – è la considerazione conclusiva dell’esperto in materia – che la gente intuisca il rischio che stiamo correndo e sia responsabile. C’è poco da fare, dobbiamo continuare a mantenere il distanziamento sociale, utilizzare la mascherina e lavare spesso e bene le mani. Queste sono le nostre uniche armi contro i veicoli del contagio».
«Cosa consigliare alle istituzioni? Certamente una maggiore vigilanze dei luoghi di aggregazione, non credo a metodi restrittivi come il coprifuoco – conclude Martino Rizzo – proprio perché la mia speranza è il senso di responsabilità di ognuno di noi in un momento, delicatissimo, come questo». Periodo che, peraltro, sembra scontrarsi con le precauzioni sanitarie e le cure, fra reparti Covid rimasti solo sulla carta, terapie intensive risicate e personale molto al di sotto delle necessità. (l.latella@corrierecal.it)
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