di Luca Latella
CORIGLIANO ROSSANO A difesa dei diritti dei detenuti. È stato questo il senso di un sit-in che si è tenuto domenica mattina davanti al carcere di Corigliano Rossano.
Una manifestazione per evidenziare le condizioni in cui versa Cesare Battisti – «e non solo» – l’ex terrorista trasferito nel carcere rossanese lo scorso settembre. L’iniziativa è stata promossa dall’avvocato Adriano D’Amico, consigliere comunale di San Demetrio Corone e membro del Comitato politico provinciale Rifondazione Comunista Cosenza, e Francesco Saccomanno, segretario provinciale Rifondazione Comunista di Cosenza.
I manifestanti hanno esposto un’eloquente striscione e intonato cori come “dignità per tutti i detenuti”, giunto fino alle celle, da dove sono partiti anche ringraziamenti e applausi.
IL SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI ITALIANE Al momento di protesta ha partecipato anche Sandra Berardi, presidente dell’associazione Yairaiha onlus, nata a Cosenza nel 2006, che si occupa della tutela dei diritti umani, in particolare di quelli delle persone private della libertà personale.
«Il presidio di solidarietà – ha spiegato la presidente – vuole mettere in evidenza le condizioni in cui stanno vivendo i detenuti di Rossano ed in Italia, in questa fase di emergenza sanitaria. Cesare Battisti vuole essere un pretesto, perché ha eco mediatica, per denunciare le condizioni interne». È accaduto, racconta Sandra Berardi, che un detenuto positivo al coronavirus «sia stato messo in isolamento nella stessa sezione di Battisti, il che contrasta con le indicazioni fornite dalle istituzioni sanitarie. Da quando si il Covid-19 si è affacciato nelle carceri – denuncia Berardi – la popolazione è di oltre 61mila detenuti a fronte di una capienza di 47 mila».
«IL CARCERE NON EDUCA PIÙ» «Siamo qui oggi con associazioni che si occupano tutto l’anno dei diritti dei detenuti – ha aggiunto Adriano D’Amico –. Battisti è la giustificazione ma è riuscito a far arrivare all’esterno ciò che accade all’interno del penitenziario. Ad esempio, lamenta un trattamento alimentare non consono alle sue condizioni di salute, vorrebbe del riso in bianco ed invece gli servono pasta al sugo. Ha chiesto un computer per poter lavorare e scrivere un libro, ma gli è stato risposto che non è uno scrittore e che, quindi, non ha bisogno di queste suppellettili. Oggi abbiamo portato con noi dei suoli libri per dimostrare che stanno sbagliando».
L’avvocato D’Amico taglia corto sulle polemiche scaturite dopo l’annuncio del sit-in. «Siamo qui per dire ad una certa politica che non siamo la controparte delle vittime e che gli anni ’70 sono finiti da un pezzo. Qui nessuno vuole riaprire quel pentolone se non per chiuderlo definitivamente». «L’ultimo dei reati di Battisti – ha sottolineato ancora D’Amico – risale al 1979, 41 anni fa e se e vero com’è vero che il carcere deve essere uno strumento educativo e riabilitativo del reo per come sosteneva Cesare Beccaria, allora quel reo deve riabilitarsi, può scrivere e leggere. Ma se ozia tutto il giorno può solo morire. Ed allora mi piacerebbe sapere se la negazione dei diritti di Battisti, così come di tanti altri detenuti, vuole essere una vendetta dello Stato nei loro confronti. Sono tanti quelli che chiedono aiuto tutti i giorni – conclude Adriano D’Amico – e vogliono vivere la loro condizione di fine pena in modo dignitoso. Il carcere oggi, non svolge più il ruolo di educatore». (l.latella@corrierecal.it)
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