Toccherà a Gigi ora dopo aver abbassato la saracinesca del piccolo bar, di fronte la redazione del Corriere, riuscire a sbarcare il lunario in attesa del ristoro, se e quando arriverà.
E toccherà ai calabresi tutti pagare lo scotto che invece spetterebbe ad altri, per esempio, ai manichini nominati dai Governi, nell’ultimo decennio, per smantellare la nostra sanità, incentivando a dismisura quel turismo sanitario verso le regioni scarlatte del nord che, in un solo anno, pesa 280 milioni di euro (rapporto Gimbe 2019); ai gruppi di potere che hanno usato la sanità per ottenere incarichi e consensi, ai lobbisti che hanno lucrato per massimizzare i profitti e alla ‘ndrangheta.
È così che sono scomparsi negli anni i posti letto necessari ad assicurare il livello minimo di assistenza ai calabresi, quelli che qualcuno, nelle scorse ore, ha cercato di rabberciare per scongiurare la zona rossa, ma di scarlatto c’è solo la vergogna di un provvedimento che impone il sacrificio di molti per la leggerezza di chi – in sette mesi – avrebbe potuto almeno attivare posti letto di Terapie Intensive e di Semintensiva, assumere personale medico e paramedico, individuare Covid hotel, attivare laboratori per processare tamponi, comprare ambulanze, riorganizzare i Pronto Soccorso e non l’ha fatto. In cassa ci sono 86 milioni di euro non ancora spesi.
Ma a voler pensare male oltre alla prudenza c’è dell’altro come nell’ipotesi (QUI) del prof. Domenico Marino: «Sorge spontaneo il dubbio che la Calabria sia stata considerata, a fronte della debolezza politica attuale, l’agnello sacrificale da associare a Piemonte e Lombardia nell’imposizione di un lockdown duro, anche per non far passare un messaggio (forse considerato pernicioso da alcuni) che le regioni meridionali, tra cui la Calabria, abbiamo gestito meglio l’epidemia della tanto decantata sanità lombarda. Del resto se la tanto bistrattata Calabria finisce tra le regioni a più alto rischio, chi potrebbe avere il coraggio di ribellarsi?».
Spetta ai politici azzurri, rossi, verdi, gialli «cavare le castagne dal fuoco con la zampa del gatto» e dare risposte ai calabresi scesi in piazza (come i napoletani) a manifestare (QUI e QUI) tutto il loro disagio anche perché a breve si andrà a votare, checché ne pensi il supplente Spirlì.
E spetta sempre ai politici calabresi adesso dimissionare gli amici di Bersani, Lorenzin, Grillo e Di Maio e pretendere dal Ministro della Sanità (come da decreto) un commissario capace di garantire il diritto alla salute, di ripristinare la legalità e di ridare dignità ai medici ed infermieri che, in trincea e mani nude, combattono una guerra impari per strappare i calabresi dal morso del virus.
Ce la faremo anche questa volta, ma la pazienza dei calabresi ha raggiunto il limite massimo.
paola.militano@corrierecal.it
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