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«Mes e Regioni. A quando la politica?»

di Alessandro Mazzitelli*

Pubblicato il: 22/12/2020 – 19:27
«Mes e Regioni. A quando la politica?»

In via preliminare occorre sottolineare la vigenza del Meccanismo Europeo di Stabilità nella sua dimensione ordinaria e il fondo stabilito al suo interno derivante dalla emergenza sanitaria Covid 19. Fermo restando, come è a tutti noto, che vi è in atto la modifica del Trattato intergovernativo relativo alla Decisione del Consiglio europeo, del 25 marzo 2011, che ha modificato l’articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea per introdurre un meccanismo di stabilità per gli Stati, il MES (del 2 febbraio 2012) non è altro che un’organizzazione intergovernativa regolata dal diritto pubblico internazionale al quale hanno aderito i paesi della zona euro e la cui attività prevalente consiste nell’emissione di strumenti di debito per finanziare prestiti e altre forme di assistenza finanziaria. Giova ricordare, per intenderci, che questo strumento ha avuto applicazione nel luglio 2015 a favore della Grecia mediante un prestito a breve termine di 7,16 miliardi di euro. A differenza del Mes Ordinario, il fondo introdotto per l’emergenza sanitaria (Pandemic Crisis Support approvato dal Consiglio dei governatori del MES il 15 maggio 2020), a detta della Commissione Europea, presenta caratteristiche applicative diverse (a partire dal sistema delle ccdd.. condizionalità del Mes ordinario), ma nonostante l’accordo dell’Eurogruppo di maggio, il regolamento UE 472/2013 relativo al Mes, per la parte che ci riguarda, non ha ancora subito modifiche. Modifiche che dovrebbero sopire i timori relativi ai vincoli discendenti dall’accesso al fondo come disciplinati nel regolamento citato, che imporrebbero allo Stato fruitore tutta una serie di limiti.
Pertanto, atteso quanto precede e quindi la necessità di un chiarimento normativo rispetto al fondo Pandemic Crisis Support, non vi è dubbio che il ricorso al cd Mes Sanitario consentirebbe di alleviare in modo consistente la spesa pubblica in materia sanitaria specie per talune regioni del mezzogiorno, in particolare la Calabria. Anzi per talune regioni del mezzogiorno potrebbe essere compreso quale strumento perequativo e di rimozione degli ostacoli come ci rammenta la nostra Costituzione. Il che valorizzerebbe quei profili di solidarietà in ambito Europeo. Tuttavia, in attesa che ciò avvenga non è inopportuno ragionare sulla possibilità che le stesse regioni si facciano carico di una richiesta specifica volta sia a interventi di natura strutturale che a interventi di natura congiunturale (in merito si vedano i puntuali e costanti interventi del prof. Ettore Iorio). Il citato fondo prevede la possibilità di finanziare nell’attuale fase costi diretti e indiretti in materia sanitaria. Da quello che mi risulta molto più conveniente finanziariamente rispetto al ricorso al mercato. La richiesta di accesso ad esso deve essere però promossa dai singoli Stati. È a tutti noto che la politica dello Stato italiano si muove in direzione avversa al ricorso a tale strumento. Cosa possono fare le regioni? Le regioni come sappiamo possono partecipare sia nella fase ascendente sia nella fase discendente alla formazione e attuazione del diritto dell’Unione (cfr. legge 234 del 2012). Possono partecipare in modo attivo, predisponendo anche delle proposte specifiche dibattute eventualmente in sede di Conferenza Stato-Regioni.
A mio modesto avviso penso che sia giunto il momento della politica e auspico che su questo terreno le regioni, in particolare quelle più deboli, escano dall’indifferenza subordinata e aprano un confronto.
*docente di Istituzioni di Diritto pubblico
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