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LA STANZA DEI LIBRI

Il “Sistema” secondo Luca

La scrittrice Daniela Rabia, in un post su Facebook ha scritto che è un libro inquietante e il noto critico letterario Antonio D’Orrico su “La Lettura” ha chiuso la sua recensione con un secco “fa pa…

Pubblicato il: 10/03/2021 – 17:08
di Mimmo Nunnari
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Il “Sistema” secondo Luca

La scrittrice Daniela Rabia, in un post su Facebook ha scritto che è un libro inquietante e il noto critico letterario Antonio D’Orrico su “La Lettura” ha chiuso la sua recensione con un secco “fa paura”. Qual è questo libro che suscita così preoccupate reazioni? Ne abbiamo citato due, ma sono il campione di un catalogo assai vasto, a cui si sommano i curiosi lettori che hanno spinto il volume in cima alle classifiche dei best seller.  Il titolo del testo è “Il Sistema”, sottotitolo “Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana” (Mondadori, pagine, 286, euro 19) ed è stato scritto a quattro mani da Alessandro Sallusti (direttore de Il Giornale) e Luca Palamara (magistrato, forse ex).  E’ spy story ma ha poco della fiction, cioè non è frutto di fantasia o invenzione letteraria, bensì storia vera che racconta quanto di poco chiaro (eufemismo) c’è nella magistratura italiana retta appunto da un “Sistema” di potere che si regge tale e quale agli altri sistemi pubblici e privati responsabili del declino etico e culturale del Belpaese che fu di Dante, Raffaello, Michelangelo, Leonardo (l’elenco è lunghissimo) e che da un po’ di tempo a questa parte si fonda invece su “tribù” che sguazzano nelle paludi dei poteri e si esibiscono in talk show, festival e salotti circhi equestri.

La sensazione dopo la lettura del Sistema, frutto dell’intervista di un giornalista e di un magistrato allontanato dalla magistratura, finito dalle stelle alle stalle con l’accusa di aver lavorato illecitamente per orientare incarichi e nomine nel “sistema giudiziario”, è che da ora in poi per il cittadino comune suonerà banale o falsa l’espressione “ho fiducia nella magistratura”. Ma questa perdita di fiducia sarà accompagnata dalla sensazione di amarezza, forse di dolore, nel pensare alla stragrande maggioranza di magistrati italiani seri, competenti, onesti, rispettosi delle leggi e della loro alta missione che sono vittime, anche loro, del Sistema. Un Sistema che Palamara conosce bene e che nel racconto-confessione a Sallusti mette a nudo, svelando camarille, traffici d’influenza, inchieste basate su empatie e simpatie, che nascono e magari muoiono nel nulla ma stroncano carriere, orientano la politica, affogano imprese sane, creano sistemi di potere. Il “sistema” spifferato da Palamara riguarda soprattutto l’organismo costituzionale dei giudici, quel Consiglio Superiore della Magistratura che dovrebbe garantire l’amministrazione della giustizia, tutelando il cittadino, e prima di tutto i giudici. Da qui l’inquietudine che assale il lettore che ha un’idea sacrale del magistrato e delle sue funzioni. Il Sistema fa rumore perché, come dice Palamara, è il “potere dei poteri”, che non può essere scalfito, e chi ci prova viene (ab)battuto a colpi di sentenze, o da un cecchino che magari fa uscire notizie o intercettazioni a orologeria. Le vittime possono essere politici, manager, uomini pubblici ma anche magistrati. L’ultima vittima è proprio Palamara che precipita dal vertice della cupola (da intendersi come tetto, per carità) a pian terreno, schiantandosi.  Vittima che, però, non può pensare di essere considerato un innocente ne giorno della prima comunione, anzi prima confessione. Lui, al vertice dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha sovrainteso e coordinato tutta la pratica lottizzatoria che fa capo alle correnti interne della magistratura: Unicost, Autonomia e Indipendenza e Magistratura Indipendente. Quando ha cercato di limitare il potere della più forte, la “sinistra giudiziaria”, come definisce MI, ci ha rimesso le penne. Ed ora col libro parla, “vuota il sacco”, e spiega che il Sistema si regge su un teorema o un algoritmo: io do una cosa a te e tu dai una cosa a me. E quando bisogna mettere i panni in piazza ecco la regola del “tre”: una Procura indaga, un giornale amico pubblica, un partito politico gode. 

In questo Sistema di vittime e carnefici non manca nessuno: ci sono nomi e cognomi, noti e meno noti, politici e magistrati protagonisti delle cronache giudiziarie degli ultimi vent’anni.  Palamara prova infine a giustificare il pentimento: “Io non voglio portarmi segreti nella tomba lo devo ai tanti magistrati che con queste storie nulla c’entrano”. Dunque, muoia Sansone con tutti i Filistei. A meno che il “Sistema”, che sembra un’entità immateriale, incorporea, quindi intoccabile, non regga ancora, o come l’Araba fenice non risorga dalle sue stesse ceneri che per la verità per ora non ci sono, perché il fuoco è un fuoco di paglia. Non si può cadere dal pero. Denunce in passato ce ne sono state, tante, anche da parte di magistrati integerrimi, che non hanno “maneggiato” incarichi, ma erano solo delusi. Ne ricordiamo uno, Piero Tony, già sostituto procuratore generale di Firenze che anni fa ha scelto di andare in pensione con due anni di anticipo per essere libero di protestare contro un fenomeno tutto italiano, quello dei magistrati che spesso hanno trasformato gli strumenti di indagine in armi puntate contro i cittadini, usandole poi per combattere battaglie politiche. Il suo racconto sconcertante finì in un libro al titolo emblematico: “Io non posso tacere” (Einaudi) nel quale scrisse: «Sarebbe bello, sarebbe un sogno dire che è solo un problema di riforme, di risorse, di scelte del governo, di leggi fatte e di leggi non fatte. C’è anche quello, sì, ma il problema è nostro, prima di tutto, e fino a quando non capiremo che c’è tanto che non va, e che quel tanto riguarda non solo l’esterno, bensì anche l’interno della magistratura, la sua anima e la sua cultura, rimarremo inerti ad assistere a un grave e progressivo deterioramento di credibilità e autorevolezza, due condizioni necessarie per l’accettazione di qualsiasi giudizio. E allora no, francamente non posso tacere». Ma allora il Sistema non fece una grinza. 

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