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Catanzaro, i familiari di uno dei detenuti morti: «Presenteremo una denuncia»

Dopo i decessi Covid, la famiglia di Pizzata chiede accertamenti. L’associazione Yairaiha: «Sovraffollamento non aiuta la prevenzione»

Pubblicato il: 11/04/2021 – 13:44
Catanzaro, i familiari di uno dei detenuti morti: «Presenteremo una denuncia»

CATANZARO «Negli ultimi due mesi il livello dei contagi tra la popolazione carceraria ha avuto un aumento vertiginoso e in alcuni istituti il livello di guardia è abbondantemente superato. Padova, Reggio Emilia, Rebibbia e Catanzaro stanno registrando un aumento vertiginoso. Nel solo carcere di Catanzaro il bilancio di 3 detenuti morti nel giro di 2 giorni e il numero dei contagiati, ad oggi 77 sale di giorno in giorno. Uno dei morti aveva solo 45 anni e, apparentemente, nessuna patologia pregressa. I familiari di uno dei detenuti morti, Bruno Pizzata, presenteranno una denuncia per accertare le responsabilità sul ricovero tardivo». Lo scrive in un comunicato l’associazione Yairaiha Onlus.
«Sappiamo – continua – che le vaccinazioni nel carcere di Siano stanno procedendo speditamente ma al momento restano scoperti i soggetti più fragili, anziani e portatori di gravi patologie, perché incompatibili al vaccino AstraZeneca per via degli ormai noti rischi. Riteniamo che l’impossibilità di attuare i protocolli sanitari necessari a contenere il dilagare dei contagi, dopo 13 mesi, sia più che evidente».

«Nessuna precauzione in condizioni di sovraffollamento»

«Nessuna delle misure precauzionali minime è possibile nella condizione di promiscuità forzata e sovraffollamento cronico delle carceri italiane, mentre le misure messe in atto dal governo precedente per ridurre i numeri sono servite a poco senza peraltro intervenire sui soggetti con maggiore fragilità fisica e, pertanto, maggiormente esposti a rischio», scrive ancora l’associazione.
«L’ultimo rapporto del Consiglio d’Europa, così come quello del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, collocano l’Italia tra i paesi europei con il maggior tasso di sovraffollamento e il maggior numero di persone in custodia cautelare. Lo sosteniamo da sempre, ma nell’ultimo anno dovrebbe essere chiaro a tutti che la necessità di mettere atto misure deflattive concrete non è più procrastinabile. Il carcere, in questo particolare momento storico, sta facendo esplodere tutte le contraddizioni intrinseche alla nostra società. La disparità dei diritti, a partire da quello alla salute, in carcere assume forma plastica. Il 99% delle nostre denunce sono relative a casi di detenuti e detenute anziani o comunque gravemente malati che, nonostante le evidenti, e dichiarate, carenze della sanità penitenziaria continuano a vedersi rigettate le istanze di sospensione della pena per motivi di salute oppure ad averle riconosciute quando ormai nessuna cura è più possibile. Gli istituti di legge ispirati ai principi costituzionali esistono e non c’è bisogno di inventarsi nulla, vanno applicati però! E vanno applicati indistintamente a chiunque si trovi in quelle date condizioni di salute (artt. 146 e 147 del cp, rispettivamente differimento obbligatorio e facoltativo della pena per motivi di salute). La ratio di queste norme si ravvisano nell’esigenza di tutelare il diritto alla salute del condannato, garantito dagli articoli 27 (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”) e 32 della Costituzione (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”); diritto a fronte del quale la potestà punitiva dello Stato deve recedere senza preclusioni di sorta. Ancor più oggi, nel bel mezzo di una pandemia mondiale, le indicazioni provenienti dagli organismi competenti internazionali ed europei in materia di prevenzione e gestione dei rischi connessi al covid 19 nelle carceri andavano, e potrebbero ancora andare se messi in atto, nella direzione di tutelare innanzitutto i soggetti più fragili senza esclusioni basate sul titolo del reato come, invece, ha maldestramente cercato di fare il precedente governo causando le attuali condizioni.  Auspichiamo dunque che la Ministra Cartabia intervenga al più presto e riesca a restituire diritti e dignità a tutti i detenuti e a tutte le detenute d’Italia sostanziando, al tempo stesso, il dettato Costituzionale, faro e timone del suo percorso professionale e politico, ribadito nel suo primo discorso al Parlamento».  

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