VIBO VALENTIA Il pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, e il procuratore aggiunto, Vincenzo Capomolla, nel corso della requisitoria nell’udienza preliminare hanno chiesto il rinvio a giudizio dei 147 imputati nell’inchiesta “Imponimento”, blitz scattato lo scorso 21 luglio 2020 e che aveva portato all’arresto di 74 persone oltre al sequestro di beni per quasi 170 milioni di euro. Nella prossima udienza, fissata per il 30 aprile nell’aula bunker di Lamezia Terme, discuteranno gli avvocati difensori.
Le persone coinvolte nell’inchiesta, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, sono accusate, a vario titolo, di gravi delitti, fra i quali, associazione mafiosa, associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio, fittizia intestazione di beni, corruzione ed altri reati, tutti aggravati dalle modalità mafiose. Per gli inquirenti a capo dell’organizzazione ci sono i fratelli Rocco e Tommaso Anello e i fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci di Acconia di Curinga. Oltre a Domenico Bonavota e l’avvocato ed imprenditore Vincenzo Renda di Vibo, Domenico Ciconte e Francesco Caridà, operanti principalmente nel territorio che collega Lamezia Terme alla provincia di Vibo Valentia.
Secondo gli inquirenti, la cosca Anello, al vertice di un sodalizio con le ‘ndrine dei territori che vanno da Vibo Valentia a Lamezia Terme, si era imposta in ogni settore della vita economica.
Tra gli indagati ci sono anche l’ex assessore regionale al Turismo Francescantonio Stillitani e suo fratello Emanuele, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa per avere agevolato gli interessi della cosca Anello-Fruci di Filadelfia. Gli Stillitani, in qualità di imprenditori nel settore turistico, secondo l’accusa «si ponevano quale riferimento per sodalizio». Il rapporto di reciproca convenienza tra i fratelli imprenditori Francescantonio ed Emanuele Stillitani – stando alle risultanze dell’indagine – ha avuto inizio nel 2003 quando Rocco Anello, Vincenzino Fruci e Antonino Evalto hanno tentato un’estorsione ai danni degli Stillitani. Volevano imporre loro – che stavano costruendo il “Garden Resort Calabria” a Curinga – la scelta delle ditte cui affidare appalti, forniture e servizi necessari.
Il livello di penetrazione mafiosa nel settore dei resort di lusso è uno degli aspetti che l’indagine Imponimento della Dda di Catanzaro indaga più in profondità. Il quadro descritto è quello di una vera e propria filiera: la ‘ndrangheta avrebbe avuto un ruolo «nella costruzione e nella gestione» dei villaggi turistici di proprietà del gruppo che fa capo all’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani.
Per gli inquirenti, come gruppo criminale di stampo ‘ndranghetistico, quello degli Anello-Fruci, non fa alcuna eccezione nelle attività di coltivazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti che nel corso degli anni non hanno fatto altro che rafforzare la leadership del clan sul proprio territorio. Attorno alla proficua attività legata al traffico di droga – secondo l’accusa – ruotano sodali organizzati in diversi livelli di operatività e diretti dal boss indiscusso, Rocco Anello, insieme ai suoi più stretti collaboratori a cominciare dal fratello Tommaso e da Giuseppe e Vincenzino Fruci, questi ultimi due particolarmente “influenti” nei territori di Acconia di Curinga, Curinga e dei limitrofi San Pietro a Maida e Maida e dediti particolarmente alla realizzazione e coltivazione di piantagioni di marijuana e tra i fermati nel corso dell’ultima operazione. Dall’attività investigativa è emersa dunque l’esistenza di un accordo tra le cosche per la gestione degli affari relativi alla coltivazione delle piantagioni di marijuana. Una sorta di “consorzio” della marijuana, all’interno del quale le cosche impegnano i propri uomini nella coltivazione del narcotico, con il placet dei fratelli Fruci e sopratutto del boss Rocco Anello.
x
x