Covid e alcol, dallo smart drinking all’esercito dei binge drinkers
Intervista a Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale Alcol Iss. «Dobbiamo proteggere dal consumo i più giovani»

COSENZA Sulla pericolosa connessione tra consumo di alcolici e Covid è stato l’Istituto Superiore di Sanità a fornire alcune precisazioni per fare chiarezza sulla disinformazione diffusa attraverso i social media. Il consumo di alcol in nessun caso e in nessun modo protegge dal rischio di contrarre il virus, al contrario, chi fa un consumo dannoso di bevande alcoliche aumenta il rischio di infezione. L’argomento è stato oggetto di un’ampia riflessione avvenuta nel corso di un incontro in videoconferenza con gli studenti del biennio dell’Iss di Castrolibero, “Il Coronavirus e l’alcol”. Tra fake news e smart drinking, i relatori: la professoressa Angela Costabile, docente di Psicologia dello Sviluppo all’Unical, Maria Francesca Amendola, psicologa e responsabile dell’Uos Alcologia dell’Asp di Cosenza ed Emanuele Scafato, direttore del Centro dell’Oms per la ricerca e la promozione della Salute sull’Alcol e direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol Iss, hanno sottolineato gli effetti dannosi provocati dal consumo di alcol che mina tutti i componenti del sistema immunitario. «Non è necessario parlare di abuso di alcol, ma anche solo di consumo in relazione ai potenziali fattori di rischio per la polmonite virale», sostiene il dottore Scafato.

Il consumo di alcol e le fake news
«Quando sono uscite le prime fake news sul ruolo dell’alcol addirittura inteso come disinfettante per il cavo orale – dice il dottore Scafato – abbiamo collaborato con l’Oms per informare i cittadini degli effetti dannosi provocati dal consumo di bevande alcoliche». «Mentre sui social circolavano articoli completamente falsi – aggiunge Scafato – abbiamo lanciato una serie di campagne di comunicazione per convincere tutti dell’opportunità di ridurre o eliminare il consumo di alcol, visto il pericolo costante legato alla diffusione del Covid». L’aumento del consumo di bevande ad alto tasso alcolico è sorretto dai dati snocciolati dal dottore Scafato: «circa il15% degli uomini e l’8% delle donne sopra gli 11 anni ha ecceduto quotidianamente nel consumo di bevande alcoliche negli ultimi 12 mesi». Hanno cioè superato abitualmente i limiti di consumo a basso rischio. «Oltre 8,2 milioni sono i consumatori a rischio e 670.000 i consumatori “high risk” che richiederebbero la gestione clinica dei disturbi da uso di alcol ma che non vengono intercettati dalle strutture del sistema sanitario nazionale». Sono molti, i soggetti affetti da dipendenza che il sistema disconosce, ma sono anche molte le persone non al corrente deli servizi attivi a cui rivolgersi e chiedere aiuto e sostegno.

Smart drinking
«Accanto allo smart working si è sviluppato lo “smart drinking” – continua Scafato – favorito anche dall’incremento di circa il 200% delle vendite online, con le limitazioni era più facile ricorrere all’e-commerce per ricevere a casa le bevande alcoliche». Tra le categorie più a rischio, i minori «soggetti a scarso controllo sul web e che hanno recuperato alcolici senza problemi e riuscendo in molti casi ad eludere anche i controlli dei genitori». «La pressione psicologica e le problematiche sociali legate all’isolamento e anche alla disoccupazione hanno minato – secondo il direttore del Centro dell’Oms per la ricerca e la promozione della Salute sull’Alcol – le poche certezze delle persone già vulnerabili».

L’esercito dei binge drinkers
Secondo il report dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, circa il 66% degli italiani sopra gli 11 anni ha consumato bevande alcoliche. Si tratta di 36 milioni di persone e di questi, più di 11 milioni hanno bevuto alcolici ogni giorno (e più di 8 milioni con modalità definite a rischio). Sono quasi 4 milioni i binge-drinkers, giovani abituati a bere grandi quantità di alcol in pochi minuti. Sempre secondo il report, le percentuali di binge drinkers aumentano nell’adolescenza e raggiungono i valori massimi tra i 18-24 anni (20,6% uomini e 11% delle donne) per poi diminuire nelle fasce di età più adulte. «Nei luoghi di aggregazione – aggiunge Scafato – si è diffuso il concetto che l’alcol sia cool. Nessuno però pensa alle conseguenze e ogni quantità di alcol assunta sotto i 25 anni interferisce con la maturazione del cervello ed espone all’intossicazione». «Bisogna rafforzare il personale e rafforzare le strutture – conclude Scafato – garantendo ad esempio corsi online di formazione. Dobbiamo proteggere e assicurare un futuro certo alle nuove generazioni».
