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“Re Nudo”, il giudice accoglie parzialmente la richiesta di inutilizzabilità delle intercettazioni

Il gup del Tribunale di Paola ha vietato l’utilizzo di alcune captazioni. La richiesta era stata avanzata dai difensori degli indagati

Pubblicato il: 20/05/2021 – 14:54
di Fabio Benincasa
“Re Nudo”, il giudice accoglie parzialmente la richiesta di inutilizzabilità delle intercettazioni

PAOLA I difensori degli imputati coinvolti nell’inchiesta “Re Nudo” hanno sollevato nel corso delle prime udienze, una serie di eccezioni in riferimento all’utilizzabilità nel processo delle intercettazioni. Il gup del Tribunale di Paola, Maria Grazia Elia, questa mattina ha accolto parzialmente le richieste dei legali. Il giudice per l’udienza preliminare ha disposto il divieto di utilizzazione delle captazioni in «procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse sono state autorizzate, salvo quelle che risultino indispensabili per l’accertamento dei reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza». Il Giudice dell’Udienza Preliminare, ha dichiarato, dunque, inutilizzabile la quasi totalità degli atti dal contenuto intercettivo presenti nel fascicolo del pm il quale, ora, dovrà rimodulare la propria requisitoria, prevista per lunedì 24 maggio, in funzione dell’esiguo e residuale compendio d’indagine.

Il legame tra le inchieste Plinius e Re Nudo

Il caso sollevato dai difensori degli indagati riguarda la natura dell’operazione denominata “Re Nudo”, successiva e dunque collegata all’inchiesta “Plinius”, con lo scopo di verificare la fondatezza di alcune notizie di reato sulle presunte infiltrazioni mafiose nel comune di Scalea e sui presunti condizionamenti nell’agire amministrativo da parte di soggetti legati alla cosca Valente-Stummo.

L’inchiesta Re Nudo

Una complessa attività investigativa originariamente di competenza della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e successivamente trasmessa alla Procura guidata da Pierpaolo Bruni. La genesi dell’indagine, per come ricostruito nell’ordinanza notificata agli indagati, è da ricollegarsi al blitz antimafia conosciuto come “Plinius” ed in cui emersero una serie di commistioni tra il mondo della politica e quello della criminalità organizzata attiva sul litorale tirrenico. Chi indaga è convinto di aver disvelato un presunto sistema di corruzione nella sanità pubblica del Tirreno cosentino. Gli illeciti riscontrati possono così sintetizzarsi: reati commessi nell’ambito della Commissione per l’accertamento dell’invalidità e dell’handicap di Diamante; reati commessi nell’ambito dell’attività di rinnovo delle patenti di guida; illeciti in materia di visite necroscopiche. Dalla scrivania di Mario Russo (in qualità di dirigente dell’unità di medicina legale dell’Asp di Cosenza) – secondo l’accusa – passavano anche le autorizzazioni per i rinnovi della patente di guida, oltre a quelle per il rilascio dei certificati per l’idoneità nella detenzione ed il porto di armi.

La vicenda di Vitale

La decisione odierna è anche legata alla decisione presa dalla Corte di Cassazione, sesta sezione, che aveva accolto il ricorso presentato dagli avvocati Francesco Liserre e Carmelina Truscelli, legali di Eugenio Vitale coinvolto nell’inchiesta “Re Nudo”. La Cassazione aveva ritenuto convincenti le tesi della difesa che aveva smontato l’impianto accusatorio legato soprattutto alle intercettazioni, ritenute inutilizzabili per i capi di imputazione mossi nei confronti dell’indagato. E’ stato disposto l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale del Riesame di Catanzaro.

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