CATANZARO Le Regionali che si avvicinano a ritmo lento. Una coalizione da allargare (e che potrebbe crescere grazie alle Primarie proposte dal M5S). Un partito che non sprizza esattamente salute e una giunta regionale che pensa soprattutto alle nomine, nonostante il regime di prorogatio. Per Domenico Bevacqua, capogruppo dem in consiglio regionale, sono tanti i fronti aperti. Sia all’esterno che all’interno del partito.
La proposta delle Primarie di coalizione ha mutato il quadro del centrosinistra. Con quali prospettive?
«Si tratta di un’idea rispetto alla quale siamo stati sempre aperti: il fatto che l’abbiano rilanciata adesso i 5S e, in particolare, da Dalila Nesci, non può che farci piacere. Comprendiamo anche il dibattito tutt’ora in corso nell’ambito dei pentastellati, ma lo strumento delle primarie rappresenta una soluzione idonea a costruire un’alleanza più larga e coesa. Soprattutto, manifesta un approccio responsabile che ci fa ben sperare nella prospettiva di ridare alla Calabria un governo all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte e alle opportunità del Recovery. L’attuale centrodestra sta dimostrando di essere l’esatto contrario di ciò di cui la nostra terra ha bisogno. Apprezziamo, pertanto, l’orientamento di Conte e dei 5S: ora aspettiamo la prosecuzione. La nostra è una disponibilità piena e convinta, fermo restando le regole e i principi da rispettare».
L’appello non ha entusiasmato certo Luigi de Magistris, dal quale è arrivato un secco “no” all’ipotesi. Pensa che il suo rifiuto possa influenzare il risultato?
«Il sindaco di Napoli sta evidenziando tutti i limiti di un atteggiamento personalistico e populista: mi pare chiaro ch’egli non abbia alcuna volontà di mandare davvero a casa l’attuale governo regionale, in quanto non riesce a vedere al di là della sua persona e si è intestardito a disegnare un contesto che non esiste. Non sono più i tempi della sua originaria discesa in campo: sono passati più di 13 anni e la sua narrazione di duro e puro salvatore della patria appare priva di fondamento. Della sua attività di europarlamentare, non è rimasta traccia; da sindaco del capoluogo partenopeo, invece, porta con sé un risultato di amministrazione a dir poco disastroso. I documenti contabili del Comune di Napoli registrano un buco di bilancio senza precedenti e una bancarotta di fatto. Forse, un sano bagno di umiltà gli gioverebbe e lo condurrebbe a concorrere alle primarie di coalizione: d’altronde, se, com’egli afferma di continuo, la gente lo vuole, non vedo dove stia il problema. Le regole, naturalmente, si decidono insieme, così come le modalità per assicurare tutta la trasparenza necessaria».
Irto, invece, ha già risposto positivamente nonostante l’investitura già ricevuta dal Partito democratico.
«Guardi, mi lasci dire preliminarmente che, se io fossi stato al posto di Nicola, avrei da tempo perso la pazienza e, se mi passa il francesismo, mandato tutti a quel paese. Non foss’altro che per l’eccessivo “attendismo” prodottosi a diversi livelli, compreso il gruppo dirigente nazionale del partito. Quella di candidare Irto, è stata una scelta condivisa in maniera larghissima e noi siamo certi che sia il candidato migliore: è giovane, preparato, ha esperienza, radicato sul territorio e ha le doti dell’ascolto e dell’umiltà. Le poche voci di dissenso non hanno avanzato proposte alternative e, francamente, a parte la confusione, non so davvero dove vogliano andare a parare. Noi vogliamo vincere e il nostro unico scopo è di aiutare la coalizione a crescere e ad essere realmente competitiva. Ma vogliamo anche che sia rispettata la dignità del Pd».
In questi ultimi mesi lei sta “marcando a uomo” l’attuale giunta regionale e i suoi assessori. Il punto centrale delle sue critiche sono le nomine e i provvedimenti che lei definisce clientelari. Non è uno sport comune a giunte di ogni colore politico? In cosa si differenzia il centrodestra?
«Per restare alla sua metafora calcistica, a uomo o a zona cambia poco: la realtà è che un’analisi minimamente obiettiva non può che prendere atto di un’arroganza istituzionale costante e reiterata. La situazione di prorogatio in cui si trovano a operare Giunta e Consiglio imporrebbero la discussione e approvazione solo degli atti indifferibili e urgenti. Qui, invece, non fanno altro che sfornare nomine e portare in Aula provvedimenti che nulla hanno a che vedere con lo stato emergenziale in atto. Anzi, più ci avviciniamo all’appuntamento elettorale, più l’infornata di nomine accelera: pare proprio che questo centrodestra abbia unicamente fretta di coprire tutte le caselle ancora libere; ogni singolo assessore gioca la sua partita personale e si ritaglia la sua posizione in prospettiva elettorale. Che si tratti di Calabria Verde, di FinCalabra o di Corap, di comitati di gestione o di commissioni venatorie, la finalità è sempre e soltanto la medesima: disporre di soggetti adeguati per esercitare un controllo di natura personale e clientelare a beneficio del referente politico di turno. L’ultimo episodio, risalente a tre giorni, è davvero esemplare: il Commissario straordinario del Comitato per le Attività Produttive, imposto dalla Lega ad aprile, è stato ora nominato, dalla medesima Lega, referente del partito per la Piana di Gioia Tauro. La nomina di un Commissario straordinario di un Ente regionale a responsabile di partito non s’era ancora mai vista. Per ultimo, ma penso ancora più grave, la permanenza in giunta di un assessore ai domiciliari per 4 mesi e ora trasformato in obbligo di dimora. Chi mi conosce sa qual è la mia cultura di appartenenza e la mia posizione garantista, ma opportunità politica ed etica doveva portare alla revoca e alle sue dimissioni. Anche qui e come se tutto scivolasse addosso a questa maggioranza».
E il Partito democratico come sta, invece? A noi non pare godere di ottima salute.
«Mettiamola così: presumo che, se Irto avesse dovuto sciogliere la sua riserva esclusivamente sulla base dello stato del partito in Calabria, avrebbe declinato l’invito. Certo, l’emergenza pandemica ha impedito di avviare e condurre a compimento la fase congressuale; ma non è certo soltanto questione di organismi dirigenti eletti. Oltre al livello regionale, ci sono tre province commissariate e, allora, non c’è da ricercare alibi: a chi lo vuole sul serio, non mancano le occasioni per impegnarsi in maniera da coinvolgere e motivare i segretari di circolo, i militanti e i tanti amministratori e sindaci. Limitandomi, ad esempio, alla provincia che conosco meglio, io vedo un immobilismo preoccupante al quale dobbiamo assolutamente porre termine: il progetto politico non va soltanto predisposto ma va anche fatto conoscere e diventare parte integrante dell’azione che si vuole condurre. Francamente, mi sono anche un po’ stufato, e lo dico con amarezza, di assistere a uno scarica barile sui consiglieri regionali delle manchevolezze del partito e di sentire, per giunta, che i medesimi consiglieri partirebbero in vantaggio nella sfida elettorale. Non c’è nessuno che abbia rendite di posizione cui attingere: qui c’è soltanto da lavorare pancia a terra e a tempo pieno, mettendosi in gioco in prima persona per contribuire alla vittoria del centro sinistra. L’unica coalizione riconosciuta a livello nazionale e capace di competere per vincere. Solo con questo spirito e con queste motivazioni riusciremo a dimostrare che il Pd è il motore trainante di tale progetto. Se cominciamo da ciò, ognuno supererà agevolmente diffidenze e preoccupazioni». (red. pol.)
x
x