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le norme sulla sanità

«L’emendamento del caos»

Una brutta abitudine, oramai consolidata: nel caos degli emendamenti le regole contabili si perdono. E non solo quelle. Ciò accade perché a contare sono le segreterie politiche e gli organismi tec…

Pubblicato il: 23/07/2021 – 6:00
di Ettore Jorio*
«L’emendamento del caos»

Una brutta abitudine, oramai consolidata: nel caos degli emendamenti le regole contabili si perdono. E non solo quelle. Ciò accade perché a contare sono le segreterie politiche e gli organismi tecnici che tecnici non sono.   
A fronte di tutto questo, a pagare è quasi sempre la Calabria, gestita alla bene meglio e governata dai Tavoli romani, che fanno e disfano l’esigibilità del diritto alla salute da undici anni a loro piacimento, ma certamente non a favore della collettività calabrese. 
L’approvazione alla Camera dell’emendamento, recato dal comma 2 del neo introdotto art. 42 bis della legge di conversione al D.L. 77/2021, c.d. Semplificazioni, la dice lunga in termini di efficienza dell’apparato pubblico centrale. Il leitmotiv è quello di «aggiustare» precedenti precetti legislativi (D.L. 150/2020, art. 2), che tuttavia si cela a tal punto da non figurare neppure nel titolo dell’anzidetto articolo che recita interventi modificativi di altre norme (L. 145/2018).
Tutto questo dimostra la superficialità con la quale si dispongono le leggi, di ieri (D.L. 150/2020) e di oggi, ma soprattutto per come le stesse vengono preventivamente verificate e bollinate nelle sedi tecniche, che proprio perché tali non dovrebbero affatto promuovere adempimenti istituzionali impossibili e/o spesso contrari a norme imperative, anche di rango costituzionale. 
La cosa diventa più preoccupante allorquando siffatte superficialità mettono palesemente in forse la corretta attuazione del «pareggio di bilancio» del bilancio consolidato dello Stato e, nel contempo, l’esigibilità del diritto alla salute. Quest’ultimo messo in pericolo per l’occasione riguarda i calabresi offesi in tal senso da ben oltre un tredicennio. 
L’accaduto stravolge l’istituto della decadenza, di quella comminata automaticamente perché direttamente connessa ad un grave mancato adempimento istituzionale entro un termine perentorio (approvazione dei bilanci che mancano all’appello). Quell’istituto giuridico, non bisognoso di alcun accertamento, che non può che perfezionarsi ex se, senza bisogno alcuno neppure di un atto amministrativo che lo pronunci, che determina una naturale conseguente nullità degli atti successivamente adottati dal già dirigente decaduto ex lege.
Al riguardo, ridetermina quindi scadenze decadenziali che in quanto tali hanno legislativamente prodotto  i suoi effetti da mesi (nel caso di specie, da oltre 90 gg.) facendo scivolare i termini a suo tempo previsti, e già determinanti la intervenuta decadenza, per gli inadempienti sino a 12 mesi dalla loro nomina piuttosto che negli originariamente previsti tre mesi. Una «pezza a colore» che è peraltro entrata in stridente conflittualità con l’art. 11-duodices, comma 1, della legge di conversione del D.L. 52/2021, che ha offerto al Ministro della salute un maggiore termine (31 ottobre 2021) per intervenire surrogatoriamente a fronte dell’inadempimento di cui sopra dei commissari straordinari delle Asp e Ao calabresi e di quello sostitutivo del commissario ad acta, da perfezionarsi nei trenta giorni del mancato obbligo imposto ai primi dall’art. 2 del D.L.150/2020. Così facendo, ha offerto al Ministro Speranza di intervenire in qualità di sostituto, entro il 31 ottobre 2021, degli inadempienti che in ragione della modifica introdotta hanno termine per fare il loro dovere sino quantomeno all’8 gennaio 2022, più esattamente alla scadenza di un anno dalla loro originaria nomina. 
Tuttavia, bisogna stare attenti a non buttare l’acqua con tutto il bambino. La modifica partorita con l’emendamento di che trattasi recupera infatti un grossolano errore e con esso il principio di continuità della contabilità pubblica, anche in relazione al principio Accrual impedendo ai commissari straordinari/commissario ad acta di approcciarsi abusivamente alla formazione/correzione dei bilanci di competenza dei predecessori. Lo fa cancellando ogni riferimento all’obbligo di approvare i bilanci relativi agli esercizi già conclusi, rispettando così la giurisprudenza della Consulta, della Cassazione e della Corte dei conti che sull’argomento non fanno sconti. Che assegnano a ciascuno il bilancio di propria competenza e vietano al medesimo di andare a mettere le mani in quelli redatti dagli omologhi che lo hanno preceduto. E dire che per sistemare il tutto sarebbe bastato un (meglio due) DCA, adottato dal commissario ad acta! Quanto all’emendamento si confida sul bollino della Ragioneria generale dello Stato, che certamente si porrà qualche interrogativo al riguardo.

*Docente Unical

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